"Ci sono due polacchi ed uno slovacco in gita a Napoli...". No, non è l'inizio di una barzelletta, molto più semplicemente l'asse portante del Napoli allenato da Maurizio Sarri che sta trascinando a suon di gol e giocate i partenopei in questo brillante inizio di stagione. Dopo il tris di Kiev, gli azzurri calano il poker contro il Bologna, ancora una volta davanti ad un pubblico amico che stancamente continua a contestare la presidenza di una società che a gonfie vele naviga stabilmente nelle zone alte della graduatoria da anni. Lasciano il tempo che trovano le critiche, quelle sterili e infantili di una parte di pubblico che mai paga di risultati - sul campo e non solo - non hanno altro modo che far sentire la propria voce sbattendo continuamente la testa contro un muro alto e discretamente solido.
Parentesi sgradite a parte, si passa al Giudice unico e supremo, quello stesso terreno di gioco del San Paolo che da un anno e qualche mese conosce soltanto gioie, raramente strozzate in gola da un pareggio che agli avversari del Napoli di Sarri manca oramai da mesi. Non si ferma la marcia dei figli del Vesuvio, che iniziano a macinare gioco come piace al proprio allenatore, anche se all'interno di un primo tempo assolutamente dominato in termini di possesso palla e occasioni da rete, la pecca è quella di piacersi fin troppo senza chiudere il match. Peccato di gola. Peccato che, una squadra che studia per diventare grande, non può affatto permettersi. Discorso che esula sia dall'avversaria di ieri sera, che dal contesto di qualsiasi gara presa singolarmente, ma che volge lo sguardo ad ampio raggio, sfogando nell'esigenza di mandare agli archivi il prima possibile le gare per preservare energie mentali e fisiche in vista dei tantissimi impegni che il calendario offre.
Tuttavia il Napoli che asfalta il Bologna di Donadoni annichilendolo nei primi quarantacinque minuti, assediandolo all'interno della propria trequarti difensiva, è pura goduria. Per gli occhi, per la mente, per tutti gli appassionati di questo gioco. Alla macchina già discretamente appagante della passata stagione si è aggiunta la coppia polacca che tremare l'Italia fa: Zielinski sta fornendo le risposte che Sarri si aspettava, copiando Hamsik nelle iniziative personali sul centro destra, costringendo gli avversari a preoccuparsi anche di quella zona di campo e non più soltanto dell'asse mancino Ghoulam-Hamsik-Insinge/Mertens.
Il nuovo Napoli copre i settanta metri di larghezze con tutti gli effettivi allo stesso modo: ben oltre il gol di Callejon arrivato sul classico schema da cross a rientrare di Insigne sul taglio dell'iberico sul secondo palo, c'è anche una manovra che spesso coinvolge la mezzala polacca ex Empoli e soprattutto Hysaj, molto più nel vivo dell'azione rispetto al passato. Stona, nel contesto generale, ancora una volta, la scarsa predisposizione tecnica e tattica di Gabbiadini a partecipare all'insieme. Compagni o non, l'attaccante di Calcinate al di là dell'impegno encomiabile ci mette ancora poco, troppo poco, qualitativamente.
Non è tutto oro quel che luccica, certamente, perché il Napoli non è ancora al top della forma - e vivaddio verrebbe da dire ai tifosi partenopei, quelli che non criticano a spada tratta - e lo si nota nelle pause che all'interno delle gare stesse i partenopei hanno. Ne è consapevole Sarri, che preme sull'acceleratore nella speranza che i suoi riescano ad entrare nell'ordine di idee che il piede da quel pedale non può necessariamente essere alzato. Difficile, chiaramente, in particolar modo ad inizio stagione. Il gol di Verdi, splendido fendente che illumina la scena quasi quanto la maglia fluorescente dei felsinei, sottolinea la mancanza di concentrazione dei padroni di casa ad inizio ripresa, acuendo le difficoltà fisiche che inevitabilmente si fanno sentire nel post trasferta in Ucraina a Kiev. C'è un però: quando il gioco si fa duro e le gare iniziano a pesare, l'aspetto oltremodo positivo è che il Napoli riprende a giocare.
Poco, relativamente, conta se Sarri deve ricorrere ancora una volta all'estro e alla fantasia di Marek Hamsik, che unita ai movimenti da centravanti puro di Arkadiusz Milik - non ce ne voglia Gabbiadini, pesce fuor d'acqua ancora una volta nella notte del San Paolo - confezionano l'azione del nuovo vantaggio, che arriva nel momento decisivo, quello di maggiore sofferenza. L'ex Ajax è il nuovo padrone del catino di Fuorigrotta, senza se, senza ma. Ma ciò che importa maggiormente, senza ricordi e paragoni con il passato. Ha voglia Arek, di imporsi, di mettersi in mostra per ciò che è lui, ben oltre qualsiasi chiacchiera superflua. La veemenza con la quale si scaglia sul pallone che vale il 3-1 raccoglie in sè tutte queste emozioni. Il gol, il sesto in cinque partite con la nuova maglia, lo consacra seppur non definitivamente nel cuore dei propri ammiratori.
Esulta Napoli. Gioisce non per il primato in classifica, effimero quanto banale e inutile dopo soltanto quattro prove, bensì per una squadra che si conferma bella e spettacolare, nel gioco, oltre che vincente nei risultati. What else, esclamerebbe George Clooney. Eppure questo Napoli ha ancora tantissimi margini di miglioramento. Il meglio, sicuramente, deve ancora venire.