Tito era l'erede. Era colui che avrebbe dovuto portare avanti la striscia di vittorie del glorioso Barcellona di Pep Guardiola. Nel 2012, infatti, quando Pep decise di smettere di allenare il Barcellona, le redini della squadra passarono in mano a lui (che fino ad allora affiancava l'attuale tecnico bavarese dal 2007). Ma Vilanova è sempre stato un simbolo, a Barcellona, lui era quello che aveva giocato nelle giovanili per sei anni, come centrocampista. Se da calciatore non aveva certo lasciato il segno, come allenatore gli era andata molto meglio: con lui in panchina, il Barcellona ha difatti vinto la Liga nella stagione 2012-2013.
Tito era l'uomo umile e silenzioso del Barcellona, quello che si prese il dito nell'occhio da Mou (poco dopo aver appreso la notizia, il tecnico portoghese ha commentato così: "La morte di Tito Vilanova è un giorno triste per il calcio, per il Barcellona e cosa ancora più importante per la sua famiglia e i suoi amici", quello che abbracciò Abidal a fine della conferenza stampa in cui annunciava che il Barcellona non gli avrebbe rinnovato il contratto (lo stesso Abidal era malato di cancro ma ora il giocatore sembra sia guarito). Il 18 dicembre 2012 gli viene nuovamente diagnosticato un tumore alla ghiandola parotide (che lo aveva già colpito l'anno prima). Cominciano interventi, viaggi a New York e chemioterapia, panchina del Barça a volte vuota, lotte, alti e bassi. Nell'estate 2013 lascia definitivamente il club catalano. Nuova ricaduta. Nuova partita da giocare. Poi il 24 Aprile 2014 (ieri, ndr) viene ricoverato d'urgenza. Il 25 Aprile arriveranno i tre fischi finali e questa volta è Tito che ha perso. Ma questa sconfitta non se la meritava uno che, come lui, ha sempre lottato contro la "bestia negra".
Tito lascia due figli, un ragazzo e una ragazza e sua moglie, Montse. Il Barcellona e il calcio perdono un simbolo e un grande allenatore.