Una macchina da guerra. Il cielo sopra Herning si tinge d'azzurro, così come in precedenza anche quelli sopra Varsavia e Milano. La notte danese regala al Napoli l'ennesimo sorriso, il settimo nelle ultime otto gare: un dato impressionante. 22 punti ottenuti su 24 disponibili, un attacco stellare, una difesa ermetica come poche in Italia ed oltrAlpe. L'Europa da, l'Europa toglie: il novello Maestro di campagna, vergine di queste notti fuori dal territorio italiano, mette in atto il terzo turnover consecutivo quando di fronte ci sono avversarie dal nome straniero, ma il risultato non cambia, soprattutto nella mentalità dei protagonisti in campo.
La Fiorentina cambia e non trova compattezza, la Lazio ha bisogno di folate individuali per avere la meglio delle proprie avversarie, la Roma balbetta non appena si parla di turnover, la Juventus (migliore tra le quattro) si scioglie davanti alla scarsa vena dei propri attaccanti. Il Napoli, sebbene sia stato avvantaggiato da un girone non propriamente di ferro, invece, riesce a fare filotto, facendo ruotare tutti gli effettivi a disposizione e tramortendo a destra ed a manca belgi, polacchi o danesi che si presentino davanti al proprio cammino.
Sarri, così come Sousa e Pioli (anche se questi ultimi due con situazioni fisiologiche di raggruppamento ben diverse), aveva sottolineato come da prassi nella vigilia dell'avvenimento l'importanza della gara, che poteva segnare ancora una volta una svolta in positivo della stagione azzurra. Tutti gli impegni europei hanno scandito i passi della crescita graduale della squadra azzurra: così come accaduto infatti al San Paolo contro il Brugge ed a Varsavia contro il Legia, che hanno sancito il cambio tattico prima e la prima vittoria esterna stagionale poi, quella di Herning rappresenta la prova del nove, quella di maturità, della compagine campana.
Al cospetto della temibile e mai doma matricola del raggruppamento, ci si sarebbe atteso un Napoli guardingo, che magari si sarebbe potuto accontentare di un pareggio con la possibilità di chiudere nel catino di fuorigrotta (contro danesi e polacchi) il discorso qualificazione. Niente da fare: il Napoli lascia il proscenio iniziale ai padroni di casa facendo sfuriare Sparv e compagni, che hanno il difetto di non concretizzare la discreta mole di lavoro prodotta ad inizio gara. L'avvio azzurro è compassato, con Valdifiori che stenta a trovare spazio pressato a turno da Pusic e Rasmussen che si abbassano ad uomo sul regista azzurro.
La sensazione, tuttavia, è che la squadra di Sarri, nel pieno del suo processo di maturazione, stia studiando l'avversaria per carpirne punti deboli e maggiormente appetibili in attesa di pungere: da grande squadra, insomma. Detto, fatto: Koulibaly si veste, oltre che da colonna d'ebano che chiude in ogni dove le iniziative danesi, da Ruud Krol e pennella a 60 metri di distanza un fendente che Callejon, volente o nolente, riesce in maniera beffarda a mandare alle spalle di un sorpreso ed impassibile Andersen. La serata inerme davanti alle giocate degli azzurri del portiere di casa è soltanto agli albori.
Da questo momento il Napoli vola sulle ali dell'entusiasmo, che permette ai protagonisti azzurri di riuscire in qualsiasi giocata: Maggio si concede il lusso di un tocco di esterno destro per l'accorrente Allan, che pennella al centro per la spaccata di Gabbiadini. Manolo si riconcilia, finalmente, con il Mondo e con se stesso. L'attaccante bergamasco riesce a togliersi dalle spalle quella zavorra di infelicità e tristezza che ne ha caratterizzato l'inizio di stagione (anche se diligentemente ha sempre accettato la panchina) e rimette i panni del fenomeno che in realtà gli sono ben più congeniali: lo stop è una delizia, il mancino di controbalzo tra tre avversari ed in controtempo che si spegne nel sette opposto dopo aver baciato il palo, viene spiegato soltanto dall'incredulità del povero e malcapitato Andersen.
Il delirio di onnipotenza azzurro irretisce gli avversari e spegne l'ardore del pubblico di casa, che ciononostante ammira estasiato gli avversari più blasonati affrontati nella loro giovanissima storia. Callejon potrebbe scrivere un'altra pagina di gloria con un destro a giro dalla parte opposta a quella congeniale a queste conclusioni, ma la traversa gli nega l'apoteosi. L'orgoglio della squadra di casa permette, oltre a rendere merito alla truppa di Thorup, di segnare il punto della bandiera (il primo gol subito dal Napoli di Sarri in Europa) e di provarci a testa bassa nella ripresa, quando Koulibaly sulla linea evita il secondo gol che avrebbe riacceso la miccia dell'incontro. Higuain la chiude a tempo scaduto, segnando un gol più utile al suo morale che al contesto della gara.
Tre partite, tre sorrisi: 11 gol fatti (miglior attacco del torneo assoluto) 1 gol al passivo (migliore difesa con i greci del PAOK). L'Europa continua a sorrirede a Sarri, Sarri si gongola il suo Napoli.