Due punti in tre partite di campionato. Il peggiore inizio di campionato dell'era De Laurentiis non avrà di certo aiutato Maurizio Sarri nel suo insediamento sulla panchina del Napoli e le polemiche che ne stanno scaturendo in questi giorni non fanno altro che alimentare il clima di instabilità che vive la squadra. La serenità e l'armonia del gruppo vengono minate e turbate dalle voci che provengono dall'esterno del centro di Castelvolturno e a pochi giorni dalla prima sfida di Europa League, già difficile di per sè contro i belgi del Bruges, di certo non fanno dormire sonni tranquilli all'allenatore toscano.

Blindare il centro sportivo partenopeo sotto un cupola attraverso la quale proteggere la squadra e soprattutto l'ex allenatore dell'Empoli è praticamente impossibile e tutte le voci che circolano in città sono spine sempre più grandi nei fianchi morbidi ed inesperti del novello Sacchi. Sarri vacilla, così come il suo Napoli. La difficoltà nel raggiungere risultati insinua numerosi dubbi nella mente del patron partenopeo riguardo la scelta fatta in estate. Ma che senso avrebbe mettere in dubbio il lavoro ed il progetto tecnico (ammesso che ci sia) quando si doveva essere consapevoli che Sarri avrebbe avuto difficoltà nei primi mesi?

E' risaputo che a Napoli, così come in altre difficili città italiane, o si hanno le spalle grandi e forti oppure è difficile resistere alle pressioni di piazza e media, a meno che non ci siano i risultati a trascinare squadra e ambiente sull'onda dell'entusiasmo. Ad una difficoltà già di per sé abbastanza insormontabile per un neofita di queste piazze, arrivano ad aggravare pesantemente la situazione le parole di poca stima nei confronti del toscano da parte di un simbolo della città stessa, che racchiude in sé la vox populi partenopea. 

"De Laurentiis, scegliendo Sarri, gli ha fatto un gran bel regalo di compleanno. Ha commesso un errore perché serviva un allenatore d’esperienza, che desse ai tifosi garanzie di successo. De Laurentiis non può buttare via tanti sacrifici, non può mettere mio zio sulla panchina azzurra. Bisogna migliorare. Con questo gruppo non si arriva a metà classifica, mi ricorda il mio primo Napoli quando si giocava per la salvezza" ha sentenziato ieri sera Diego Armando Maradona, indiscusso re di Napoli al termine degli anni ottanta.

Apriti cielo. Il popolo napoletano, forte di tanti pregi, ma debole di altrettanti difetti, difficilmente andrà oltre le dichiarazioni del suo idolo maximo, che non avrebbe potuto trovare momento più fragile di questo per fare breccia nel cuore deluso degli aficionados che tanto grande lo hanno reso. Si sa, il Pibe de Oro non ha mai avuto peli sulla lingua e mai li avrà, e nel bene o nel male spara sempre ciò che pensa. Dell'utilità delle sue dichiarazioni francamente, se ne sentiva davvero poco il bisogno (smorzate e dribblate con immensa classe dallo stesso toscano in conferenza stampa), in quanto arrivano come ulteriore benzina da gettare sul fuoco già appiccato attorno al lavoro del tecnico di Figline. 

Da contraltare e per quanto possano servire di aiuto a Maurizio Sarri, sono arrivati numerosi attestati di stima da parte di colleghi. Uno di questi è Cesare Prandelli, che ha così parlato quest'oggi dell'operato di Sarri ai microfoni di Radio Crc: "Sono convinto che il Napoli possa lottare per lo scudetto o comunque per i primi posti, ma è chiaro che ci vuole del tempo perché quando si cambia allenatore i meccanismi devono essere assimilati. Sono certo che col lavoro si può migliorare, ma ripeto, nel secondo tempo di Empoli ho visto davvero un bel Napoli. Quando nelle grandi piazze si instaura un rapporto chiaro e sincero con la tifoseria, nei momenti di difficoltà si è tutti uniti. I problemi arrivano quando si creano troppe aspettative ed ecco che il lavoro si complica. Se c’è un unico intento di programmazione tra allenatore, società e squadra, si crea un gruppo vincente ed anche quando perdi, la gestione resta solida perché tutti sanno il ruolo che devono svolgere".

"Sarri? Chi conosce la sua storia sa bene che i primi mesi sono complicati, ma poi quando tutti capiscono i propri compiti, il lavoro porta dei frutti. Sarri è uomo dalla grande cultura per il lavoro, ha buonsenso, conosce le dinamiche della gestione del gruppo per cui è un allenatore dalla grande esperienza. Se la società ha puntato su Sarri, saprà certamente difenderlo, non credo che il tecnico sarà scaricato alle prime difficoltà. Credo che la scelta di prendere Sarri sia giusta anche per valorizzare il progetto tecnico, ma bisogna essere chiari con tutti. Se la piazza vuole vincere lo scudetto, ma la società ritiene che questa parola possa essere utilizzata solo tra qualche anno, bisogna dirlo".

Non saranno, vivaddio, né le parole di Maradona nè tantomeno quelle di Prandelli a decidere del futuro dell'allenatore toscano, legato indissolubilmente ai risultati che il suo Napoli raccoglierà nel giro delle prossime due settimane, dove sarà protagonista ben cinque volte tra campionato (Lazio, Carpi, Juventus e Milan) e Europa League (Bruges) prima della sosta. Una sosta che sarà a tutti gli effetti una deadline per Sarri e per il suo neonato progetto. Ai risultati, ai posteri ed alla bocca del presidente De Laurentiis (che nel frattempo osserva da spettatore), l'ardua sentenza.