Dal Cittadella al Real Madrid, tutto in poco più di dieci lunghissimi anni. Ripercorrere tutte le tappe della scalata del suo Napoli non è semplice, ma Aurelio De Lauretiis, ai microfoni di BeIn Sports, ci ha provato, sottolineando le difficoltà, i successi e le fatiche di un percorso ricco di soddisfazioni, sebbene queste ultime uniscano e dividano tutt'ora parte del pubblico partenopeo sulla bontà dell'operato dell'imprenditore cinematografico romano.
“E’ un po’ complicato parlare della mia entrata nel mondo del calcio. Quando pagai i 32 mln ebbi un pezzo di carta, e dove erano i giocatori? La squadra? Il centro sportivo? Lo stadio di proprietà? Mi dissero che quella era una città ferita a morte, una città piegata su se stessa, dove lo stadio appartiene al comune ed il Comune sono 30 anni che non fa un lavoro nello stadio. Mi dissero perché dissero che mi venivano incontro, mi facevano partire dalla Serie C invece che dalla Serie D. Cosi cominciò la mia esperienza, da Hollywood comincia ad andare su tutti i campi di serie C".
Dalla Serie C, dai campi di Gela e Martina Franca, al Santiago Bernabeu. Un volo impensabile soltanto dieci anni fa, costruito con pieno merito e con straordinaria programmazione. Il patron sottolinea così l'importanza della sfida, prima di guardare all'aspetto della fame che potrebbe favorire gli azzurri: "Abbiamo giocato contro il Barcellona nel famoso ‘Gamper’, una seconda volta a Ginevra d’estate. Non mi era mai capitato di giocare contro il Real Madrid. Secondo me nessuna squadra è imbattibile, sono molto le circostanze che determinano il risultato della partita. Il Napoli è cresciuto molto in questo anni, è l’unica squadra italiana che da sette anni gioca in Europa, credo che la Juventus siano cinque anni. Il fatturato che fa il Napoli è forse un quarto di Real Madrid, Manchester City o Manchester United, ha più fame del Real Madrid che ha vinto di tutto e di più, e che in fondo viene dall’essere il campione della scorsa stagione. Se il Real Madrid dovesse perdere lo scettro, ed anche se dovesse battere il Napoli non è detto che poi riuscirebbe a vincere ancora, non sarebbe un dramma. Per il Napoli vincere sarebbe un atto eroico".
Un atto eroico, un'impresa titanica, contro i campioni d'Europa in carica. Il presidente azzurro prosegue con una battuta che però fotografa al meglio l'importanza che assumerebbe questo passaggio del turno: "Se il Napoli vince contro la Juventus andata e ritorno, se dovessimo passare il turno contro il Real Madrid, varrebbe tutta l’annata. I ragazzi saranno carichi di entusiasmo, il pubblico ci accompagnerà, i tifosi saranno alle stelle ed è quello che mi fa piacere. Regalare sogni è quello che viene nel mio Dna da produttore cinematografico".
Tra i tanti argomenti trattati, anche quello annoso dell'addio di Higuain e dello stadio, con De Laurentiis che prosegue così: "Io non voglio andare allo stadio perché è fatiscente, ma io ho detto che lo stadio è una toilette sporchissima, utilizzando un termine molto più volgare. Ormai con la nuova tecnologia lo stadio si è virtualizzato. I giovanissimi che sono abituati a giocare sul web con i computer e le maschere tridimensionali, non hanno quella capacità di resistenza per un’ora e quarantacinque compreso l’intervallo. Vogliono vedere le sintesi, vogliono interagire, e per farlo vogliono degli strumenti tecnologici adatti. Il mondo del calcio e dei tifosi è in grande trasformazione, anche gli stadi di calcio che una volta venivano concepiti come l’Allianz Arena o i grandi stadi inglesi non hanno più senso, perché noi tra dieci anni avremo degli stadi come teatri da 10-15-20 mila posti".
E sull'addio Pipita, il numero uno partenopeo svela anche ulteriori dettagli, riguardanti un malessere che oramai sembrava insostenibile anche con i compagni di squadra: "Higuain ha una famiglia straordinaria, divisa in due bilance: una bilancia che è più sentimentale, rappresentata dal papà e dallo stesso Higuain, ed una bilancia più commerciale rappresentata dalla mamma e dal figlio Nicolas. Ci siamo incontrati con papà e Nicolas esattamente nella stessa postazione dove abbiamo fatto il primo contratto all’aeroporto di Venezia. Nell’estate del precedente l’ultima stagione che ha giocato con noi, feci la proposta di innalzamento di uno stipendi già alto per Gonzalo. Di fronte alla mia proposta il papà ed il fratello si ritenevano sufficientemente soddisfatti. Verso il mese di gennaio ha cominciato a dire ‘tu non hai una squadra forte’, allora io rispondevo sempre ‘è strano, tu non hai fiducia in tuo fratello e lo offendi’. Lui mi disse ‘no ma lui non vuole giocare con tizio’ ed era un giocatore straniero che sta militando ancora con noi e sta lavorando benissimo, e poi mi disse non vuole giocare neanche con caio".
Infine, inevitabile anche un passaggio su Maurizio Sarri, dalla sua scelta ai suoi modi di fare: "Quando io ho scelto Sarri c’è stata la rivoluzione in città. Con lui c’è una forte sintonia, la diversità dove sta: io sono napoletano, lui è nato a Napoli e si è subito trasferito in Toscana. Io ho fatto molti film con i toscani, sono molto arguti ma si sentono anche i migliori del mondo. Sono dei lupi solitari, non vogliono condividere con gli altri la loro nobiltà, forse perché hanno inventato la lingua italiana e si sentono dei super italiani ad oltranza. Lui è uno stakanovista ma ha in testa solo il calcio, non pensa alla moglie o agli amici, pensa solo al calcio. Per lui è una piacevole tortura".