Il bicchiere è mezzo pieno. Stavolta sì, nonostante gli stessi rimpianti che il Napoli si porta dietro dalla trasferta di Donetsk. La conferma arriva direttamente dalle parole di Pep Guardiola che in conferenza stampa rende ancora omaggio e merito agli ospiti: "Il Napoli è eccezionale. E' una delle migliori squadre che io ho affrontato da quando sono allenatore. Sono felice per la grande prestazion, altrimenti è impossibile vincere". Due partite disputate in Europa lontano dal San Paolo, due sconfitte di misura, ma di valore e di peso diametralmente opposte. Se dall'Ucraina la squadra di Maurizio Sarri era tornata in Campania con il muso lungo, stavolta al di là di qualche rimorso ed un pizzico di rabbia, la sensazione è quella di aver dato del filo da torcere ad una delle migliori squadre europee.
Il Manchester City di Guardiola, ad oggi, è di un livello superiore al Napoli visto ieri sera e non solo, soprattutto a quello impaurito e fin troppo riverente della prima mezz'ora. La reazione, d'orgoglio e di carattere, del prosieguo della sfida, fa però ben sperare per il futuro partenopeo. Riavvolgendo il nastro, l'avvio di gara è tuttavia shockante. Ad un inizio accorto ed equilibrato in fase di non possesso, fanno immediatamente seguito una serie di errori non da Napoli, i quali spianano la strada al successo inglese.
Nella valutazione generale della prima mezz'ora dei partenopei concorrono svariate concause, che si intrecciano e come spesso accade nel fondersi generano il risultato conclusivo: in primis c'è da considerare la riverenza con la quale gli ospiti scendono in campo; persino contro il Real Madrid, al Bernabeu, l'impatto non era stato così devastante, frutto probabilmente anche delle smodate parole d'elogio di Sarri alla vigilia nei confronti dei rivali. Inevitabile, ma non deve rappresentare una giustificazione nella maniera più assoluta, il condizionamento che il campionato e l'importanza della sfida di sabato contro l'Inter ha avuto sui protagonisti e su Sarri in primis, il quale resta vittima di un pizzico di incoerenza con quanto dichiarato alla vigilia della gara. Infine, in ultimo ma non per questo meno importante, il Manchester City visto nei primi minuti è una macchina da guerra inarrestabile: a quei ritmi, indemoniati, i Citizens fanno letteralmente gara a parte, contro chiunque; pressing smodato, qualità di palleggio e fraseggio celestiali, inserimenti e timing delle giocate perfetti. Il centrocampo del Napoli diventa un agnellino sacrificale, gira a vuoto, non tocca mai la palla, non detta mai i tempi della pressione e, non avendo il possesso della sfera, del gioco. Il City gioca a fare il Napoli, che inevitabilmente ci capisce poco o nulla. Manca il cinismo, l'essenzialità, perché se alla mezz'ora i padroni di casa non sono sul 4-0 un paio di domande Guardiola deve farsele.
L'incapacità di chiudere la sfida, mista ad una eccessiva rilassatezza mentale, lascia aperta la porta al ritorno del Napoli, abile sì nello scuotersi dopo mezz'ora di impasse totale. Un paio di sortite offensive fanno calare drasticamente il baricentro della pressione inglese, favorendo l'uscita palla al piede dalla difesa napoletana. Ne beneficia Insigne, che in collaborazione con Ghoulam confeziona le migliori offensive dei ragazzi di Sarri. Il rigore fischiato per fallo su Albiol suona come una sveglia, come un monito che gli alieni sono vulnerabili: l'errore di Mertens è la fotografia del Napoli del primo tempo; impaurito, riverente, timoroso. L'onta della cantonata potrebbe affondare definitivamente la squadra, la quale invece si fa forza nel momento di maggiore bisogno dimostrando - qualora ci fosse bisogno di ulteriore segnale - che l'unità e la coesione, mentale prima ancora che tecnica, probabilmente è stata raggiunta.
Il Napoli inizia a giocare da Napoli, sfrutta le amnesie strutturali di un Manchester City che inevitabilmente non poteva tenere i ritmi imposti alla contesa per tutti i novanta minuti. I partenopei mettono la testa fuori dal guscio, riconoscono le possibilità di far male ai sudditi della regina e si sciolgono definitivamente, seppur in colpevole ritardo. La ripresa conferma questo trend, con l'inerzia che pian piano sembra spostarsi dalla parte dei napoletani anche se il vantaggio del City resta solido e raramente in discussione. Gli inglesi stentano a tenere in mano il pallino del gioco, colpiscono o quantomeno ci provano in contropiede - Reina e la difesa salvano in un paio di occasioni - senza però quella padronanza necessaria per mettere in ghiaccio il risultato. La gara si riapre, prima del rigore di Diawara, nella testa di Allan e compagni: il brasiliano suona la carica, macina e ara il terreno di gioco, recupera palloni su palloni e cambia faccia alla gara. Con Ghoulam è il migliore dei viaggianti. Il City trema, barcolla, ma resiste, approfittando del calo fisico dei partenopei nel quarto d'ora finale. Paradossalmente - ma fisiologicamente comprensibile - la sfrenata ospite si esaurisce al momento del gol di Diawara, glaciale dal dischetto contro Ederson.
L'epilogo è chiaramente negativo, ma ciò che il Napoli deve far proprio da questa spedizione in terra inglese è l'ennesimo attestato di stima e di consapevolezza nei propri mezzi. La rabbia, di Mertens e più in generale quella del gruppo intero, deve tramutarsi in carica positiva in vista delle prossime gare, così come lo è stato in passato quando gli azzurri sono usciti sconfitti con rimpianti e rimorsi dalla doppia sfida contro il Real Madrid. Passaggi di crescita fisiologici, che inevitabilmente serviranno a forgiare ancor di più il carattere di una squadra che non ha sfigurato al cospetto di una delle candidate al successo finale. Il bicchiere, come detto, è assolutamente pieno.