L'addio di Conte a luglio è stato vissuto dalla maggior parte dei tifosi bianconeri quasi come una sciagura. Un fulmine a ciel sereno che molto probabilmente avrebbe segnato l'interruzione di un percorso di rinascita e di vittorie. Così non è stato, anzi. La fine del percorso di Antonio Conte sulla panchina della Juventus è stato l'ennesimo tassello di una crescita cui la Juventus era destinata. Un distacco quasi necessario.
Il conseguente arrivo di Massimiliano Allegri sulla panchina bianconera ha sancito il definitivo ritorno della società torinese tra i grandi club del palcoscenico europeo. Gli elementi chiave di questa svolta, oltre al grande lavoro e alla solidità di una società dove ogni cosa viene programmata nei minimi dettagli, possono essere trovati in un cambio decisivo in termini di gioco e mentalità. La famosa "mentalità europea", carente durante gli anni di Conte, invocata da tifosi e giornali. Ma ecco che a tal proposito andrebbe subito fatta una premessa: in quante occasioni si è parlato nelle televisioni, nei giornali, e perchè no anche nei "bar dello sport", di una Juventus che abitualmente vince in Italia, ma che, sempre abitualmente, non è in grado di dire la sua in Europa? Quasi come fosse un marchio di fabbrica, qualcosa scritto nel dna di questa società. E' necessario partire proprio da queste valutazioni così comuni e così tante volte ascoltate, per capire quanto la verità sia ben lontana da quello che è il pensiero del tifoso italiano.
La Juventus infatti, grazie alla somma dei suoi titoli europei e mondiali, è attualmente il secondo club italiano per numero di trofei internazionali, il quarto in Europa, e l'ottavo nel mondo. Inoltre, è l'unico club al mondo ad aver vinto tutte le competizioni UEFA, ed è uno dei soli quattro club ad aver vinto le tre principali competizioni europee, la prima ad aver raggiunto questo traguardo.
La Juventus vanta anche, tra tutti i club italiani, il maggior numero di stagioni disputate nelle coppe europee (53) di cui 28 consecutive, record nazionale.
Il club bianconero ha disputato 18 finali in competizioni ufficiali a livello internazionale: in questa graduatoria risulta la decima al mondo, la sesta in europa, e la seconda tra i club italiani.
Tutte statistiche che indicano un'unica e sola verità: la storia della Juventus forte in Italia e scarsa in Europa è un semplice mito. Il segno tangibile del fatto che una "mentalità europea" in casa Juve c'è sempre stata, andava solo riconquistata. Ed è esattamente ciò che ha fatto Massimiliano Allegri, il suo merito più grande.
Fatta questa premessa sorge spontanea una domanda: come mai la Juventus allenata da Conte non è mai riuscita, nonostante il dominio in Italia, a riprendere il proprio posto anche in Europa? E come ha fatto Massimiliano Allegri a cambiare così profondamente e così rapidamente il volto a questa stessa squadra? I paragoni fra i due allenatori diventano a questo punto inevitabili.
Al ritorno in Champions nella stagione 2012-13 i bianconeri centrarono i quarti di finale, uscendo solo contro quel Bayern che poco dopo avrebbe alzato la coppa; l'anno successivo, la grande delusione: fuori alla fase a gruppi. Quando si valutano queste due stagioni, soprattutto il disastro della seconda, si tende sempre a vedere la disfatta bianconera come un caso dettato dalla sfortuna e da certi episodi sicuramente non favorevoli, facendo perno sul buon risultato ottenuto nella prima annata. Ma diciamoci la verità: la Juventus di Antonio Conte in Europa non ha mai convinto del tutto.
La Juve di Conte, squadra abituata a giocare a ritmi elevati e a tenere costantemente il controllo del pallone (almeno in Italia, dove l'avversario si chiude nella propria area e aspetta un'occasione propizia per colpire che spesso non arriva mai), entrò terribilmente in crisi nel momento in cui cominciò ad affrontare squadre poco attendiste, abituate a loro volta a fare gioco e possesso palla, a giocare a viso aperto. In partite del genere, i bianconeri finivano spesso schiacciati nella propria area, incapaci di ribattere colpo su colpo, e soprattutto di gestire con calma e sicurezza situazioni di gara poco favorevoli. Antonio Conte, dal canto suo, non riuscì mai ad infondere quella sicurezza alla squadra necessaria per esprimersi al meglio nel grande palcoscenico. Inoltre, il tecnico bianconero non volle mai correre il rischio, divenuto ormai palese necessità, di abbandonare quel suo 3-5-2, che con la pressione costante ed il possesso prolungato delle avversarie europee, si trasformava spesso e volentieri in un 5-3-2.
Sono questi i due elementi che Allegri è riuscito a modificare, apportando novità tattiche importanti e spiegando ai giocatori i concetti della calma, della tranquillità e della gestione dei momenti della partita. Concetti fino a quel momento sconosciuti per una squadra che aveva bisogno di andare sempre a cento all'ora per ottenere la supremazia sull'avversario.
Allegri ha inculcato nella testa dei suoi giocatori l'idea che si può vincere in tanti modi. La realtà per cui ogni partita è fatta di momenti diversi: ci sono momenti in cui non bisogna per forza rincorrere, momenti in cui l'avversario va fatto sfogare perchè si trova in una fase favorevole, momenti in cui bisogna solo gestire il pallone, e situazioni in cui è necessario colpire velocemente.
In più, l'allenatore toscano ha ridato fiducia alla squadra, sgretolando quell'idea formatasi durante il triennio contiano, secondo cui i bianconeri partivano praticamente da sfavoriti in ogni partita, vuoi per la qualità tecnica dei singoli, vuoi per la condizione atletica, vuoi per la posizione nel ranking europeo e persino per sbagliate scelte di ristorante...
Infine, la grande svolta tattica. Avvenuta gradualmente, con i giusti tempi: il passaggio alla difesa a quattro. Un cambio che Allegri ha deciso di attuare in maniera definitiva nel momento chiave della stagione: la gara di ritorno contro l'Olimpiakos. Il passaggio al 4-3-1-2 garantisce maggiore vivacità e imprevedibilità alla fase offensiva dei bianconeri. La squadra non ha bisogno di accerchiare e schiacciare l'avversario con tutti gli uomini, inclusi gli esterni, ma può verticalizzare con più facilità e rapidità, grazie ad una maggiore presenza di giocatori nella fascia centrale del campo. Inoltre, Allegri non hai mai abbandonato completamente il 3-5-2, che diventa una valida alternativa quando c'è necessità di coprirsi per salvaguardare un risultato in bilico. Una Juventus che ha quindi acquisito anche la possibilità di cambiare schieramento a partita in corso, qualcosa che con Conte si era visto davvero raramente.
Mancano solo due giorni alla grande finale di Berlino, ma la Juventus ha già svolto un percorso di crescita a dir poco straordinario. Nessuno sa cosa accadrà durante la sfida contro il Barcellona, ma una cosa è certa: la Juventus è già tornata a splendere anche in Europa, come ha quasi sempre fatto nell'arco della sua gloriosa storia.