A 26 anni non è mai troppo tardi, ma neanche troppo presto. L'eterna promessa Fognini sembra essere in parte diventata realtà. Si, in parte, perchè con Fabio non si può mai dire, classico genio e sregolatezza. Un giorno nero, un giorno bianco, Dr Jekyll and Mr Hyde, per eccellenza. Nonostante ciò, il miglior tennista italiano ad oggi, numero 16 del ranking ATP, ed un grande grande talento, svelato solo in una parte infinitesimale.
Fognini è la risposta del tennis a Balotelli, due che con i piedi e la racchetta ci sanno rispettivamente fare, ma solo quando decidono loro. Quest'anno, finalmente, qualcosa si è mosso, oltre al conto in banca: il palmares. I primi due titoli ATP in bacheca, seppur 250, fondamentali per superare lo scoglio psicologico della bacheca vuota. Stoccarda ed Amburgo, terra rossa, e promessa, di Germania. Cresciuto sempre con l'appellativo di eterna promessa del movimento tennistico italiano, ha iniziato la stagione da numero 45 ATP, per il secondo anno consecutivo stabile nella top 50, per finirla al numero 16, guadagnandosi anche la candidatura a Most Improved Player of the Year.
Uno score stagionale di 42 vittorie, a fronte di 27 sconfitte, ed un bilancio negativo negli Slam, in cui il miglior risultato è il terzo turno al Roland Garros. A Parigi, infatti, perde a testa alta contro Nadal, che si aggiudicherà successivamente il titolo. Sempre in terra di Francia, a Montecarlo aveva stupito tutti Fabio, spingendosi fino in semifinale, poi sconfitto da Djokovic. La scintilla scatta lì, perchè in una settimana Fognini batte due top 10, Gasquet e Berdych, rendendosi conto di saperci fare, di poter ambire a qualcosa di più della top 50.
La crescita nel torneo monegasco è evidente, anche se nei seguenti Master 1000 di Roma e Madrid non conferma i progrssi fatti. L'esplosione definitiva avviene a luglio, nei tornei sulla terra rossa tedesca. A Stoccarda, Fabio si presenta di serie numero 5, batte prima la testa di serie numero 1 Tommy Haas e in finale il connazionale Kohlschreiber, dopo un match durato 2 ore e 11 minuti. Si accende la luce, ed è tutto un altro Fognini, sicuro nei colpi, dritto e rovescio sempre più incisivi. Soprattutto, l'atteggiamento in campo non è più lo stesso, e il torneo di Amburgo ne è la testimonianza. Infatti il momento magico prosegue, ed il primo a farne le spese è di nuovo Tommy Haas. In semifinale, è invece Almagro ad arrendersi al ligure, che in finale, a sorpresa, incrocia il giovane argentino Delbonis, che nel frattempo aveva eliminato sua maestà Roger Federer. In finale, Fabio si impone in tre set e porta a casa il secondo torneo consecutivo.
A fine mese si sposta ad Umag, in Croazia, per disputare un altro ATP 250. Sull'onda dell'entusiasmo, si spinge nuovamente fino alla finale, in cui, però, cede al redivivo spagnolo Tommy Robredo, in maniera abbastanza netta. Se dopo Amburgo aveva raggunto il suo best ranking, 19/o, al termine del torneo croato migliora ulteriormente la sua posizione, raggiungendo la 16/a piazza. Si interrompe qui la striscia magica di Fabio, che però diventa il primo italiano dopo Adriano Panatta a vincere due tornei consecutivi. Nel 1976, l'azzurro vinse in rapida successione Roma e Roland Garros.
Quando sembra tutto pronto per spiccare il volo, l'incantesimo si spezza. La stagione sul cemento americano è a dir poco disastrosa, e l'apparizione agli US Open conferma il poco feeling con i tornei del Grande Slam, eccezion fatta per Parigi. A Flushing Meadows, infatti, Fognini perde malamente dal 128 del mondo Ram, abbandonando New York al primo turno. Precedentemente, a Cincinnati, era uscito per mano di Stepanek, mentre a Montreal era stato Gulbis ad estrometterlo.
Importantissimo il lavoro di coach Jose Perlas, in grado di lavorare sugli aspetti più delicati di Fabio: quel nervosismo che spesso lo limita nel corso del march, e soprattutto la continuità, che nell'arco della sua carriera è sempre stato il vero tallone d'Achille. Infatti, Fognini non era mai riuscito a dare seguito alle grandi prestazioni, restando sempre il classico eterno incompiuto. Il semplice fatto di aver trionfato in due tornei consecutivamente è un traguardo importante, più a livello psicologico. Nonostante ciò, durante il 2013 non sono mancati i momenti di blackout, come a Wimbledon, oppure il clamoroso ultimo game del match contro Stepanek a Cincinnati, perso senza che l'avversario toccasse mai la palla.
Se riuscirà finalmente a limare queste imperfezioni caratteriali, potremo finalmente gustare appieno un talento cristallino, che serba ancora molti colpi in canna, pronti ad esplodere. Nel frattempo, ha deciso di dedicarsi al calcio, tesserandosi con il Taggia, squadra della sua città che milita in promozione. Magari, avrà talento da vendere anche con la palla tra i piedi.