Un lungo cammino, effettuato con diversi ostacoli, qualche critica e tanti mugugni, ma alla fine la meta è stata raggiunta, e anche in maniera meritata. Così Andy Murray si prepara ad affrontare, per la prima volta in carriera, l'ATP World Tour Finals in cima al ranking mondiale, e quindi con la prima testa di serie. Una situazione che potrebbe portare anche delle pressioni. Ma è difficile pensare che possa tremare il polso a uno che ha sfatato il tabù più lungo della storia del tennis mondiale, ovvero un britannico in trionfo a Wimbledon.
LA STAGIONE
Il 2016 di Murray è iniziato relativamente tardi rispetto ai colleghi, ma vive già un picco. Australian Open, un cammino non troppo duro fino alla finale contro Novak Djokovic: il serbo è però ingiocabile, e vince in tre set. Dopo le lotte con il Giappone in Davis, arriva un crollo imprevisto a Indian Wells, dove Delbonis vince al tie-break del terzo set. Che non sia una fase brillante della stagione dello scozzese lo si conferma a Miami, dove Dimitrov vince sempre al terzo turno, e sempre in tre set.
Si torna in Europa, e Murray riesce a giocare finalmente un buon tennis. A Montecarlo è solo un Nadal in formato super a fermare la corsa di quello che, nel frattempo, è diventato il numero 2 al mondo in pianta stabile. La sfida con il maiorchino si ripete a Madrid, ma stavolta è Andy ad avere la meglio e ad andare in finale, dove però arriva la seconda sconfitta stagionale contro Djokovic. La stessa musica si ascolta a Roma: terza finale stagionale, terzo scontro con il serbo, ma stavolta arriva il trionfo, il primo per il britannico nella nostra Capitale. La splendida stagione sulla terra di Murray si chiude nell'evento principe sulla superficie, il Roland Garros: battaglie splendide con Gasquet e Wawrinka prima dell'atto conclusivo contro il solito Nole, che vince in quattro set.
Murray non si ferma, dimostra di aver superato la cupa primavera e fa molto bene anche sull'erba. Il suo giardino personale è il Queen's, dove torna a trionfare. Secondo titolo della stagione grazie alla finale vinta contro Milos Raonic. Un ottimo viatico per prepararsi a Wimbledon, il torneo di casa: le tante sconfitte anticipate e fuori pronostico creano quasi un'autostrada per Andy, il quale supera Berdych in semifinale e soprattutto Raonic in finale, in un remake del Queen's che lancia ulteriormente lo scozzese. La vetta del ranking si avvicina, nella mente e nel cuore del britannico c'è anche il titolo olimpico. Così si va a Rio con l'obiettivo di vincere, e la finale arriva: scontro bellissimo con il ritrovato Del Potro, che si arrende solo dopo quattro set al termine di uno splendido match.
Murray ha ormai innestato il turbo, inizia la seconda tranche di stagione sul cemento americano con un'altra finale, quella di Cincinnati: stavolta arriva il ko per mano di Marin Cilic, ma l'attesa è tutta per Flushing Meadows. Andy cerca l'esame di maturità, ma arriva l'inaspettata caduta ai quarti di finale. Kei Nishikori dimostra di trovarsi molto a proprio agio con il cemento newyorkese, e si impone in cinque set. La marcia di avvicinamento verso le Finals riprende a ottobre, con il quinto titolo stagionale portato a casa a Pechino: ad arrendersi in finale è Grigor Dimitrov. Il bis viene concesso la settimana successiva a Shanghai, dove Murray supera in finale un Bautista-Agut incapace di ripetere gli exploit precedenti. Proprio lo spagnolo aiuta lo scozzese a correre più veloce verso il primo posto nel ranking. Cambio della guardia che diventa ufficiale a inizio novembre. Andy nel frattempo ha vinto anche a Vienna, ma l'exploit definitivo arriva a Parigi-Bercy: sconfitti Pouille, Berdych, Raonic e Isner in finale.
IL GIOCO
Andy Murray è diventato praticamente perfetto in ogni suo aspetto del suo tennis. Lo scozzese è diventato ancor più solido da fondocampo, dimostrando di sapersi anche adeguare nel migliore dei modi allo stile di gioco dei propri rivali più agguerriti, come il tarantolato Djokovic, un Federer capace di variare il più possibile e altri avversari. E poi c'è un'efficacia sempre più alta nel gioco in avvicinamento a rete, che lo rende quasi privo di difetti.