Rabbia. Frustrazione. Un senso di impotenza davanti all'assurda ingiustizia ricevuta. Il Napoli del post andata delle semifinali di Europa League si ritrova con un pugno di mosche in mano, conscio sì della propria superiorità, ma ferito nello spirito per come si è conclusa la serata del San Paolo. Non solo per il fuoirgioco, ma per l'andamento di tutta la gara: le capocciate sul muro ucraino non servono a scalfirlo nel primo tempo; nel secondo, dopo averla sbloccata, il cinismo e la buonasorte girano le spalle ai partenopei (e ad Higuain), prima del crollo finale, tecnico ed emotivo.
Che la gara contro gli organizzati e ostici ucraini sarebbe stata un assedio all'arma bianca, con gli ospiti rintanati nella speranza di strappare quantomeno uno 0-0, lo si poteva intuire. La maggiore forza d'urto del Napoli, che mandava in campo lo scugnizzo Insigne in luogo di Mertens, è conosciuta, in Ucraina come nel mondo intero. Il primo tempo non fa altro che far prendere coscienza agli azzurri che sbrogliare quella matassa ingarbugliata sarà un'impresa non da poco.
Come già accaduto domenica scorsa contro il Milan, quando gli azzurri impiegarono settanta minuti per riuscirci, questa sera ne bastano cinquanta. Le occasioni nel primo tempo si contano sul dito di una mano, per bravura altrui, forse per demeriti di un Napoli che si schiaccia completamente nella metà campo avversaria, alimentando la densità di popolazione della trequarti ucraina e favorendo soltanto la scarsa propensione a scambi stretti e veloci, dove conta la precisione e la velocità che non sono armi proprie della faretra napoletana.
Gli unici a sfondare sono Maggio e Callejon (in giornata no). Col senno del poi, con il quale però ci si fa solitamente molto poco, sfruttare il sinistro di Gabbiadini come apriscatole non sarebbe stato un errore. L'errore che possiamo imputare al Napoli, e forse a Benitez è quello di non accorgersi che la squadra si stava paurosamente schiacciando sui difensori ospiti. Hamsik, non per colpa sua, non trova spazi tra le linee nemiche, distanti poco più di qualche metro. Il Napoli è costretto a giocare contro i suoi principi: spalle alla porta. Higuain è un fantasma, braccato ed imbrigliato da una camicia di forza dei due difensori centrali di Markevich (che non sono Nesta e Thiago Silva, ma sopperiscono con l'aiuto di altri otto giocatori).
Il lampo di Insigne dopo pochi minuti potrebbe lanciare il Napoli emotivamente, ma il palo smorza entusiasmi e sogni di gloria, un pò come il rigore di Higuain di domenica scorsa. L'approccio e l'esuberanza, oltre alle maggiori doti tecniche degli azzurri viene distrutto dalla fisicità (per dirla alla buona) del Dnipro. Aggressività oltre qualche limite e calci a non finire, spengono sul nascere le iniziative del Napoli, che va negli spogliatoi tra pochi rimpianti e tante domande.
Ci sarebbe bisogno di un lampo per sbloccarla, che puntuale arriva al minuto cinquanta. Il Napoli colpisce laddove avrebbe dovuto soffrire maggiormente: sulle palle da fermo. Insigne pennella, la testa di David Lopez, per la prima volta in azzurro in rete, nella serata più importante, rade, rifinisce e regola al meglio la disattenta difesa ucraina. Il vantaggio rende merito agli azzurri, che si sbloccano nello stesso modo di quattro giorni fa.
La forbice delle linee di difesa e centrocampo del Dnipro s'allarga, inevitabilmente, ed il Napoli sembra andarci a nozze. E' il momento clou della partita, di questa gara come della quasi totalità delle partite: bisogna chiuderla. Il 2-0 potrebbe dare fiducia ed abbattere il Dnipro in vista di una gara di ritorno votata all'attacco, che avrebbe significato stravolgere il copione difensivista di Markevich e provare a far fare qualcosa della quale gli ospiti non sono capaci affatto.
Peccato che tra il Napoli e Varsavia, ci si metta la sorte e la vena spuntata di Gonzalo Higuain. Già, proprio il Pipita. Così come lo scorso anno con il Porto in casa, l'argentino fallisce svariate occasioni: alcune per proprio demerito, altre Boyko che riesce a respingere le conclusioni del bomber dell'albiceleste con la gamba di richiamo. Non proprio volutamente. Una, due, tre volte. Il Pipita sorride, in modo beffardo, il Napoli ci crede e si riversa in attacco, forte anche delle forze fresche mandate in campo da Benitez (Gargano per Lopez e Gabbiadini per Callejon, forse un pò tardivo quest'ultimo).
Il Dnipro sembra alle corde, non riparte più. Kalinic sembra un lupo solitario pronto ad essere sbranato dai difensori azzurri, perfetti per ottanta minuti prima di concedere la fatale sbavatura sul finire di gara. Nel momento migliore per chiudere la gara, il Napoli fa harakiri, regalando, con la non necessaria partecipazione della sestina arbitrale il gol del pari agli avversari. Lo scempio del fuorigioco, duplice, non visto dall'assistente, è quasi pari al movimento di Ghoulam, che si schiaccia su Britos in attesa del cross dalla sinistra e non ruota a dovere sul cambio di gioco, permettendo un cross tagliato che produce l'effetto voluto sul Napoli e sulle sue gambe, oltre che sul punteggio.
Il contraccolpo psicologico è facile da subire e gli azzurri, nonostante l'ingresso di un pimpante Mertens, crollano. Il Dnipro torna in modalità muraglia e gli uomini di Benitez, complice anche la stanchezza, fisica e mentale, abdicano. L'1-1 finale è una beffa, clamorosa, pesante fin troppo, che trasforma il Napoli in una belva furiosa.
Rabbia e frustrazione, quelle del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che a fine gara s'è scagliato contro i massimi dirigenti Europei. Uno sfogo da tifoso, deluso, affranto per ciò che ha visto. Il patron dei partenopei dovrà essere però bravo, nei giorni prossimi, a trasformare questa rabbia in carica adrenalinica nella squadra per la gara di ritorno, e non lasciare appesa ad un filo sottilissimo questa ingiustizia a mò di scusa nel caso in cui non dovesse riuscire l'impresa.
"Era fuorigioco? Loro vogliono dare importanza a un torneo importante solo per accedere in Champions, per il resto non vale nulla. Noi lo percorriamo solo perchè è una assicurazione per arrivare in Champions. In semifinale servono determinate garanzie, perchè inserire una sestina arbitrale quando non è in grado di gestire la situazione? C'è un monarca come Platini non in grado di tenere alto il livello di questa competizione. Fa figuracce, ora che deve pensare nella sua cameretta buia di Nyon? Che forse ha fatto il suo tempo e che deve andarsene? Posso capire che nelle prime partite possano esserci degli errori, anche se non dovrebbero. Possibile che ci siano errori macroscopici in semifinale? Dopo 20-25 minuti abbiamo capito che c'era qualcosa che non andava. Sembrava un teatrino delle marionette, alla squadra non posso rimproverare nulla. Siamo stati superiori, ma il Dnipro ha avuto a favore sei arbitri. Che devo pensare? Che è stata combinata? La coppa è già stata data al Siviglia? Ce lo dicano, noi ci facciamo da parte. Non vogliamo essere presi in giro. Noi vogliamo competere con competenza, arbitri e organizzatori del torneo devono avere la giusta competenza. Se Platini vuole governare, welcome! Ma lo faccia con la saggezza di un monarca".
Impresa. Già, il Napoli da trasferta ci ha abituati a vittorie esterne importanti. Trebisonda, ma soprattutto Wolfsburg che per carità, s'adattava meglio alle caratteristiche tecniche del Napoli piuttosto che questi rognosi ucraini, devono insegnare agli azzurri che la strada non è preclusa, ma ancora apertissima. Un gol può bastare per "accontentarsi" dei supplementari, anche se il Dnipro visto ieri sera potrebbe far fatica anche a segnare al ritorno.
Fondamentale sarà cancellare dalla mente e dal corpo tutte le scorie negative che i primi novanta minuti della sfida hanno prodotto. Per continuare a sognare e camminare sulla strada che porta alla gloria. Varsavia è comunque vicina, Napoli non fermarti.