Ci risiamo. Stadio Sant'Elia di Cagliari, nell'ultimo minuto della sfida tra padroni di casa e Pescara, Sulley Muntari ha deciso di abbandonare il campo di gioco anzitempo a causa degli insulti razzisti ricevuti dal pubblico per tutta la durata della sfida. Un episodio che, purtroppo, non è nuovo al nostro calcio come dimostrano i casi di Koulibaly contro la Lazio ed Eto'o, sette anni fa, proprio a Cagliari per ironia della sorte. Ricostruendo l'accaduto con ordine, Muntari si lamenta, nel corso della partita, più e più volte con il direttore di gara Minelli, che invece lo ammonisce senza dare ascolto alle proteste del giocatore a causa di quegli ululati che non hanno bisogno di aggettivi per essere qualificati.
Inoltre, quando manca un solo minuto alla fine della partita, il giocatore ghanese abbandona volontariamente il terreno di gioco, sbraitando con l'arbitro e indicando più volte con il dito il suo colore della pelle. A fine partita queste le sue parole a Premium Sport: "Avete visto tutti quello che è successo. I tifosi facevano i cori durante il primo tempo. C'era un bambino piccolo che li faceva con i genitori vicino. Allora sono andato lì e gli ho detto di non farlo. Gli ho dato la maglia, per insegnare che non si fanno queste cose. Serve dare esempio per farli crescere bene. Poi nel secondo tempo è successo con la loro curva e ho parlato con l'arbitro. E lì mi ha fatto inc... Mi ha detto che non dovevo parlare con il pubblico. Gli ho chiesto se aveva sentito. Ho insistito dicendogli che doveva avere il coraggio di fermare la partita. L'arbitro non serve solo a stare in campo e fischiare, deve fare tutto. Anche sentire queste cose ed essere da esempio".
Prima di Muntari anche Zeman aveva espresso la sua opinione in conferenza stampa: "Muntari ha abbandonato il campo per i cori razzisti, ma non dobbiamo farci giustizia da soli. Facciamo tante chiacchiere e poi ci si passa sopra. Si parla tanto di razzismo, oggi è successa questa cosa a Muntari che gioca in Italia da diversi anni. Vogliamo che cambi la mentalità".
Infine, il comunicato del Cagliari da parte del vice presidente: "Dalla panchina abbiamo assistito all’alterco verbale di Muntari con il direttore di gara. Abbiamo poi capito che si era verificato uno scambio di battute tra il calciatore e qualcuno sugli spalti per questioni relative a frasi ingiuriose. A fine gara abbiamo ascoltato le dichiarazioni del calciatore, che ha lamentato di essere stato fatto oggetto di cori razzisti e di aver avuto una discussione con l’arbitro che lo aveva invitato a non parlare con i tifosi durante la partita. Noi dalla panchina non abbiamo sentito cori razzisti né ritengo li abbia sentiti l’arbitro addizionale che è posizionato proprio davanti dalla curva e che, infatti, non ha preso nessuna iniziativa né penso abbia comunicato qualcosa di determinante al direttore di gara, che non ha preso alcun provvedimento. La tifoseria del Cagliari non è razzista: lo dicono la nostra rosa, la nostra storia e tradizione. Detto questo, chiaramente la Società condanna fermamente ogni forma di razzismo e di violenza".
Un episodio da condannare fermamente visto che non è il primo e non sarà l'ultimo purtroppo. Il calcio, come ogni sport, deve divertire, far sorridere, unire e non dividere creando barriere inutili da parte di chi ha poco cervello. Anzi, non ce l'ha proprio.