Per decenni disputatosi sull'erba, come da tradizione della madrepatria britannica, l'Open d'Australia di tennis ha dal 1988 modificato la sua superficie di gioco, passando al rebound ace prima e al plexicushion poi (un paio di varianti del cemento tradizionale), sia per la difficoltà di curare una ventina di campi in erba per un torneo della portata di uno Slam, sia per venire incontro alle nuove esigenze del tennis, manifestatesi nell'ultimo trentennio. Via l'erba dunque, un po' come successo a New York con il trasloco da Forrest Hills a Flushing Meadows, e spazio a una manifestazione più originale, con l'obiettivo dichiarato di levarsi di dosso l'etichetta di "quarto Slam", ossia di Major meno prestigioso del calendario Atp.
Intento raggiunto solo in parte, perchè la collocazione a inizio stagione, peraltro sotto un sole cocente e temperature quasi tropicali della Melbourne estiva, ha reso gli Australian Open un torneo atipico, il più importante dei primi quattro mesi, ma anche l'unico di una certa rivelanza, con tutto ciò che ne comporta quanto a preparazione e partecipazione dei big del panorama internazionale. Eppure, in stagioni sempre più serrate come quelle contemporanee, trionfare sulla Rod Laver Arena è diventato l'obiettivo di tutti, dai grandi favoriti (si pensi ai vari Sampras, Federer, Djokovic negli ultimi vent'anni) agli outsider di lusso (su tutti lo svedese Thomas Johannson 2002, senza dimenticare i finalisti inattesi come Clement, Schuetller, Gonzalez e Baghdatis). L'ultimo quinquennio al maschile è stato dominato proprio dal serbo Novak Djokovic, attuale numero uno del mondo), trionfatore per ben quattro delle ultime cinque edizioni (aveva già vinto nel 2008 in finale contro il francese Tsonga), ad eccezione di quella del 2014, quando fu Stanislas Wawrinka a sorprendere tutti conquistando il primo Major della sua carriera. Ed è ancora Nole il grande favorito, per non dire l'esclusivo, degli Australian Open 2016, al via lunedì 18 gennaio per concludersi due settimane dopo. Reduce da una stagione praticamente perfetta, cui è mancato solo il Roland Garros per ottenere la definizione di leggendaria, il serbo sembra attualmente imbattibile, come dimostrato in tutti gli ultimi Masters 1000 disputati e nel torneo di Doha, giocato in preparazione proprio a Melbourne.
Rimangono in corsa ovviamente gli altri esponenti della ristretta elite dei Fab Four, da Federer a Nadal, passando per Murray. Lo svizzero non raggiunge però una finale a Melbourne dal lontano 2009, quando fu sconfitto dal suo rivale maiorchino al termine di una partita sportivamente drammatica (con tanto di lacrime al momento della premiazione, "God, it's killing me", la frase rotta dal pianto del fuoriclasse elvetico). Più in generale, Roger ha faticato nelle ultime sei edizioni ad esprimere un tennis consono ai suoi strepitosi standard. Ha tuttavia dichiarato che gli Australian Open sono il principale obiettivo della prima parte di stagione, e quindi è lecito attenderselo ad alti livelli, nonostante sia reduce dalla finale persa a Brisbane contro il canadese Milos Raonic. Rafa Nadal vanta invece un solo successo a Melbourne (quello del 2009, appunto), a fronte di un paio di grosse delusioni come la sconfitta in quasi sei ore di maratona contro Djokovic nel 2012 e il k.o. per infortunio contro Wawrinka nel 2014. Lo spagnolo è atteso al riscatto dopo una stagione opaca, ma le sue chances di vittoria sono limitate dallo strepitoso stato di forma di Djokovic, al momento particolarmente indigesto al mancino di Manacor. Andy Murray ha invece collezionato quattro apparizioni in finale senza mai riuscire ad alzare il trofeo, nonostante una buona attitudine alla superficie. Lo scozzese, che ha trascinato la Gran Bretagna al successo in Coppa Davis lo scorso novembre, è fermo proprio dai giorni dell'appuntamento sulla terra rossa di Gand, con una condizione atletica tutta da decifrare.
Rimangono ovviamente tutta una serie di outsider, dal già citato Raonic a Stan Wawrinka, da Tsonga a Dimitrov, passando per il giovane Kyrgios e il più esperto Berdych, tutti in corsa per un posto nei migliori otto, nella speranza di andare contro pronostico una volta giunti agli eventuali quarti di finale. L'Italtennis affida invece le sue speranze di (relativa) gloria ad Andreas Seppi (l'anno scorso grande protagonista con l'eliminazione di Federer) e a Fabio Fognini, mai convincente a Melbourne ma potenzialmente capace di garantire upset spettacolari come quello riuscitogli contro Nadal agli ultimi US Open.
Al femminile la situazione è forse meglio delineata. Serena Williams è e resta la donna da battere, nonostante qualche acciacco di troppo al ginocchio. La campionessa statunitense ha vinto ben cinque volte in Australia, l'ultima delle quali lo scorso anno in finale contro Maria Sharapova, ed è da Melbourne che ripartirà la caccia al Grand Slam negatole nel 2015 da Roberta Vinci a New York. Difficile pronosticare vincenti le due rivali più quotate, ranking alla mano, di Serenona, quali la bella siberiana e la romena Simona Halep, ritiratesi a Brisbane per problemi fisici e non al top della forma ai nastri di partenza del primo Major stagionale. Ecco dunque sbucare nuovamente Viktoria Azarenka, la bielorussa già trionfatrice nel biennio 2012-2013 e solo recentemente tornata sui suoi standard dopo un paio di annate disgraziate. Ivanovic, Wozniacki, Kerber e Kvitova completano il quadro delle contender in gonnella, mentre il primo Slam senza Flavia Pennetta costringerà le azzurre Vinci ed Errani a sobbarcarsi la responsabilità di tenere alto il tricolore dall'altra parte del mondo.