In casa Napoli non c'è finale di stagione dove l'autolesionismo estremo non si mischi alle vicende sportive della rosa, spesso indissolubilmente condizionandone i risultati della squadra. Se gli azzurri sembravano poter viaggiare indisturbati da voci e polemiche - fatte le dovute eccezioni per i ronzii provenienti dai rinnovi contrattuali che quest'anno non hanno minato la salute del gruppo - verso la corsa all'accesso diretto alla Champions League, ecco che anche quest'anno arriva improvvisa la solita zappa sui piedi, stavolta auto-inflitta dagli stessi protagonisti del teatrino partenopeo. 

Se in principio tutto è nato dalle dichiarazioni del patron De Laurentiis di metà settimana, dove il numero uno del sodalizio campano lanciava un invito al tecnico toscano proponendogli di diventare il nuovo "Ferguson del Napoli", con un'affermazione che sembrava poter essere un invito a proseguire a braccetto per il futuro, è arrivata ieri, in conferenza stampa, una risposta di dubbia prosecuzione del rapporto di lavoro da parte dello stesso Sarri, che ha dato il là alla classica sceneggiata partenopea.

"Solo De Laurentiis ha avuto le palle ed ingaggiarmi. Sia chiaro, nel prossimo contratto voglio arricchirmi (sorride)".

Dallo scherzo, da una frase lanciata lì a mo' di provocazione, da contestualizzare per quel che riguarda la domanda offertagli e del lasso temporale a cui il tecnico si riferiva, si è passati alla polemica. Puntuale, seccata, è arrivata la risposta del presidente De Laurentiis, al quale sarà stata offerta la versione nuda e cruda della risposta del suo tecnico, in apparenza apparsa come una 'chiamata a denari' da parte del diretto interessato. 

"Già l’anno scorso ha avuto uno scatto molto elevato da lui richiesto e concordato con me. Per il prossimo contratto, quando sarà scaduto quello in essere, assolutamente verificheremo quanti scudetti avrà vinto, quante volte saremo arrivati in finale e se avremo vinto qualcosa in Europa, e sarà giusto dargli quel che merita".

La verità sta nel mezzo, come spesso accade. L'uscita di Sarri, spiacevole, inappropriata quanto inadeguata per tempi e modi, ha confermato la scarsissima propensione del tecnico toscano all'ars oratoria, alla comunicazione, soprattutto nei momenti scottanti della stagione. Semmai il tecnico avesse voluto chiedere un aumento del suo ingaggio - rinnovato la scorsa estate - avrebbe necessariamente dovuto farlo in separata sede, come nella normalità delle cose. L'ennesima buccia di banana messa sul cammino di maturità al di fuori del terreno di gioco del Napoli ha fatto sì che i protagonisti stessi vi scivolassero senza un minimo di raziocinio, lasciandosi prendere dalla scarsa lucidità e senza riuscire un minimo a smorzare i toni. Il tutto, alla vigilia di una trasferta, quella di Torino, tutt'altro che semplice da affrontare. 

Come detto, tuttavia, le parole del tecnico toscano vanno interpretate all'interno di un discorso molto più generale, ampio, soprattutto dal punto di vista temporale: Sarri non ha chiesto, rispondendo al cronista, un aumento di ingaggio al termine della stagione in corso, tanto meno ha posto delle condiciones senza le quali interrompere il suo percorso sulla panchina della società partenopea. La motivazione familiare, unita a quella di un futuro remoto nel quale il tecnico toscano dovrà firmare uno degli ultimi contratti della sua carriera ha spinto il tecnico a spostare l'attenzione della stampa su una frase che, in altri lidi, non sarebbe nemmeno stata presa in considerazione. La scarsissima abilità delle parti, incapaci in questo caso - come in tantissimi altri - a prevenire prima di curare, ha dato il là al processo di polemica preventiva, scatenando in primis la reazione del patron De Laurentiis. 

Un modo tutt'altro che ideale e sereno per affrontare al meglio la trasferta in terra granata, prima ancora di ospitare la Fiorentina e di volare a Marassi per chiudere al meglio una stagione che, fino a questo punto, sembrava poter essere propedeutica ad una ulteriore crescita, mentale oltre che tecnica, dell'assetto societario prima ancora di quello strutturale della rosa. Ed invece, la seconda buccia di banana stagionale - per la prima riavvolgere il nastro tornando al post partita a dir poco rovente del Santiago Bernabeu - arriva puntuale al crepuscolo di una stagione estenuante, dove i protagonisti in causa non sono riusciti a mantenere serenità e lucidità, perdendo ancora di vista il nocciolo della questione, il bene comune che dovrebbe spingere il tutto verso i tanto agognati successi. Dagli errori si impara, a Napoli però sembra l'opposto. Un autolesionismo estremo, una gara a chi si butta la zappa sui piedi con maggiore veemenza, il cui primato è stato messo in dubbio in stagione soltanto da Luciano Spalletti. Anche stavolta, sarà per la prossima volta.