34 anni, 22 presenze e 10 gol in Serie A quest'anno. Questi i dati della stagione giocata fin qui da Marco Borriello, ai quali va aggiunta una voglia matta di continuare a segnare e stupire i tifosi cagliaritani. 
Una storia d'amore, quella con la Sardegna, iniziata il 3 agosto dell'estate 2016, quando il presidente Tommaso Giulini gli propose un contratto annuale con opzione per il secondo anno. Inizio col botto, qualche partita di sofferenza contro le big, per poi tornare decisivo da fine dicembre in poi.

Intervistato dai colleghi della Gazzetta dello Sport, Borriello ha risposto così ad alcune domande postegli, iniziando dalla sfida dell'ex contro la Juventus, in programma domani sera al Sant'Elia: "Alla Juve sono stato poco e ho imparato tanto. Sei mesi mi hanno regalato uno scudetto che sento mio al di là del “famoso” gol di Cesena, mi hanno permesso di conoscere lo spessore umano di Conte e fatto capire “da dentro” perché dominano da anni: rivinceranno lo scudetto, possono perderlo solo loro. E’ un club che sa riconoscere il talento, non sbaglia quando compra giocatori, costruisce con razionalità: squadre che hanno gambe e cervelli così, e ce ne siamo accorti all’andata. Arrivavamo da un 3-0 all’Atalanta, sull’entusiasmo siamo andati a giocarcela alla pari e con loro non si può. Quattro pappine e a casa, domani quel ricordo ci servirà".

Il centravanti parla poi dei famosi gol dell'ex: "Per forza mi riescono meglio: sono ex di quasi tutte! Il gol che mi ha dato più gusto? Al Milan con la Roma: ce l’avevo ancora con Galliani, non con i tifosi rossoneri anche se mi massacravano di cori, e fu un segno del destino, il pallone mi andò a sbattere sullo stinco. Ma anche segnare alla Juve non fu male: con il Genoa e poi con il Carpi, il giorno che Allegri si strappò la giacca di dosso". 

Arrivato in Sardegna solo ad agosto, il legame col Cagliari e la sua storia ha origini lontane, fin dal mito di Gigi Riva: "Paragoni con Gigi Riva? Il primo a dirmelo fu Boninsegna, nelle nazionali giovanili: “Sai che assomigli a Gigi Riva?”. Per un sacco non ci ho pensato, per me Riva era un mito in bianco e nero, il nome che vidi in cima al tabellone dei marcatori azzurri il giorno che entrai a Coverciano: 35 gol. Poi arrivo a Cagliari, il suo regno, e la gente cosa mi dice? “Assomigli a Riva”. Non subito: gli scettici ci sono sempre, ma credo di aver conquistato anche loro". Qualche parola poi sulla sua situazione al Cagliari: "Ora al Cagliari sto da re, anche perché avverto una bellissima energia intorno: ho un contratto fino al 2018 se ci salviamo, non mi sento certo a fine carriera e se è per me non mi muovo. Sempre che vada bene anche al presidente Giulini".


Il centravanti napoletano parla poi di allenatori, soffermandosi su quelli più importanti all'interno della sua articolata carriera: "Ancelotti mi ha fatto debuttare in A, con Leonardo mi sono divertito, Gasperini è stato un grande insegnante di calcio, Rastelli mi sta regalando una seconda giovinezza e mi ricorda Allegri, ma umanamente è Conte quello che mi ha dato di più. Perché alla Juve ero un uomo in difficoltà e mi ha aiutato. Avevo i tifosi contro: fischi, striscioni, 'Mercenario senza onore e dignità', malumore dallo stadio fin dentro lo spogliatoio. Allora fece una gran cosa: organizzò un incontro pacificatore. Lui, io e due capi tifosi, per spiegargli che non avevo mai rifiutato la Juve. A lui credettero, e fu tregua all’improvviso"

Chiude analizzando il suo possibile futuro al termine della sua carriera da calciatore: "Sempre nel calcio, ma non so quale. Di sicuro non farò l’allenatore: è da quando avevo 14 anni che rispetto regole e orari, controllo cibo e sonno, faccio vacanze solo a Natale e a giugno. Basterà così, quando deciderò di smettere. Magari faccio il procuratore, o il consulente: credo di avere occhio per il talento”.