L’allenatore del Torino Giampiero Ventura ha rilasciato una lunga intervista al Corriere della Sera, in cui si è soffermato anche sulla partita contro il Milan di domani: "Vincendo saremmo a tanto così dall’Europa. Se vogliamo, possiamo. E chissà che magari si possa uscire da San Siro con un po’ di sana libidine addosso. Si chiude un quadriennio cominciato con dieci tifosi che ci guardavano storto al ritiro di Sappada e culminato con le migliaia di persone che ci aspettavano a Caselle dopo la vittoria storica al San Mamés. Percorso concluso? Una tappa importante, direi. Ora sta a noi decidere se accontentarci di quello che abbiamo fatto, che è comunque tanto, o se partire da qui per costruire qualcos’altro. Il tempo dirà".
Prosegue la lunga intervista: "Come mai non ho mai allenato una grande squadra? Per 3 motivi. - ha spiegato - Il primo: la gente non capisce che le idee non hanno età. Si possono avere buone idee anche se non si è più giovanissimi, si può essere vecchi dentro anche se si è ragazzini. In poche parole: un giovane non è sempre bravissimo e un vecchio sempre da buttare. Il secondo: non ho capito subito, è una mia colpa, quanto fosse importante apparire, passare dai salotti e dalle trasmissioni tv giusti. Il terzo: semplice sfortuna. Quando ho cominciato ad allenare io, andavano di moda i grandi saggi alla Mazzone, oggi i giocatori che hanno smesso da un anno. Con Cairo c'è un rapporto di grande correttezza e stima, credo reciproca. Penso di avergli dato qualcosa e di aver ricevuto in cambio qualcosa, anche umanamente. Il punto di svolta credo sia stato riuscire a cancellare la parola 'speriamo' sostituendola con 'vogliamo'. Se vogliamo possiamo, come è accaduto nel derby. Come è accaduto con l’Athletic Bilbao. Se alleni i Messi o gli Ibrahimovic allora puoi essere considerato come un dirigente accompagnatore ben pagato.Se alleni giocatori normali, invece, allora devi metterci qualcosa di tuo. Cosa ci metto di mio? Un feroce lavoro durante la settimana. Poi, paradossalmente, la domenica il mio lavoro è finito: conta mille volte di più quello che è stato fatto prima".