Hamsik non è Lavezzi, non è Cavani, non è Higuain. Marek Hamsik non gioca con la garra dei sudamericani e non è appariscente nelle sue uscite pubbliche. Hamsik non è l'uomo dai mille tweet. Hamsik è il capitano silenzioso di una squadra che gira a mille all'ora, reduce da 10 vittorie e 2 pareggi nelle ultime 12 uscite. Con la partita di ieri, lo slovacco ha raggiunto quota 109 gol con la maglia del Napoli, confidando di raggiungere il record di 115 appartenente al Pibe de Oro in questa stagione o nella prossima, come ha lui stesso confermato nelle interviste del post- match, ribadendo la sua voglia di rimanere nel ventre del san Paolo.
Marekiaro- Perché Marekiaro, com'è comunemente chiamato alle pendici del Vesuvio, non ha mai espresso la volontà di allontanarsi dalla società che lo prese da ragazzino, strappandolo al Brescia grazie alla più geniale intuizione dell'allora direttore sportivo Pierpaolo Marino, per costruire intorno a lui un progetto a lungo termine. Lo slovacco ha visto passare tanti compagni e allenatori, senza mai dire una parola fuori posto che potesse generare malumore nello spogliatoio. In una recente uscita il Matador Cavani che insieme a lui e al Pocho Lavezzi componeva la premiata ditta dei Tre Tenori lo ha definito come un fuoriclasse. Proprio agli ordini di Mazzarri, dopo un avvio sfavillante durante la gestione Reja, Hamsik riporta il Napoli in Champion's League dopo anni di assenza e lotta con il Milan di Ibrahimovic per la conquista dello scudetto, poi perso proprio nella trasferta a San Siro. Il tecnico di San Vincenzo ne intuisce le doti da grande centrocampista e lo piazza alle spalle dei due sudamericani, garantendosi gol a grappoli grazie alle innate capacità d'inserimento dello slovacco.
Il buio- Proprio per il suo carattere schivo e diverso dalla maggior parte dei calciatori professionisti, pur essendo riconosciuto come potenziale fuoriclasse, Hamsik, prima di diventare capitano degli azzurri, ha dovuto combattere con lo scetticismo dei tifosi. Si diceva che fosse bravo sì, ma che nelle partite decisive si tirasse indietro e non riuscisse ad essere mai trascinante. Lo slovacco soffre quest'epiteto per tutta l'era Benitez, tre anni nei quali viene incomprensibilmente messo da parte dall'allenatore spagnolo che, pur difendendolo pubblicamente a mezzo stampa, lo rende il giocatore più sostituito della Serie A. Hamsik si intristisce e pensa ad un addio doloroso, ma necessario per poter proseguire verso la ricerca di traguardi da protagonista.
La rinascita e il sarrismo- Tuttavia, l'addio non sarà quello dell'attuale capitano del Napoli. Ad andarsene è Rafa Benitez, attratto dalle sirene madrilene, e De Laurentiis sceglie per guidare la squadra Maurizio Sarri. Fin dalle prime uscite della nuova gestione tecnica appare chiara una cosa: Marek, come direbbe qualcuno dalle parti della capitale, è di nuovo al centro del villaggio. Il gioco dell'allenatore toscano sembra costruito su misura sulla mezz'ala slovacca che, in un centrocampo a tre con un vertice basso a coprirgli le spalle, ha la facoltà di offendere con i suoi famigerati tagli, ma impara anche a ripiegare in fase difensiva, sacrificio a cui era stato lungamente restio nella permanenza a Napoli. Il resto lo fa la sua ineguagliabile tecnica di base: insieme a pochi altri è in grado di calciare con il piede destro ed il sinistro senza che lo spettatore noti la differenza, il tutto condito da una stazza tale da renderlo temibile anche nel gioco aereo.
Se la prima stagione con Sarri è positiva, quella attuale si sta trasformando nella miglior annata del capitano. Finora è entrato in ben 16 gol del Napoli, mettendo a segno 9 reti e realizzando 7 assist per i compagni. Si è scrollato di dosso l'etichetta di giocatore mai decisivo siglando il gol del pareggio nella trasferta europea di Istanbul con un sinistro da fuori area che ha, in buona parte, deciso favorevolmente le sorti degli azzurri nella competizione continentale. E poi si arriva alla serata di ieri. La prima marcatura dopo appena 2 minuti, con un volo d'angelo a mettere il pallone sul secondo palo. Le altre due sfruttando gli spazi derivanti dalla doppia espulsione comminata alle squadre dall'arbitro Massa, con due destri al fulmicotone diretti all'incrocio dei pali.
Marek non è argentino né spagnolo. Non mangia l'asado e non ama la vita notturna. Vive vicino al campo di allenamenti e si gode la sua famiglia. Marek, alla vigilia dei trent'anni che compirà la prossima estate, ha un sogno, ben più grande del raggiungere il record di gol di Maradona: arrivare col Napoli, una squadra totalmente diversa rispetto a quella in cui arrivò nel lontano 2007, con la fascia di capitano al braccio, a raggiungere quella vetta soltanto sfiorata negli ultimi anni, ma a cui lui non ha mai rinunciato.