E' un Toro tutto nuovo, quello che sta prendendo forma in questa estate 2016. Dall'epilogo dell'era Ventura sono passati pochi mesi, eppure tante, tantissime cose sono cambiate in casa granata. Altrettante, poi, cambieranno ancora. Il primo cambiamento è quello che abbiamo appena citato ed è di quelli che lasciano il segno: al posto del neo Ct azzurro ora c'è Mihajlovic, e questa, da sola, rappresenta una novità considerevole per una società che veniva da cinque stagioni con lo stesso allenatore. E poi c'è il mercato, un mercato del quale il tecnico serbo si sta servendo per plasmare il Toro a sua immagine e somiglianza: sono già arrivati Ljajic, Iago Falque, Ajeti, Lukic e Tachtsidis, hanno salutato Gazzi, Glik, Castellazzi (rimasto in granata come Team Manager), Farnerud e Immobile. Una mezza rivoluzione, che potrebbe diventare completa nel caso in cui anche Bruno Peres e Maksimovic decidessero di lasciare Torino e il Torino. Il cambiamento più evidente rispetto al passato, per il Toro targato Mihajlovic, sarà però a livello tattico. Già, perchè quella che i tifosi granata vedranno in campo in questo 2016-2017 sarà una squadra che con quella dell'era Ventura avrà ben poco in comune. Innanzitutto, verrà abbandonato il 3-5-2 che era ormai diventato il marchio di fabbrica di Ventura: il tecnico genovese aveva adottato questo sistema di gioco sul finire della stagione 2012-2013, la prima in serie A con il Torino, e da lì aveva definitivamente accantonato il suo tanto amato 4-2-4. Medesimo destino che toccherà adesso al 3-5-2: Mihajlovic non ha mai avuto il minimo dubbio, il suo Toro si schiererà con il 4-3-3. Un cambiamento grande, ma non il più grande, per i granata: la vera rivoluzione sarà quella dell'atteggiamento. Negli ultimi anni, infatti, ci siamo abituati a vedere un Torino attendista, una squadra compatta, sempre attenta a non scoprirsi, paziente nell'attendere il momento giusto per accelerare e provare a colpire: raramente abbiamo visto il Torino di Ventura andare ad aggredire l'avversario nella propria metà campo, ancor più raramente lo abbiamo visto alzare i ritmi della gara.

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Mihajlovic, invece, vuole un Toro aggressivo, un Toro che, una volta perso il possesso, vada immediatamente alla pressione cercando la riconquista. Tracce di questo nuovo atteggiamento si sono viste già nelle prime amichevoli stagionali, ma il tecnico serbo vuole ancora di più e lavorerà per ottenere il Toro che vuole. Anche in fase di possesso, il Toro di Ventura non passerà alla storia per i ritmi vertiginosi impressi alle partite: al contrario, molti allenatori avversari hanno riconosciuto in questi anni ai granata il titolo di "squadra maestra nell'addormentare le partite". Caratteristica di cui, almeno in teoria, nel Toro di Mihajlovic non dovrebbe esserci traccia. Il tecnico genovese prediligeva la costruzione "bassa", spesso passando anche attraverso i piedi del portiere, una strategia che mirava ad attirare l'avversario fuori dalla propria tana per poi attaccare la profondità una volta individuato il varco giusto. Durante la gestione del neo Ct, non era affatto inusuale vedere il Toro manovrare in orizzontale per lunghi tratti, in attesa del momento buono per colpire. La squadra di Mihajlovic, invece, cercherà in modo molto più repentino la costruzione verticale: in questo senso non sarà facile oliare i meccanismi, non ancora perfetti in questa fase di precampionato, ma il tecnico serbo è intenzionato ad insistere su questa via. Una costruzione verticale che avrà il suo baricentro spostato in avanti, rispetto all'era Ventura. Negli ultimi anni il vero regista della squadra granata, colui dal quale partiva la gran parte delle azioni, colui che in ogni partita si ritrovava in testa alla classifica dei palloni giocati, era Kamil Glik: un vero e proprio libero vecchia maniera, sempre staccato di qualche metro rispetto al resto della difesa in modo da ricercare la linea di passaggio. Non a caso, nella posizione di metodista, Ventura ha sempre scelto giocatori d'interdizione (leggasi Gazzi o Vives): nel sistema di gioco del tecnico genovese, in quella posizione serviva prima la quantità, e poi la qualità. Con Mihajlovic la musica dovrebbe cambiare: il metodista sarà il vero perno della squadra in fase di possesso, il delegato a dare il là alla manovra offensiva dei granata, in una parola il vero regista. Proprio su questo punto, infatti, il tecnico serbo sta insistendo in sede di mercato.

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Tantissime novità, poi, anche per quanto riguarda gli esterni bassi: il passaggio dalla difesa a 3 a quella a 4 ha cambiato non poco i compiti dei terzini granata, chiamati fino alla scorsa stagione ad uno sfiancante lavoro che li vedeva alternarsi senza sosta tra fase offensiva e difensiva. I vari Bruno Peres, Zappacosta, Molinaro, Gaston Silva e Avelar, con Ventura, potevano infatti trovarsi nei pressi dell'area avversaria ad accompagnare l'azione offensiva come vere e proprie ali vecchio stampo, e trasformarsi poi in terzini un attimo dopo, andando a comporre la difesa a cinque disegnata dal tecnico genovese in fase di non possesso. Compito dispendioso che, nella stagione che sta per aprirsi, dovrebbe risultare alleggerito: la gran parte delle responsabilità offensive andranno a ricadere sugli esterni altri schierati nel tridente, con gli esterni bassi chiamati ad occuparsi maggiormente, anche se non esclusivamente, della fase difensiva. Compito sulla carta più semplice, ma che qualcuno, in casa granata, sta faticando a digerire. Si tratta di Bruno Peres: le lacune difensive del laterale brasiliano non sono nuove per chi ha seguito i granata negli ultimi anni, e stanno emergendo in maniera palese ora che Mihajlovic chiede all'ex Santos grande attenzione proprio in quella fase.

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Tutto nuovo anche per gli attaccanti granata, abituati negli ultimi anni a lavorare in coppia: soprattutto dopo la partenza di Cerci, un "atipico" per eccellenza, Ventura ha sempre chiesto alle sue punte di rimanere molto vicine tra di loro, alla ricerca di scambi veloci per attaccare la profondità. Con Mihajlovic, invece, i vari Belotti e Maxi Lopez saranno chiamati ad agire da unici riferimenti offensivi. A "collaborare" con loro saranno gli esterni alti del tridente, schierati preferibilmente con il piede invertito: per il centravanti, quindi, il compito primario rimarrà quello di attaccare la profondità, vuoi per essere servito, vuoi per liberare spazio dentro il campo per le incursioni degli esterni o delle mezzali. Ruolo, quest'ultimo, che sarà probabilmente il meno interessato dalla rivoluzione tattica operata da Mihajlovic. Per gli incursori granata, da Baselli a Benassi, passando per Acquah e Obi, i compiti rimarranno pressochè gli stessi rispetto a quanto accadeva nell'ultimo Toro di Ventura. I giocatori citati dovranno però migliorare quanto mostrato lo scorso anno, quando per lunghi tratti di stagione i meccanismi, soprattutto per quanto riguarda gli inserimenti in fase offensiva, sono parsi tutt'altro che perfetti. Insomma, quello che vedremo in campo quest'anno, almeno nelle intenzioni di mister Mihajlovic, sarà tutto un altro Toro, un Toro che si lancia verso una nuova stagione cambiando allenatore, cambiando interpreti, ma soprattutto cambiando pelle. Quello di Ventura era un Toro paziente, il serbo, invece, vuole un Toro d'assalto.