Filosofia di gioco, mentalità, lavoro: 12 trofei in bacheca. Eppure, i pareri sull'attuale allenatore del Napoli, Rafa Benitez, sono sempre più discordanti. Divide la piazza, Napoli. Divide l'opinione pubbilca e non solo, che lo ha sempre definito un allenatore diensivista, piuttosto che propenso a fare gioco e spettaccolo. Anche se i numeri parlano per lui: "E' divertente sentire che in Spagna si dica 'Benitez difensivo', perchè in Italia mi dicono addirittura di fare un gioco troppo offensivo. Per me, è sempre una questione di equilibrio. Ho allenato squadre che hanno totalizzato più di cento gol in una stagione. Qui a Napoli per esempio, 104 gol l'anno scorso, al Liverpool ben 119 reti. Amo far giocare bene la mia squadra. Quando mi hanno dato questa nomea? Credo dal mio passaggio al Valencia. Ho giocato contro Real Madrid e Barcellona che facevano un gioco estremamente offensivo. Il Valencia era una squadra molto solida, molto ben equilibrata. Paragonato a quello di Real e Barça, il mio gioco è sembrato difensivo. Lì mi hanno dato questa etichetta e mi è rimasta".
Creare un sistema di gioco ed una mentalità ben definita è soprattutto una questione di pazienza ed il lavoro che Benitez sta svolgendo al Napoli sembrerebbe portare verso quella direzione. Costruire è una parola difficile da trovare, soprattutto nel calcio italiano d'oggi. Ma Benitez come preferisce impostare tale discorso? Con dogmi ben precisi come hanno fatto i vari Guardiola, Bielsa, Sacchi e Cruyff oppure sfruttare un pragmatismo più accentuato come ad esempio Mourinho, Deschamps, Capello? "Forse una via di mezzo. Amo il Milan di Sacchi, ma tengo d'occhio quello che sta facendo adesso Guardiola. Non costruisco niente senza vedere un'idea di calcio concreta, fatta di controllo e di equilibrio, un dettaglio essenziale per me. Tuttavia, anch'io voglio vincere, per cui devo essere pragmatico perchè devo conseguire determinati obiettivi. Ho dovuto comunque adattare le mie idee perchè sono pagato. Del resto, tutto dipende dal tempo che si ha a disposizione. Bel gioco o vincere e basta? Tutti vogliono vincere e giocare bene. Del resto, si hanno molte più possibilità di vincere quando si gioca bene. Le due opzioni non devono essere separate l'una dall'altra. Devo ammetterlo, amo quando la mia squadra vince meritatamente, ovvero quando non lascia alcuna alternativa all'avversario".
L'allenatore del Napoli s'è raccontato ai microfoni di France Football, parlando inoltre delle sue esperienze passate, del presente partenopeo e soprattutto del futuro, del quale non v'è ancora alcuna certezza: “Inter? Sono arrivato dopo che la squadra vinse tutto. C’erano grandi campioni, ma sapevo che la rosa andava rigenerata visto che c’erano molti trentenni. Prima di firmare, parlai col presidente Moratti che mi promise una serie di rinforzi. Dopo aver firmato, però, non arrivarono i giocatori richiesti. Per ora sono a Napoli, non so cosa potrà accadere dopo. I vostri colleghi inglesi e spagnoli mi chiedono di eventuali club nei loro paesi. Ho allenato in Spagna, Inghilterra, Italia. Non avrei alcun problema a provare un nuovo campionato, se ci fosse l'offerta giusta al momento giusto, con la squadra giusta. La Ligue 1? L’ho studiata. Ad esempio ho notato che è il campionato dove si segnano più gol di testa. E’ un buon campionato”.
Benitez è conosciuto come un tecnico ossessionato dal controllo e dalla costanza, due qualità essenziali per vincere competizioni lunghe come i campionati, ed infine spiega perché nel suo immenso palmarés abbia un minor numero di titoli nazionali rispetto alle numerose Coppe conquistate: "E' semplice: per vincere un campionato bisogna avere un'ottima rosa. Cioè un buon 11 di base e tanti ricambi di livello. Perchè si gioca su 9 mesi, tutte le settimane. A Valencia, a Liverpool o qui a Napoli ho avuto buone squadre, ma non sono