Un’altra componente nella situazione sciagurata che versa in casa Catania è da attribuire alla condizione fisica, autentico quanto poco attenzionato tallone d’Achille dei rossazzurri. Dall’inizio della stagione agonistica diversi elementi, in particolare tra quelli stabilmente titolari, non hanno mai raggiunto il massimo della forma e in questo periodo assai delicato a livello di prestazioni e risultati le indisponibilità sono diverse e, soprattutto, pesanti.

L’assenza di una condizione globale accettabile, insieme alla numerosità degli infortuni, rende ancora più laborioso ogni lavoro di costruzione delle trame del gioco e in generale ogni tentativo di miglioramento dopo il cambio di guida tecnica. Lo spirito di abnegazione elogiato ieri da De Canio nella conferenza pre-Juventus, in merito al sacrificio compiuto da Plasil giocando la gara col Sassuolo nonostante il fastidio avvertito nel riscaldamento, è l’unico fattore che rende ragionevole non perdere l’ottimismo, ma con questo oggettivo stato ogni risultato positivo è ancora più difficile.

Un fisico che non riesce a decollare ne risente anche in termini nervosi, e la cornice collettiva disegnata da una classifica deficitaria e da una sfiducia in costante aumento nutrita dalla piazza non aiutano. Non aiuta neanche la raffica, del resto logica, dei “perché?”, che è scattata nella testa di molti tifosi, addetti ai lavori e osservatori e non è da escludere che faccia altrettanto in quella degli stessi giocatori. Con la speranza che in società si sia già andato oltre con il vaglio del problema e, possibilmente, la ricerca di una soluzione comunque a priori difficilmente utile per il futuro.

Sarebbe inappropriato, almeno a questo punto della stagione, inscenare virtualmente processi a questo o a quell’altro soggetto: a nessuno dall’esterno è dato sapere realmente, nei singoli dettagli, come sia stata programmata la preparazione pre-campionato o se ci siano stati altri eventi che possano aver influito in negativo; non tutti, poi, possiedono le conoscenze tecniche sufficienti per valutare la bontà dello stesso lavoro del ritiro pensato dallo staff tecnico allora presente e dal preparatore atletico Roberto De Bellis, artefice “silenzioso” di quella brillantezza fisica che nel campionato scorso è stata un traino importante nei secondi tempi. Non serve, tuttavia, essere laureati in Scienze Motorie, ma semplicemente avere un pizzico di diligenza nel capire che una sequenza così fitta di problemi di natura traumatica e muscolare non può addebitarsi interamente alla cattiva sorte.