Dopo l'eliminazione dalla Champions League il Napoli di Maurizio Sarri bissa anche in Coppa Italia. Nella prima uscita del 2018, davanti al pubblico amico del San Paolo, gli azzurri falliscono l'accesso alle semifinali della coppa Nazionale, dimostrando semmai ce ne fosse stato il bisogno che la testa è, fisiologicamente, da un'altra parte. Non può e non deve tuttavia rappresentare una scusa, semplicemente una spiegazione ad una prestazione scialba e sotto tono, condizionata tra le altre cose da un'Atalanta che, come al solito, mette a nudo tutte le difficoltà dei partenopei in fase di impostazione della manovra contro le squadre fisiche ed intense in pressione.
Gara perfetta quella dei bergamaschi, che soffrono nel primo tempo i movimenti di Callejon, finto centravanti, e le folate azzurre, sebbene queste ultime risultino spesso poco efficaci una volta scollinati oltre la trequarti offensiva. Berisha di fatto si nota soltanto sul sinistro dell'iberico e nello sbrogliare l'ordinaria amministrazione; il lavoro sporco ma di fondamentale importanza nell'ottica della gara lo svolgono i due incontristi di centrocampo e Cristante nel ruolo di trequartista a protezione della mediana. Il terzetto di Gasperini limita la produzione offensiva del Napoli schermando alla perfezione le trame dei partenopei, limitandole con la solita fisicità ed agonismo, armi che gli azzurri soffrono spesso.
Diawara stenta a prendere in mano le redini del gioco, così come l'azione raramente parte dalle retrovie, con Koulibaly e Chiriches spesso invogliati al lancio lungo o all'apertura sugli esterni dove sia Mario Rui che Hysaj risultano spesso poco produttivi. Rari anche i guizzi oltre la metà campo di Hamsik e degli esterni: Zielinski trova raramente la posizione, Ounas ci prova ma non crea mai la superiorità, fatta eccezione per il cross sul quale il polacco non trova la deviazione vincente ad un passo da Berisha (estemporanea). Di contro i bergamaschi restano coesi e compatti, stretti tra le linee, ripartono con efficacia e con un fraseggio che fa allungare i reparti azzurri: tutto ciò che risulta spesso indigesto ai campani. La trama si ripete in avvio di ripresa, con Sarri che fiuta il cambio di rotta dell'inerzia della gara e manda immediatamente a scaldare Insigne e Mertens.
Nemmeno il tempo di mettere piede in campo che i piani del tecnico toscano vengono rovinati dalla ripartenza bergamasca: Chiriches è impreciso - in collaborazione con Mario Rui - in chiusura, Gomez rifinisce, Castagne chiude. La reazione attesa dal Napoli non arriva: la manovra è fumosa, l'Atalanta invece appare brillante e legittima sia in fase di possesso che di recupero della sfera. La sensazione è che, nonostante l'ampissimo turnover, gli azzurri non abbiano la giusta e necessaria concentrazione per provare a ribaltare la sfida, ma si lascino trasportare dagli eventi della gara senza provare a modificarli in alcun modo. La fotografia della gara è nel raddoppio della Dea, micidiale in ripartenza con il furetto argentino che, ancora una volta, mette in imbarazzo il centrale rumeno azzurro: nell'inciampare dell'ex Tottenham c'è la partita del Napoli, abulica, spenta, priva di mordente e di cattiveria agonistica. Il raddoppio chiude i giochi.
Sconfitta che deve far riflettere Sarri, soprattutto in vista della gara di campionato dell'Atleti Azzurri d'Italia in programma tra tre settimane, alla ripresa della sosta. In quel caso sicuramente l'approccio mentale alla gara del Napoli sarà differente, ma ciò che (anche) questa gara ha insegnato ai partenopei è che i bergamaschi sanno come far male agli azzurri, come limitarne l'operato e mettere in costante difficoltà la difesa di Sarri. Azzurri rimandati, soprattutto perché perdere non fa mai bene, in assoluto: riscattare una sconfitta, in qualsiasi competizione la si rimedi, è sempre compito arduo. Al tecnico toscano ed alla maturità del gruppo il compito di lasciarsi alle spalle le scorie di un'altra deludente eliminazione.