Dopo mesi di voci e indiscrezioni, la separazione tra Novak Djokovic e il suo storico staff si è consumata ieri, quando il campione serbo ha annunciato sul suo sito ufficiale di aver chiuso ogni rapporto professionale con lo storico coach Marjan Vajda. Rumors che in realtà si rincorrevano dai tempi dell'assunzione di Boris Becker come consulente e allenatore, e che ora hanno trovato un riscontro nei fatti.

Tramite una nota ufficiale, Nole ha chiarito come il divorzio da Vajda e da altri due membri del suo staff (Gebhard Phil-Gritsch, preparatore atletico, e Miljan Amanovic, fisioterapista) sia stato frutto di una decisione presa "di comune accordo". "Non è stato facile - le parole di Djokovic - ma tutti noi sentivamo la necessità di un cambiamento. Voglio continuare ad elevare il mio livello di gioco, e per farlo è fondamentale guardare avanti con una terapia d'urto. Mi sono goduto quest'avventura, ma adesso inizia qualcosa di nuovo, che mi aiuterà a ritrovare la scintilla vincente sul campo". Il serbo ha poi spiegato di non aver ancora assunto un altro coach, ma di star vagliando questa possibilità, mentre nei prossimi tornei sarà accompagnato solo da management e famiglia. Laconico il commento di Vajda, riportato proprio sul sito di Djokovic: "All'interno dello staff, tutti noi avevamo ormai capito che il team di Novak avesse bisogno di nuova linfa ed energia: Nole può fare molto di più rispetto a quanto raccolto negli ultimi tempi, e sono sicuro che tornerà a ottenere grandi risultati". Decisive nel ribaltone voluto dal nativo di Zagabria le prestazioni dell'ultimo anno. Dopo la vittoria del Roland Garros 2016, il rendimento di Djokovic è andato in calando, facendogli perdere la prima posizione nel ranking mondiale a vantaggio di Andy Murray. Risultati che non sono cambiati neanche in questa prima parte di 2017, in cui il serbo ha conquistato solo il torneo di Doha, venendo prematuramente eliminato agli Australian Open (dall'uzbeko Istomin) e incassando altre pesanti sconfitte ad Acapulco, Indian Wells e Montecarlo. 

Si tratta della seconda "rivoluzione" tecnica messa in atta dall'ex numero uno al mondo, dopo l'annuncio della separazione dal tedesco Boris Becker, avvenuta al termine della scorsa stagione, in seguito alla finale persa al Master di Londra contro Andy Murray. In tanti hanno addebitato i cambiamenti avvenuti negli ultimi mesi nello staff del serbo alla presenza di Pepe Imaz, una sorta di guru in grado di ritagliarsi uno spazio sempre più ampio nell'angolo di Djokovic. Possibile che dietro l'ennesimo ribaltone ci sia proprio la figura del controverso Imaz, che peraltro non è un allenatore. Coach che invece Nole dovrà assumere nel più breve tempo possibile, anche in considerazione del tour de force al quale dovrà sottoporsi nelle prossime settimane. Madrid, Roma, Parigi (Roland Garros), Londra (Wimbledon), tutto condensato in circa due mesi, in cui Djokovic dovrà difendere il titolo vinto lo scorso anno - per la prima volta - al French Open, e tentare di tornare competitivo sull'erba dei Championships. Una missione che inizierà lunedì prossimo, con il Master 1000 di Madrid, su una terra battuta che in questo 2017 ha visto il ritorno ad alti livelli di Rafa Nadal, a caccia della sua decima Coppa dei Moschettieri. Difficile invece quantificare l'impatto che ha avuto la vita familiare sulle recenti decisioni del serbo. Anche in questo caso si sono susseguite voci e indiscrezioni, mai realmente smentite dallo stesso Djokovic. Resta l'impressione di un giocatore a secco di motivazioni dopo aver completato il career Grand Slam solo undici mesi fa, e da quel momento tornato al rango di tennista "normale", non più macchina perfetta in grado di asfaltare i rivali su tutti i terreni.