In un'ipotetica lista personale dei 10 migliori talenti della Serie A di oggi, difficilmente non inserirei Luis Muriel. Perchè il colombiano dispone di colpi che in pochi, pochissimi hanno nei piedi. Velocità, dribbling nello stretto, nel lungo, visione, capacità di inventare. Un attaccante sulla carta micidiale, che potrebbe spezzare in due qualsiasi difesa, una macchina da calcio. C'è però un'altra faccia da considerare, come in ogni medaglia. In una altrettanto ipotetica lista dei 10 giocatori più forti della Serie A, nessuno inserirebbe, ad oggi, il numero 24 che veste la maglia della Sampdoria.
L'esplosione avviene a Lecce, con 9 gol e 8 assist in 30 partite giocate. In una squadra di bassa, bassissima classifica, un giocatore che in media segna o propizia un gol ogni 129 minuti è manna dal cielo. Quel Lecce a fine stagione retrocederà, ma Muriel tornerà all'Udinese come uno dei talenti più interessanti scoperti dalla famiglia Pozzo, che lo aveva acquistato nel 2010 dal Deportivo Calì. Per la cronaca, con la maglia dei colombiani 9 gol e 5 assist, in 10 partite. E nemmeno tutte giocate per intero. Arrivano gli infortuni, i problemi che lo costringono a diversi stop uno dietro l'altro. A Udine lascia poco il segno, si guadagna il poco felice soprannome di "Gordinho", sul quale c'è poco da aggiungere, e nell'inverno 2015 va alla Sampdoria.
A Genova la cura Mihajlovic funziona solo in parte: si rivedono alcune giocate del primo Muriel, unite però a partite scialbe. Convince, la Samp paga il riscatto di 10 milioni. L'anno lo comincia bene, arrivano i gol, la squadra guadagna subito alte posizioni e lui riesce anche a trovare i primi gol, ma a fine ottobre si rompe qualcosa e Muriel comincia a perdersi in un altro, proverbiale e fatale bicchiere d'acqua. La sua stagione non prende una buona piega, Montella non lo lascia mai in campo fino al 90' e finisce anche in panchina due volte.
Mi sono interrogato sui motivi per cui un talento del genere non riesca a esplodere, domande difficilissime al quale dare risposta. Senza dubbio il talento colombiano ha un disperato bisogno di fiducia totale, come era a Lecce dopo che si sbloccò a dicembre: sempre titolare per tutte le partite, continuità di rendimento e di fiducia nonostante le altalene di risultati che costringeranno poi quella squadra alla retrocessione a fine stagione.
Innanzitutto per un attaccante, di una qualsiasi squadra, tirare in porta mediamente meno di una volta a partita non giova certamente. Questione di precisione, certo, tant'è che solamente il 30% delle sue conclusioni è nello specchio della porta, e ben 4 di queste sono terminate in fondo al sacco. La soluzione al giallo, vedendo questi numeri, sembrerebbe facile, ma in realtà non lo è. Per un semplice motivo: Muriel è una prima punta, una seconda punta o entrambe le cose a seconda delle necessità?
Secondo i numeri, utilizzandolo da prima punta, potrebbe certamente incrementare il numero di gol realizzati, che ovviamente fa la differenza per un attaccante, e in teoria potrebbe anche sposarsi molto bene con Eder ala sinistra e un Carbonero o un Ivan largo a destra. Il farlo giocare troppo vicino alla porta sarebbe però come un tarpargli le ali, limitarlo nei movimenti che l'hanno contraddistinto. Potrebbe fruttare di più nel ruolo di punta con alle spalle un assistman puro, anche se resta sempre il rischio di andare a pestarsi i piedi con l'eventuale Cassano di turno, visto che anche Muriel ha l'istinto di cominciare l'azione fungendo da raccordo, spesso andando però a concluderla lui stesso.
L'opzione seconda punta è quella decisamente più plausibile secondo i piani: può segnare, si può appoggiare a un giocatore di peso offensivo maggiore, magari uno che giochi più dentro l'area, che attiri le attenzioni della difesa stando più vicino alla porta, un po' come succede nella Juventus con Mandzukic e Dybala. Con le idee di gioco di Montella, che si basano molto sul calcio a pochi tocchi e sul fraseggio rapido, lui potrebbe essere la seconda punta ideale, perchè potrebbe "strappare" di più, potrebbe rompere il gioco e soprattutto, arretrando la posizione di partenza, cambiare anche ritmo con più facilità, dando fastidio tra le linee.
Attualmente quello che fa questo tipo di lavoro alla Sampdoria è Eder, leader della squadra ormai da diversi anni, che a suon di gol e giocate si è conquistato la Nazionale Italiana. Lui e Muriel sono due giocatori simili per caratteristiche, e la loro convivenza è sempre stata piuttosto difficile: hanno saputo giocare bene insieme solo quando la squadra doveva condurre partite di ripartenza, come per esempio quella di Napoli il 30 agosto, terminata 2-2. L'italo-brasiliano fece doppietta, ma la vera spina nel fianco durante la partita nella difesa del Napoli fu il colombiano, che sfiorò anche due volte il gol.
Forse, con Montella in panchina, Muriel potrebbe ulteriormente soffrire la leadership di Eder in quella posizione, e gli potrebbe anche costare il posto, come di fatto sta succedendo nelle ultime uscite. A meno che il tecnico non trovi soluzioni alternative plausibili, difficilmente l'ex Udinese e Lecce ricoprirà il ruolo che più gli si addice in una squadra come la Sampdoria. E forse potrebbe rimanere ancora una volta inespresso.
Dopo essere rimasto nell'ottica dei grandi club, ora potrebbe aver bisogno di un contesto di medio-bassa classifica per rilanciarsi, comunque diverso da quello della Sampdoria, che comunque difficilmente lo svenderà. D'altro canto, Muriel è questo: prenderlo, valorizzarlo e farlo giocare come e dove meglio sa esprimersi, o lasciarlo. E il dilemma sta lì: un talento di questo calibro non lo si può lasciare.