Dramma, disastro, disfatta, tutti termini che calzano alla perfezione con la partita che l'Udinese ha disputato al Matusa di Frosinone. Fin dai primissimi minuti si è visto quale delle due squadre avesse veramente voglia di vincere e chi invece è sceso in campo per fare una scampagnata. L'immagine più emblematica la possiamo catturare già nel primissimo minuto: Piris riceve palla vicino alla propria area, si ferma e non si accorge che alle spalle sta arrivando un giocatore in giallo che prontamente gli ruba palla. Fortunatamente poi l'azione si conclude con un nulla di fatto. Chiara dimostrazione di come la testa sia da tutt'altra parte, non si sa dove, ma sicuramente non sul rettangolo verde.
La cosa è molto strana, anche se è ormai un luogo comune per i friulani: alla vigilia ci si carica sempre tanto, poi chissà. Fioccano le dichiarazioni sull'importanza della partita, sulla voglia dei giocatori di fare il risultato per arrivare alla quota salvezza con Colantuono che in conferenza stampa si presenta sicuro, non spavaldo, ma sicuramente con la faccia di chi è conscio di avere una buona squadra, che può fare il risultato contro buona parte delle squadre della Serie A.
Poi però in campo... il nulla. Questo in quasi tutte le partite disputate (vien da pensare che la vittoria con l'Hellas Verona sia stata frutto di fortuna e non di un nuovo approccio delle partite e del nuovo modulo). La conferma arriva esattamente undici minuti dopo la dormita di Piris: Ciofani prende palla, scatta, salta Guilherme, il quale oppone una resistenza veramente ridicola, Danilo e Felipe provano a chiudere, ma la punta scocca il tiro e Karnezis lascia entrare la palla, con un tuffo molto molle. Ecco, il portiere. Credo che sia il secondo errore grave del greco in un anno e mezzo di militanza in bianconero, se persino lui inizia a sbagliare vuol dire che in spogliatoio le cose sono gravi e pure molto.
Dopo un gol ci si aspetterebbe una reazione, soprattutto se il match è uno scontro diretto, ed in effetti è l'Udinese a tenere il pallino del gioco, con i ciociari in attesa nella loro metà campo. Però il fraseggio è di una sterilità incredibile. I giocatori cercano poco le fasce, che dovrebbero essere il punto forte nel 4-3-3. Quelle poche volte che la palla arriva a Bruno Fernandes e Thereau, questi o la perdono malamente o la buttano in area per giocatori che non ci sono. Non si cercano nemmeno le sovrapposizioni con Badu o Alì Adnan (Piris non pervenuto). Kuzmanovic prova qualche incursione solitaria, ma non può bastare da solo. Poi, in finale di tempo, ci si ricorda della presenza di Totò Di Natale, il quale conferma di essere l'unico ad avere qualche idea. Apertura fantastica del folletto napoletano per il francese, che però spara il tiro in bocca a Leali. L'Udinese finisce qui, nel secondo tempo c'è solo il Frosinone, che trova il raddoppio e crea tantissime occasioni, sventate da Karnezis. I cambi tentati da Colantuono non hanno alcun effetto, come al solito.
Nel post partita è la solita solfa: squadra dispiaciuta, Colantuono che non si capacita del perchè della prestazione e Pozzo (Giampaolo) infuriato e che esige cambiamenti, pur confermando l'allenatore. Bisogna dire, a onor del vero, che Pozzo senior, ufficialmente, non è più nella dirigenza bianconera. Quindi ogni decisione spetta a Gino. Ecco, stavolta le cose potrebbero andare diversamente: mancano dieci partite, la squadra non ha alcuna parvenza di gioco e di morale, l'allenatore non ha più alcuna autorità e la zona retrocessione è a un passo. Considerati tutti questi aspetti, Gino Pozzo è atteso a Londra dalla Cina (dove ha siglato un accordo con MBS) per decidere il futuro del mister. L'esonero non è assolutamente una possibilità remota, dato che la squadra sembra aver bisogno di uno scossone. Mancano però dei veri e propri candidati alla panchina. Per ora, gli unici nomi possibili sono quelli di Malesani (già passato da queste parti, lasciando ricordi non indimenticabili) e Calori. Fosse, per i tifosi, il mister romano sarebbe già a casa da molto tempo. È ormai considerato il principale artefice del disastro, insieme a Giaretta e agli interessi inglesi dell'attuale vero paròn.
Saranno ore caldissime per il futuro della squadra, che però negli scorsi anni mai era sembrata così poco interessata a giocare a pallone come oggi.