Sebbene dopo 180 minuti di campionato fare analisi e bilanci sia inutile e prematuro, oltre che estremamente difficile, queste prime due giornate di Serie A 2016-2017 hanno fornito un'indicazione che, almeno per il momento, sembra inequivocabile: il Toro di Mihajlovic è una squadra a trazione anteriore. Dopo gli anni di Ventura, in cui, con esiti alterni, la solidità difensiva era la prerogativa principale, i granata hanno completamente cambiato pelle: sia a San Siro, nonostante la sconfitta, e ancor di più nella straripante vittoria casalinga contro il Bologna, si è vista infatti una squadra aggressiva, che non ha mai rinunciato a ricercare il recupero palla anche con una pressione altissima, e che ha continuato a spingere sul pedale dell'acceleratore anche a risultato ormai acquisito.
L'altro lato della medaglia è una fase difensiva ancora scricchiolante, vuoi per gli ampi ed inevitabili spazi concessi al contropiede avversario durante gli spregiudicati attacchi granata, vuoi per alcune amnesie difensive dei singoli, fatali contro il Milan e invece perdonate dal Bologna, vuoi per uno schieramento, quello del quartetto difensivo disegnato da Mihajlovic, che ancora non ha trovato la sua fisionomia definitiva. Contro il Bologna il tecnico serbo ha sostituito la coppia centrale vista a San Siro, schierando Bovo e Castan al posto di Rossettini e Moretti: le incertezze non sono mancate, ma i risultati sono stati senz'altro migliori rispetto ai disastri visti al "Meazza" sette giorni prima. In questo, va sottolineato, decisivo anche il valore di un avversario, il Bologna, parso ben più arrendevole di un Milan che, con Bacca, Niang e Suso, aveva messo a ferro e fuoco la difesa granata. Per un sistema difensivo ancora da registrare, c'è però un Toro che dalla cintola in su funziona a meraviglia.
Scontato partire da un Belotti in forma mostruosa, capocannoniere del torneo con 4 reti in 2 partite, bottino che avrebbe potuto essere ancor più consistente senza i due errori dal dischetto. L'ex Palermo si è ormai preso il ruolo di star indiscussa di questo Toro: corre, sgomita, fa reparto quasi da solo, non si limita a segnare ma offre un lavoro preziosissimo anche in fase di copertura. Insomma, Belotti, in questo momento, è il centravanti che ogni allenatore vorrebbe. Ma nel Toro c'è di più: funzionano a meraviglia le catene esterne, con Molinaro e De Silvestri che arrivano al cross con regolarità (gli spazi concessi in contropiede vanno letti anche come conseguenza di questa propensione alla spinta), funzionano gli inserimenti delle mezzali (Baselli ancora in gol, nonostante una prestazione non eccezionale), cresce l'intesa del tridente, che attende ancora il miglior Ljajic, anche contro il Bologna uscito anzitempo per infortunio, proprio come a San Siro, ma che può vantare un Martinez ritrovato e uno Iago Falque che sta ritornando alla forma migliore, oltre ad un Boyè che continua a fornire spunti interessanti (ieri un assist per Baselli). Là davanti, insomma, il Toro diverte e convince: i granata, con sette gol messi a segno in due partite, osserveranno questa pausa per le nazionali guardando tutti dall'alto nella classifica dedicata alle reti realizzate.
Da limare, come detto, una fase difensiva ancora lontana dall'essere perfetta: la media, dopo due gare, è di due reti subìte a partita, decisamente troppi per una squadra che, come ha ribadito più volte Mihajlovic, vuole ritagliarsi uno spazio da protagonista in questo campionato.