E' la sera del 30 agosto 2015, il Torino di Ventura ha appena battuto la Fiorentina. Sul 3-1 c'è la firma di Daniele Baselli, che fulmina Tatarusanu con un fendente da venti metri e strega il popolo granata. A Torino sono sicuri, è sbocciata una stella, è lui, l'ex atalantino, il nuovo gioiello granata. Baselli parte alla grande, nelle prime tre gare di campionato segna sempre, i granata sognano. Poi, però, una lenta e costante involuzione, per il Torino come per Baselli. La squadra di Ventura sprofonda e si ritrova a lottare per la salvezza, conquistata in primavera non senza affanni, Baselli si perde nei meandri di quelle enormi aspettative che la partenza lampo aveva fatto sorgere sulle sue spalle. I colpi di classe si fanno più rari, i gol non arrivano più: dopo i tre centri nelle prime tre partite, Baselli ne segnerà solamente un altro nei restanti 35 match. Arriva la panchina, arrivano prestazioni incolore in cui l'ex Atalanta non è che la pallida copia di quel campioncino inarrestabile che a Torino avevano potuto ammirare ad inizio stagione. "E' inadatto agli schemi di Ventura", sentenzia qualcuno.
Poi in estate Ventura se ne va, arriva Mihajlovic, e in tanti scommettono sulla rinascita di Daniele, che nonostante la stagione opaca rimane un grande prospetto del nostro calcio. E' il mercato a dirlo, Baselli fa gola a tanti: il Toro respinge le offerte di Everton e Milan, rispedendo al mittente anche la proposta della Juventus in prossimità del gong. E in effetti l'inizio di Baselli è promettente. Daniele non tocca i livelli raggiunti un anno prima, ma segna in entrambe le prime due uscite del Torino: a San Siro contro il Milan e all'Olimpico Grande Torino contro il Bologna. Sotto la Mole ci credono e ci sperano: Mihajlovic può essere l'allenatore giusto per rilanciare Baselli. Poi però arrivano altre due prestazioni opache, contro l'Atalanta da titolare e contro l'Empoli da subentrante. Ieri sera, all'Adriatico di Pescara, l'ultimo capitolo. Nel primo tempo Baselli è un fantasma che vaga sul prato di Pescara, senza meta, senza un guizzo, un corpo estraneo alla manovra granata: tocca pochissimi palloni, cercando quasi sempre l'appoggio più facile al compagno più vicino. L'incursore sgusciante ed imprevedibile di un anno fa ha fatto spazio ad un giocatore lento, timoroso, all'apparenza quasi svogliato. Se perde palla, Baselli abbassa la testa e trotterella verso la propria metà campo, senza nemmeno tentare di riprendersela: è un giocatore spento, svuotato di qualsiasi parvenza di grinta e personalità. E nel secondo tempo il Toro, ridotto in nove uomini, non può permettersi il lusso di tenere in campo un giocatore così. Mihajlovic lo sostituisce, si gioca l'ultimo cambio, mette dentro Obi e lascia sul terreno di gioco uno Zappacosta stremato e in preda ai crampi. Solo in questo momento Baselli ha un sussulto di carattere e ha qualcosa da dire a Mihajlovic. Un Mihajlovic furioso, tanto per la prestazione del suo numero 8 quanto per la reazione stizzita al momento del cambio. Un Mihajlovic che nel post partita non userà mezzi termini: "L'ho tirato fuori perchè non mi ha dato niente. E’ ora che Baselli tiri fuori gli attributi, se li ha, glielo ripeto da tre mesi. E’ il primo bergamasco moscio che conosco. Ha una qualità incredibile ma non ha il fuoco negli occhi e senza quello non si va da nessuna parte, è ora che lo capisca".
Parole chiare, dure ed inequivocabili. E al di là delle modalità utilizzate da Mihajlovic per far arrivare a Baselli il messaggio, sulle quali si può discutere, è difficile non essere d'accordo con i concetti espressi dal tecnico granata. Le qualità tecniche dell'ex Atalanta non si discutono e sono enormi, ma quello che sembra mancare al numero 8 granata è proprio il carattere, la grinta, quella cattiveria agonistica indispensabile per fare il salto di qualità, per diventare una pedina insostituibile in questo Toro e - perchè no? - ad ambire a quella Nazionale a cui tanti l'avevano accostato un anno orsono. Mihajlovic ha ruggito, ora spetta a Baselli rispondere sul campo. Per il centrocampista si tratta di un bivio: trovare la svolta caratteriale verso una carriera di primo livello oppure lasciarsi sopraffare dalla proprie insicurezze, rimanendo un talento incompiuto, una promessa non mantenuta. E a questo Toro, così come al calcio italiano cui spesso fa difetto proprio la qualità tecnica, il miglior Baselli serve come il pane.