L'ultimo atto di stagione conferma le sensazioni recenti. Andy Murray sgretola la tenue consistenza mentale di Novak Djokovic e mantiene la prima posizione della classifica mondiale.
La O2 Arena di Londra accoglie i protagonisti della finale. Nole entra per primo, alza il braccio a salutare i presenti, dagli spalti si alza un naturale applauso. Il battito si fa assordante poco dopo, quando a calcare il corridoio che introduce al campo è l'idolo di casa, Sir Andy Murray. Djokovic scende nell'arena pronto a vender cara la pelle, dopo il periodico 61 a Nishikori in semifinale. Ha un obiettivo, riprendersi il suo trono.
Gli interrogativi, all'alba della partita, sono molteplici. Murray raggiunge la finale dopo una lotta furiosa con Raonic, Djokovic al termine di mesi alterni, tra tentativi di risalita e ruzzoloni inattesi. La tensione gioca un ruolo primario in avvio, la posta in palio induce alla cautela. Murray mette a referto due doppi falli nel primo game al servizio, Djokovic non trova la giusta misura. Fuorigiri di rovescio e di dritto il serbo. 22, senza scosse ulteriori, con Djoko che firma un 8-0 confortante pallina alla mano. La sensazione è che il serbo giochi in difetto, soffra la consistenza di Murray e accetti quindi di limitare il motore per non esporsi alle accelerazioni britanniche. L'inerzia via via si sposta dalla parte di Murray. Djokovic, infatti, rischia nel settimo gioco, quando sulla diagonale di rovescio Andy ha l'ultima parola. Fuori dal campo, Nole rema, ma è costretto a capitolare. Si salva due-tre volte con coraggio - vanificando alcuni ricami di qualità di Murray - e rinvia così la capitolazione. Il campanello d'allarme non è però isolato, e il colpo da KO arriva due giochi dopo. Sul 43 Murray, Djoko si presenta al servizio, ma soffoca in rete il rovescio e si espone al dritto ad uscire, fulmineo, di Murray. 53, preambolo del 63 di chiusura, con Nole che infila 4 errori e si consegna al rivale.
L'attesa reazione tarda ad arrivare. Djokovic non proferisce verbo, assiste all'ascesa di Murray in silenzio, quasi consapevole dei limiti attuali. Non c'è traccia di nervosismo - se non per qualche flash che giunge dagli spalti - non c'è urlo liberatorio. Il primo game del secondo set è eterno, dura otto minuti e ad uscire dalle sabbie mobili è sempre Murray. Djokovic - passivo - attacca la rete senza le dovute armi e viene quindi trafitto da Andy. Spegne il fuoco britannico e si riporta in parità, ma alla lunga va nuovamente fuorimisura. Con il rovescio - colpo particolarmente negativo - non riesce a far male, spesso chiude sotto il nastro. Altro break e primo strappo del secondo parziale. 10, con conferma successiva in battuta. Gli errori sono talvolta inspiegabili. Djokovic riesce a prendere dominio dello scambio, ma poi spreca. Apre il campo, ma a rete - di fronte a un semplice appoggio - sbraccia vanificando l'operato. Si salva di nervi nel terzo gioco, ma Murray ha il pallino mentale e addirittura fisico della contesa. Il secondo punto del quinto gioco è da circoletto rosso. Djokovic questa volta mette alla frusta Murray, lo confina a fondocampo e si presenta nei pressi del net, Murray, in corsa, inventa una frustata ad incrociare che accarezza il campo. Il secondo break, quello del 41, sembra chiudere la sfida, ma Murray non azzanna Nole e Nole resta un fuoriclasse. Un doppio fallo, un lampo serbo, 42 e in un amen 43, con Djokovic improvvisamente rapido, sciolto. La reazione di Murray - nell'unico momento di difficoltà - conferma la sua evoluzione. Non trema e mantiene un turno al servizio delicato, poi si presenta a battere per la partita sul 54. Sul 30-30 ha coraggio, Djokovic replica da n.1, qual resta, ma Murray, sul 3° MP, può finalmente alzare le braccia al cielo.
Al termine, un abbraccio sincero al centro del campo, Nole batte la mano sul petto di Andy, ne riconosce meriti e crescita. Esce, col sorriso, battuto, nettamente. Non è il suo momento.
Murray Djokovic 63 64