'Na cosa grande. Non sarà stata la musa ispiratrice di Domenico Modugno, ma questo Napoli, quello di Maurizio Sarri, sembra sempre più grande. L'ottava vittoria in campionato assume le prime sembianze di una spallata forte e decisa al campionato, inferta ai diretti rivali nel giorno più importante da inizio stagione. L'occasione è di quelle ghiotte, tre scontri diretti oppongono le prime sei della classe anche se i partenopei devono fronteggiare una Roma di rimonta, la quale sembra portare in seno quella serpe in grado di infliggere il primo stop stagionale ai partenopei. Invece no, nemmeno i giallorossi trovano le chiavi giuste per opporsi, travolti dall'azzurro napoletano sempre più brillante, sempre più vincente. Otto di fila e, complice lo stop interno dei bianconeri, più cinque sui bianconeri, capitolini a meno nove. La spallata è di quelle imponenti. 

Gli ordini di Sarri dalla panchina - Foto Ssc Napoli

Di ritorno dalla sosta per le Nazionali l'approccio alla gara, soprattutto se di questa importanza, è sempre di difficile comprensione, di complessa risoluzione, anche perché i padroni di casa non perdono tempo nel rompere gli indugi, pressando alti e provando a diventare i cacciatori prima ancora che la preda. Il primo quarto d'ora degli ospiti è di lettura, di strategia. La capacità nuova del Napoli è quella di potersi gestire questi momenti con relativa serenità, senza abbassarsi troppo nella propria trequarti e subire l'impeto della sfuriata rivale. Così è, prima di comprendere il da farsi e mettersi al lavoro. Il direttore d'orchestra entra in scena, si prende il palcoscenico e dirige l'opera: Jorginho, nonostante la marcatura a uomo di Nainggolan, detta a meraviglia i tempi, si carica la squadra sui piedi e disegna le trame che permettono ai partenopei di risalire la china, far abbassare la Roma sul terreno di gioco alimentandone dubbi ed incertezze. 

La prima stilettata arriva sull'asse Hamsik-Insigne-Mertens, tutta di prima, tutta nello stretto, con la linea difensiva giallorossa che mostra i primi segnali di cedimento e di mancanza di coordinazione. Manolas e Juan Jesus barcollano, perdono i riferimenti, vengono graziati dal belga, non dal Magnifico qualche secondo più tardi. L'aiuto di De Rossi, in tal senso, diventa decisivo, anche se la pressione del Napoli stava iniziando a diventare ossessiva. Il vantaggio spiana la strada ad Hamsik e compagni, perché la Roma non si scuote, subisce il colpo, non lo digerisce, anzi. L'ansia da prestazione e l'incapacità di riprendere il filo del discorso lasciano campo libero agli azzurri, che legittimano sciorinando il solito calcio: l'asse mancino è devastante, Ghoulam ara la fascia laterale, Insigne è un enigma costante per la retroguardia romana; manca qualcosa, manca la brillantezza di Hamsik e di Mertens, fini dicitori ma poco risolutori nel momento di quagliare.  

L'esultanza del Napoli dopo il gol di Insigne - Foto Ssc Napoli

La differenza tra le squadre è palese, di maturità e di testa, prima ancora che tecnica o fisica. Lo riconoscerà Di Francesco a fine gara, nonostante l'insufficienza del Napoli nel chiudere la gara quando la Roma è stata in ginocchio a cavallo tra primo e secondo tempo. L'intervallo infatti non cambia l'inerzia della gara: un paio di volte il capitano slovacco, prima di uscire dal terreno di gioco stremato, poi Mertens ed Insigne sprecano, lasciando la porta aperta al ritorno dei capitolini. La pecca di serata, probabilmente l'unica, è questa. Un peccato di gola, il quale non macchia la prestazione nel complesso - nonostante non sia stata una delle versioni più brillanti del Napoli di questa stagione - ma rischia di compromettere il risultato finale. Ciò nonostante, la nuova solidità dei partenopei la si nota anche nel riconoscere, nel momento di maggiore difficoltà dal punto di vista fisico, la necessità di soffrire. Il Napoli soffre, ma lo fa da grandissima squadra, oramai matura. 

Koulibaly ed Albiol alzano il muro, Dzeko annaspa, viene travolto dall'uragano senegalese-spagnolo; Hysaj e Ghoulam si stringono attorno ai propri compagni di squadra, lasciando poco e nulla ai diretti avversari. Perotti prova a scuotere i suoi, in collaborazione con Kolarov e la mancanza di lucidità del terzetto della catena di destra partenopea - Hysaj-Allan-Callejon - ne facilita il compito. La squadra di Sarri abbassa fin troppo il suo baricentro, sfinita fisicamente e mentalmente; il toscano mischia le carte, prova a dare linfa ed energia alla mediana, ruolo e reparto nevralgico delle sue fortune e barometro della contesa; Fazio sfiora il gol, lo stesso fa Dzeko. Reina risponde presente ancora una volta, dando un calcio definitivo a quelle chiacchiere da bar che ne hanno accompagnato l'avvio di stagione. Il Napoli tutto risponde da squadra, si stringe attorno al vantaggio, lo difende con cura e con parsimonia, senza ferire quasi mai colpo dalla parte opposta. 

Reina osserva la girata di Dzeko baciare la parte alta della traversa - Foto Ssc Napoli

Il fischio finale è liberatorio, ha il sapore di impresa, la seconda sul manto erboso capitolino. In pochi potranno ottenere questo bottino dalla doppia trasferta romana, motivo per il quale il Napoli appare così raggiante, al di là dell'ottava vittoria consecutiva centrata e del vantaggio acquisito in classifica. Facile essere facili profeti in momenti di esaltazione pura, dopo tredici vittorie in campionato ed una serie oramai infinita di risultati positivi tenendo conto anche del crepuscolo della passata stagione, ma risulta altrettanto impossibile non negare l'evidenza di ciò che sta accadendo. La sensazione, ben oltre i numeri ed i record macinati o dell'aspetto estetico del gioco offerto, è che questo Napoli è 'na cosa grande.