Nel calcio tutto può succedere, ne sa qualcosa Pep Guardiola, che in 20 minuti ha visto la reazione veemente della Juventus, capace di rimontare uno svantaggio di due gol in casa, pescando energie da chissà quale riserva fino a quel momento sconosciuta, agguantando un pari prezioso (2-2 il punteggio finale) che fa sperare in vista del ritorno all'Allianz Arena di Monaco, fortino inespugnabile (o quasi, chiedere al Mainz vincitore per 1-3 un paio di settimane fa in Bundesliga) dei bavaresi.

QUEL GENIO DI PEP- Facciamo un passo indietro alla gara dell'andata, atmosfera elettrizzante quella dello Stadium, "BE HEROES", "siate eroi", cita la coreografia bianconera, di fronte ad uno spauracchio come il Bayern, con la consapevolezza che il gap in Europa tra le due si è ridotto negli ultimi tre anni: la Juve ora è più matura e ha acquisito una mentalità europea trasmessa da Max Allegri che le ha permesso di essere solida in Champions e di raggiungere la finale di Berlino.

Pronti via e lo scienziato Pep può dar inizio al suo laboratorio tattico, il suo Bayern è un sistema operativo sempre in aggiornamento e mai uguale a sé stessa: geometrie, moduli, interpreti spesso indecifrabili, roba da leccarsi i baffi per gli hipster amanti della tattica calcistica. Nei primi 30 secondi Guardiola li piazza col 4-1-4-1 con Vidal davanti alla difesa, poi però il cileno si abbassa fra i due difensori centrali, Lahm agisce da interno e azzanna Pogba, davanti si occupa militarmente la trequarti con cinque uomini, per esterni gente come Douglas Costa e Robben abilissimi nell'uno contro uno, il tutto condito dagli inserimenti del folletto tuttofare di nome Thomas Müller, abile giostraio nel parco divertimenti bavarese. Il risultato è che i rossi ubriacano la Juve.

Il piano tattico di Allegri è più “scolastico”: un 4-4-2 con tutti, Mandzukic e Dybala compresi a protezione dell’area. Talvolta con lanci lunghi o faticose e pregevoli uscite dalla difesa si prova a mettere la testa fuori. Buffon respinge 3 tiri, altri li vede passare sopra la traversa. Tutto sommato i tedeschi creano persino poco, per come dominano: il 2-0, dopo un’ora, ci sta tutto. 

Prima Müller, sempre lui: si era accasciato ai limiti dell’area piccola, con la porta spalancata, al 13’. Thomas può perdonare una volta, ma poi ripassa. Al 43’ è lui a raccogliere una respinta corta di Barzagli, dopo cross e controcross di Robben e Douglas Costa (da mal di testa). Palla in rete, per la sesta volta in questa Champions (e 17 in Bundesliga), poi Arjen Robben: da un decennio (almeno) fa lo stesso gol, ma chi lo ferma? Parte a destra, rientra verso il centro, due finte e tiro a giro sul secondo palo: 2-0 al 55’. Il paradosso è che il tutto nasce da un’azione di contropiede.

Sembra la fine, un uno-due micidiale che pare aver dato il K.O. definitivo ai bianconeri, Pep è felice perchè sa che il suo piano sta funzionando al meglio, ma allo stesso tempo sente che qualcosa non torna ed avverte una presenza inspiegabile in arrivo da lì a poco: è la furia bianconera.

IL CUORE E LA GRINTA DI MANDZUKIC- La svolta arriva al 18’ della ripresa, ed ha la faccia, ancora una volta, di Mario Mandzukic, che sa di avere sulle spalle una ghiotta chance sprecata nel primo tempo in un contesto quasi fotocopia dei gol col Manchester City: è lui che recupera palla su Kimmich e manda in porta Dybala.

Poi è lui che lotta portandosi dietro la squadra. Al 76’ è lui che apre per Morata, che mette in mezzo per Sturaro: 2-2.

In mezzo un altro paio di occasioni: roba da non crederci, dopo un primo tempo in cui la curva esultava quando i bianconeri passavano la metà campo. Bianconeri trasfigurati (e non può essere per l’ingresso del pur positivo Hernanes, altra ottima intuizione di Max Allegri), quando sembrava che Müller e Robben li avessero mandati a casa. Storia da applausi, comunque vada il ritorno. Perché il Bayern non è una squadra normale, e questa è stata un’impresa. Tanto più che alla fine a Torino recriminano per un paio di episodi arbitrali (fallo di mano di Vidal in area e fallo in occasione del 2-0) con Atkinson non sempre impeccabile.