Probabilmente, se Napoli-Roma fosse durata altri due giorni, sarebbe finita comunque 0-0. Frutto di un Napoli si arrembante, ma spesso opaco, reso sterile dalla muraglia francese alzata inevitabilmente ed altrettanto legittimamente da Rudi Garcia. I fischi dell'Olimpico fanno improvvisamente maturare lo spavaldo galletto transalpino, che dopo le sonore batoste ricevute da Barcellona ed Atalanta, si rintana nella propria area di rigore come un'orsa in letargo, in attesa trepidante del fischio finale e della Primavera. Merito ai giallorossi per aver conseguito il bottino finale tanto desiderato, soprattutto guardando all'aspetto psico-fisico con il quale le due squadre approcciavano alla gara.
L'illusione di ciò che sarebbe dovuto essere, ed invece non è stato, ha irretito il Napoli di Sarri, sterile come soltanto a Carpi in questa stagione. I nodi azzurri vengono al pettine, ma nulla è precluso. Stanchezza fisica e mentale vengono a galla inevitabilmente con l'arrivo della sosta natalizia e, sebbene il toscano sottolinei giustamente la prestazione dei suoi difendendone la tranquillità mentale, è ben conscio dei passi indietro fatti dalla sua squadra, per quanto fisiologici possano risultare. L'allenatore del Napoli ha scoperto, in maniera quasi involontaria, il proprio altarino: la coperta corta che difficilmente riesce a proteggere tutti i titolarissimi dall'eccessivo utilizzo si scopre al minuto 85, quando il toscano è costretto per KO fisico dei propri interpreti ad effettuare due cambi.
La necessità di cambiare marcia, anche quando l'ago della benzina segnava paurosamente riserva, ha messo a nudo tutte le debolezze di una rosa scarna per ricambi e sterzate dalla panchina. Il solo Mertens, che dopo la sfuriata infrasettimanale avrebbe meritato forse maggiore impiego (piccolo peccato dell'ex Empoli), ha dato la scossa finale ad una squadra che stancamente si trascinava nelle folate offensive, affidate spesso all'irruenza fumosa di un Lorenzo Insigne lontano da quello cinico e spietato del primo quarto di stagione. Higuain ha litigato, annebbiato dalla marcatura del duo di centrali della Roma, più con se stesso e con il record di Maradona che si allontanava sempre più, piuttosto che mettersi a disposizione della squadra, che necessivata del suo intervento. Inevitabile.
Il rimpianto è quello, probabilmente, di non aver giocato la sfida con la necessaria libertà mentale. Quasi come una macchina con il freno a mano tirato, il Napoli si Sarri ieri sera attaccava si con veemenza, ma senza quella irruenza positiva che ha contraddistinto l'incessante marcia azzurra fino a due domeniche fa. Anche quando gli azzurri sbattevano contro le difese avversarie sembravamo sempre essere maggiormente consapevoli dei propri mezzi rispetto alle paure che avrebbero potuto provocare le ripartenze avversarie. Invece, contro la Roma, quasi in maniera del tutto inconscia, il Napoli si è preoccupato forse troppo dell'eventuale pericolosità giallorossa, che quasi mai si è presentata dalle parti di Reina (cinque palloni toccati in area di rigore partenopea, 0 parate dello spagnolo).
Inezie, certamente, nel bilancio complessivo di una gara dominata territorialmente dalla squadra partenopea, che però ha concluso soltanto due volte nello specchio della porta difesa da Szczesny. Dato in controtendenza persino alla gara di Bologna, dove nonostante la sconfitta il Napoli era riuscito a concludere svariate volte in più. La maturità e la personalità di una squadra risiede anche in questo: vincere le partite 1-0 sarà anche frutto di episodi fortunati, ma rappresenta anche un merito ed un peso inqualificabile nella bilancia di fine anno. Al Napoli è mancato il guizzo, quello che doveva arrivare dalla Slovacchia con la fascia da capitano al braccio che però per un'inezia ha dovuto strozzare l'urlo in gola.
Per un punto Martin perse la cappa.