Dries Mertens e poco altro. Le buone notizie dalla prima trasferta stagionale del Napoli di Maurizio Sarri non sono quelle che ci si attendeva dalla truppa partenopea, che dopo mille e più chiacchere al vento si scioglie nella notte di Pescara davanti ad una squadra che nel primo tempo ha approfittato delle lacune mentali, prima ancora che strutturali, della squadra ospite. Il pareggio è un boccone che amaramente va giù, utile soltanto a muovere la classifica e, ironicamente, a partire meglio rispetto alla scorsa stagione, quando nel vicino Mapei Stadium il nuovo Napoli di Sarri ci lasciò le penne per la prima volta. 

Lenta e impacciata la squadra di Sarri. Macchinosa come poche volte si è vista con la palla tra i piedi. Volitiva soltanto nei primi cinque minuti di gioco, figli soprattutto del blocco psicologico che ha attanagliato i padroni di casa all'esordio nella massima serie. Spenti e distratti, in difesa, Albiol, Koulibaly e Ghoulam - con quest'ultimo positivo in fase propositiva, alla mercè di Benali, Zampano e tanti altri nella fase di non possesso - che raramente si sono visti così sfilacciati e disgiunti tra di loro. Si salva, forse, il solo Hysaj, che così come i compagni di reparto difficilmente sono stati aiutati da un terzetto di centrocampo apparso fumoso in fase di impostazione e sterile in quella di pressione. I mali sono quelli forse comuni di inizio stagione, annoverando probabilmente in maniera giusta e corretta le prime due giornate di campionato come facenti parte ancora del calcio d'agosto. Tutt'altro che una giustificazione, però, al pessimo primo tempo degli azzurri, travolti dai ragazzi di Oddo al loro stesso gioco, quello fatto di letture e di attaccare gli spazi. Impeccabile la prima frazione degli abruzzesi, con Caprari e soprattutto Benali enigma tutt'ora irrisolto per le retrovie partenopee. 

La condizione, ovviamente, arriverà con il passare dei giorni, già contro il Milan o alla ripresa delle ostilità dopo la pausa per le Nazionali. Nel frattempo, però, va registrata l'incapacità - condizione o non condizione che tenga - di Manolo Gabbiadini ad essere il centravanti del Napoli di Sarri. Cozza, inevitabilmente, con l'idea di football dell'ex allenatore dell'Empoli l'indole da esterno del talentuosissimo attaccante bergamasco, che stenta a dare peso alla manovra, a rompere i giochi in fase di partenza dell'azione di Oddo, a dialogare con i compagni e giocare - in partenza - spalle alla porta. Raramente l'ex Samp ha trovato spazio utile per attaccare la profondità, arginato perfettamente da due centrali che ne hanno limitato il raggio d'azione, costringendolo spesso a svariare cambiandosi di ruolo con Callejon, con risultati tutt'altro che positivi. Decisamente meglio, perché lo impone il phisique du role, la presenza, in mezz'ora, di Arkadiusz Milik. Certo, il polacco ha beneficiato della sterzata di verve data al secondo tempo da Mertens e dalla stanchezza del Pescara di Oddo, ma nei movimenti e nel savoir faire da centravanti di ruolo, l'ex Ajax ha dimostrato già abbondantemente di immedesimarsi meglio nel lavoro che chiede Sarri. Difficile pensare che in dieci giorni Milik sia arrivato dove Gabbiadini non riesce da circa quattordici mesi di lavoro con il tecnico toscano: questione di feeling, di scarsa adattabilità alla parte. 

Pochi i lampi che, in una serata nefasta davanti all'ex pubblico regala Lorenzo Insigne, visibilmente frastornato e con la solita voglia di spaccare il mondo che, in maniera inversamente proporzionale, lo fa implodere commettendo errori su errori, diventando fumoso sempre e praticamente mai concreto. Anche su di lui, così come con ogni probabilità sui vari Albiol e Koulibaly, è sembrata pendere una spada di Damocle, quella del mercato, delle voci di rinnovo e delle polemiche, che non permettono alla testa di essere sgombra a dovere. Provvidenziale l'ingresso di Masaniello Dries. Decisamente diverso l'approccio del belga, che guarda caso di rinnovo non ha mai parlato, ma ha invece apposto la firma in bianco guardando a ciò che - internamente ed esternamente - fosse meglio per lui e per la famiglia. Il campo, a volte, riflette anche gli stati d'animo dei giocatori e ieri sera non si è andati lontano da queste dinamiche. 

Resta, infine, un pareggio conquistato di rimonta, con carattere (o forse è merito del calo fisico del Pescara?), che però non può e non deve affatto soddisfare nessuno dei presenti partenopei ieri all'Adriatico. Sarri, ovviamente, non lo sarà, e guarderà ancora una volta a migliorare e rinsaldare le certezze di una squadra che è sembrata figlia dei fantasmi - del mercato e delle polemiche esterne - piuttosto che la creatura splendida ammirata la scorsa stagione e in questo scorcio di calcio d'agosto.