Che sarebbe stata una gara dura, piena d'insidie e di buche, lo si sapeva dalla vigilia, ma il Napoli che ha conquistato l'accesso ai quarti di finale di Coppa Italia non si sarebbe mai aspettato di dover ripetere le gesta e gli sforzi, fisici e mentali, della trasferta qatariota di un mese fa. Di buono c'è il passaggio del turno, l'applicazione mentale di una squadra che, seppur in vantaggio numerico, è andata sotto clamorosamente dal punto di vista tattico e fisico, contro un Udinese a cui va dato atto di essere stata messa in campo in maniera più equilibrata e meno scriteriata. Si, scriteriata, perché alcune scelte degli allenatori poi rischiano di essere pagate, ed il Napoli stava per lasciarci le penne cosi come due anni fa.
Veniamo alla gara. La conditio sine qua non della vigilia era una: iniziamo con una formazione votata all'attacco, partenza lampo, Udinese che si chiude in difesa e proviamo a sbloccarla subito in modo da aprire la scatola difensiva friulana al più presto. Detto, quasi fatto. Al minuto due il Napoli ha l'occasione che avrebbe messo la gara in discesa, ma Mertens e la traversa hanno rispedito al mittente la richiesta di vantaggio partenopea. Da questo momento in poi la chiave tattica è lapalissisana: muro friulano sulla trequarti e ripartenze veloci.
L'occasione di Thereau e Jaadi confezionata dopo pochi istanti ne è l'esempio: baricentro alto per la squadra di Benitez, infilata alle spalle del mediano e chiara occasione da gol. Il sentore che qualcosa stava per cambiare era nell'aria, tangibile. E man mano che il Napoli sbatteva contro la muraglia di Stramaccioni (oltre al palo di Gargano) le cose si facevano terribilmente più difficili. Il calcio non è un'equazione perfetta, ma quando il tema tattico lo prevede, come abbiamo visto, e quando le forze in campo iniziano a mancare (inevitabile quando hai in campo metà squadra che non è abituata ai 90 minuti), è inevitabile lasciare il fianco a ripartenze veloci e contropiede avversari.
La coperta azzurra è corta, cortissima. Henrique viene lasciato come unico baluardo in una retroguardia sguarnita, il veloce algerino Jaadi si tuffa a capofitto nella prateria azzurra, ma quello che lascia ancora più attoniti è vedere che il primo giocatore a rimorchio non è un difensore del Napoli bensì Cyril Thereau (non proprio un fulmine di guerra, ma condottiero per animo e volontà battagliera): la giusta conseguenza della situazione è il gol del vantaggio friulano.
Il Napoli si rimbocca le maniche, ma continua a fare fatica contro la difesa schierata da Stramaccioni: rocciosa, arcigna ed attenta (quasi). Un errore di un singolo, complice una svista dell'arbitro Orsato, confeziona il pareggio immediato del Napoli (una manna dal cielo): Jorginho non imita il compagno Mertens spiazzando Scuffet. 1-1, palla a centro.
Finito? Tutt'altro. Benitez vuole vincerla e cade nel tranello, perfetto del giovane Sherlock Holmes in giacca e cravatta bianconera: il M
Dopo il gioiello di Hamsik è proprio il greco non solo ad impattare, ma a sfiorare il gol in più occasioni. Andujar si salva per miracolo sulle sue conclusioni, oltre a salvare Britos che aveva concesso un'occasione d'oro al sinistro di Aguirre. Il Napoli nonostante la fatica e l'incapacità, non tecnica ma fisica, di creare superiorità in attacco, riesce a reggere all'urto allungando la sfida ai rigori.
Andujar ancora e poi Higuain confezionano la qualificazione, concedendo alla squadra partenopea la seconda chance tra due settimane, sempre al San Paolo, contro l'Inter di Mancini. Fortuna e miracoli potrebbero non bastare alla squadra di Benitez per mettere una pezza alla presunzione ed allo squilibrio tattico visto ieri sera.