Il valore delle cose, generalmente, lo si capisce solo quando le si perde.
Al pari di questo assunto, che condiziona parte delle nostre vite, il discorso vale anche per le persone e, nel mondo del calcio, per i calciatori, apparentemente gregari, falsamente comprimari di un sistema che, senza gli stessi, inizia a diventare fallace, con qualche pecca, nella quale i granelli di sabbia si inseriscono fino ad inceppare un meccanismo apparentemente perfetto, o quasi.
Le vittorie, le tante di fila del Napoli di Maurizio Sarri, a cavallo tra fine dicembre ed il mese di gennaio, intervallate dai pareggi contro la Fiorentina e di domenica scorsa contro il Palermo, hanno fatto passare in secondo piano un dato alquanto preoccupante: gli azzurri, dal 18 di dicembre - Sant'Elia, Cagliari - ad oggi, hanno subito 11 gol in 8 partite. Bene, non benissimo. Certo, le prodezze di Mertens, Callejon, Insigne ed Hamsik hanno permesso ai campani di mantenere immacolato il ruolino di marcia che dalla trasferta dello Stadium vede i partenopei mai sconfitti, ma i gol subiti, decisamente, troppi, hanno reso ancor più importante l'assenza di Kalidou Koulibaly.
Spesso irruento, a volte fin troppo istintivo e virulento, il franco prima e senegalese successivamente, è riuscito nel corso della sua parentesi all'ombra del Vesuvio a limare tutti i difetti che, nei primi mesi di Serie A - complice anche l'assetto tattico di Benitez - ne facevano sì un giocatore molto forte, ma sovente falloso e fin troppo impreciso. La cura Sarri ha regalato al Napoli uno dei centrali più forti in circolazione, ben al di là di semplici discorsi statistici: con pazienza e abnegazione, il tecnico toscano ha trasformato quella irruenza in un'arma positiva. La fisicità messa al servizio della lettura, oltre che del movimento di una linea difensiva che tende ad esaltare le sue doti. Certo, Kalidou non è ancora - e chissà se lo diventerà mai in futuro - un leader difensivo come può esserlo il compagno di reparto Albiol, forte di una maggiore esperienza internazionale, di carisma e di un vissuto che gli consente di giostrare - con l'aiuto di Reina - la linea difensiva a piacimento.
Di contro, tuttavia, alla ragione dello spagnolo si deve necessariamente contrapporre una forza contraria, fisica, veloce, reattiva e, talvolta, anche istintiva. Koulibaly è questo e tanto altro, capace di abbinare suddette capacità ad un tempismo innato che gli hanno permesso, tra le altre cose, di attirare su di sé le attenzioni di Conte e del Chelsea, pronto a fare follie per l'ex Genk nella scorsa estate, di entrare nella top 11 della scorsa Serie A (assieme ad Hamsik e alll'Higuain azzurro), nonostante qualche fisiologico passaggio a vuoto mentale. Ecco, da migliorare, sebbene lo abbia già ampiamente fatto, questo aspetto. Quello di restare concentrato nell'arco di più partite, oltre che all'interno della gara stessa (leggasi l'errore di generosità contro la Roma).
Al Dall'Ara, questa sera, il Napoli ritrova la sua roccia, la sua statua d'ebano nera che con Albiol proverà a disinnescare le folate offensive del Bologna padrone di casa. Rari, quest'anno, i casi in cui lo spagnolo e il senegalese hanno giocato uno al fianco dell'altro, motivo in parte per il quale la retroguardia partenopea fatica e non poco a ritrovare solidità e certezze. Da oggi, e per il resto della stagione, Sarri ritrova i suoi due baluardi al centro della difesa, con Koulibaly pronto a riprendersi la sua maglia e continuare nel suo processo di crescita che, con ogni probabilità, lo consacrerà a breve come uno dei top player d'Europa nel suo ruolo.