“E' stato il mio unico presidente”. Parole di Roberto Mancini dedicate a Paolo Mantovani, storico presidente della squadra blucerchiata dal 1976 al 1993, anno della sua scomparsa. Parole pronunciate in occasione del “Paolo Mantovani Day”, tenutosi lo scorso ottobre nel capoluogo ligure a vent'anni dalla scomparsa del presidente che seppe trasformare una squadra da Serie B, nel giro di tre anni, in uno dei club più temuti e rispettati sia campo nazionale che internazionale in grado di vincere tre Coppe Italia nel 1985, 1988 e 1989 (la vincita della quarta Coppa Italia del 1994, anche se avvenuta dopo la sua scomparsa, si può attribuire a lui visto che costruì quella rosa), una Coppa delle Coppe nel 1990, uno scudetto nella stagione 90/91 e una Supercoppa Italiana nel 1991.
Oltre che a raggiungere sette finali in otto anni, dal 86' al 94'. Infatti la sua Sampdoria arrivò a giocare l'ultima partita della Coppa delle Coppe nell'edizione del 1989, due finali di Coppa Italia nel 1986 e nel 1991, poi la finale di Supercoppa Europea del 1990, le finali di Supercoppa Italiana nel 1988, 1989 e 1994 e la finale di Coppa dei Campioni nel 1992.
Suo il merito di aver portato in Serie A giocatori come Graeme Souness, Trevor Francis, Srecko Katanec, Aleksei Mikhailichenko e Vladimir Jugovic e di essere riuscito a scoprire e a lanciare giovani talenti (grazie anche all'aiuto dell'allora direttore sportivo Paolo Borea) come, il già citato Roberto Mancini, Gianluca Vialli, Moreno Mannini, Fausto Pari, Attilio Lombardo, Luca Pellegrini, Gianluca Pagliuca e Pietro Vierchowod.
La Sampdoria che da metà degli anni ottanta fino al 94' deliziò le platee del calcio ben oltre i confini dell'Italia era la creatura di Paolo Mantonavi. Se i doriani furono in grado di vincere quello che vinsero e di ambire all'Europa gran parte del merito va dato a lui. Se il “Marassi” è da sempre stato una bolgia, un campo caloroso e difficile da espugnare lo si deve a lui. “I tifosi della Sampdoria hanno perso a Wembley e hanno cantato, hanno visto andare via Vialli e hanno cantato. Finché i tifosi della Sampdoria canteranno non ci saranno problemi per il futuro” usava dire lo storico presidente blucerchiato.
I tifosi doriani cantano e hanno continuato a cantare anche durante le quattro retrocessioni che hanno visto protagonista la Sampdoria e soprattutto nelle due più recenti, avvenute sul finire delle stagioni 98/99 e 2010/2011 quando il sipario sugli anni d'oro calò per sempre. Cantano anche se l'attuale squadra di Sinisa Mihajlovic, che vestì la maglia blucerchiata per quattro stagioni, è a soli quattro punti dall'ultimo posto disponibile per restare in Serie A. Cantano anche se il prossimo 6 gennaio arriva il Napoli di Rafa Benitez che deve assolutamente vincere per mantenere il terzo posto e proteggerlo dagli assalti di Fiorentina e Inter. Il club partenopeo, infatti, dopo l'ennesimo mezzo passo falso fatto in Sardegna contro il Cagliari non può permettersi di sbagliare ancora e si affaccerà sulla costa ligure con un solo obiettivo in mente, quello di tornare all'ombra del Vesuvio con i tre punti in tasca.
Sampdoria-Napoli è stata per anni una partita che ha messo di fronte due delle migliori interpreti del nostro calcio degli anni 80', forse non una classica vera e propria ma una partita che ha sempre regalato emozioni. Una gara con grandi tradizioni, tanti campioni che hanno vestito le maglie delle due squadre e che si sono affrontate in partite epiche. Sampdoria e Napoli, due squadre dal destino simile, dai dolci successi nel secolo dell'Italia Campione del Mondo in Spagna, al lento declino che le ha viste con l'arrivo degli novanta e col passare di quegli anni scivolare via via sempre più lontane dai palcoscenici maggiormente calcati della Serie A fino a piombare negli inferi della serie cadetta. Al Napoli sconquassato dai debiti toccò nella stagione 97/98, dopo trentatré anni di permanenza in Serie A e la finale di Coppa Italia persa contro il Vicenza l'anno prima, dare l'addio alla massima serie. La Sampdoria li seguì l'anno seguente, salutando la Serie A dopo diciassette anni dall'ultima retrocessione.
Ma facciamo qualche passo indietro. Gli anni delle grandi sfide tra Sampdoria e Napoli cominciano nella stagione 86'-87’, l'anno del primo tricolore partenopeo e del 3-1 inflitto dagli azzurri alla Juventus di Platini al “Delle Alpi” di Torino. Il Napoli vince a Genova per 2-1 alla quinta giornata. In vantaggio con Caffarelli, la squadra allora allenata da Ottavio Bianchi, si fa raggiungere dal pareggio con un rigore di Vialli ma trova la rete del vantaggio e della vittoria grazie ad rigore di Maradona. Ed è proprio la Sampdoria una delle vittime preferite del “Pibe de Oro” che l'anno dopo, l'anno dello scudetto del Milan “piglia tutto” e di Maradona capocannoniere, stagione che i blucerchiati chiuderanno al quarto posto, segna sempre al “Marassi” il gol del decisivo 1-0.
Nell'anno del secondo e ultimo scudetto del Napoli, campionato 89’-90’, i partenopei trovano tabù il campo della Sampdoria e dopo aver pareggiato per 1-1 nella gara di andata perdono a Genova, quella che sarà la quarta e ultima sconfitta della stagione chiusa con il trionfo tricolore il 29 aprile all'Olimpico contro la Lazio, con il punteggio di 2-1, Dossena, Careca per i partenopei e Lombardo i marcatori.
Ma è quella della stagione 90'-91' la sfida tra Sampdoria e Napoli che più rimane impressa nella memoria degli appassionati di calcio e soprattutto in quella dei tifosi del club partenopeo. È, infatti, il 17 marzo del 1991 quando al controllo antidoping dopo la partita di campionato Napoli-Bari, finita 1 a 0 con gol di Gianfranco Zola, Maradona viene trovato positivo alla cocaina. La fine della sua favola napoletana arriva così, nel modo più amaro possibile. Quel 17 marzo segna la fine di sette anni di speranze e di trionfi, mai fino ad allora e mai più in seguito conquistati nella storia del Napoli: due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa Italiana.
Ma la mazzata vera e propria per il Napoli deve ancora arrivare e arriva una settimana dopo la positività del “Pibe de Oro”, il 24 marzo: quella contro i doriani sarà per Maradona la sua ultima partita nel campionato di Serie A, l'ultima partita con indosso la maglia del Napoli. La squadra partenopea parte per Genova tra le polemiche per una stagione deludente e per la caduta del suo idolo. La Sampdoria li aspetta al “Marassi”. I blucerchiati sono allenati da Boskov, primi in classifica e sempre più lanciati verso la conquista del loro primo scudetto. Stravincono per 4-1 una partita senza storia. Una doppietta di Vialli, che chiuderà la stagione da capocannoniere con 15 gol, un gol di Cereo poi ed infine la firma di Mancini mettono la parola fine sugli anni d'oro del Napoli. L'unica rete del match per la squadra partenopea è siglata su rigore da Maradona. E' il gol della bandiera “strappata” del Napoli, l'ultimo gol di Maradona in Serie A.
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