Da tre anni a questa parte la scena è sempre la solita, è quasi un loop da cui non ci si riesce a tirar fuori, nemmeno per sbaglio o per la semplice voglia di non far parte di un contesto sbagliato, di un finale già scritto a dicembre. La scena è quella, un uomo di centosettanta centimetri che allarga le braccia, questa volta senza mostrare la maglia perché basta il volto e il numero. Leo Messi e il Barcellona si prendono il Clasico al Bernabeu per il terzo anno di fila, vincendo 3-0 e impacchettando la Liga come se fosse un regalo estivo anticipato a Natale.
Una vittoria, un capolavoro tattico di Ernesto Valverde che ha studiato nelle due sfide d'agosto, ha imparato e servito la sua vendetta a ora di pranzo. Attesa e scacco matto: cosi può essere riassunta la sfida del Barcellona che l'ex Bilbao manda in campo con l'ormai collaudato e solido 4-4-2 che, in realtà, si trasforma quasi sempre in un 4-1-3-2 con Paulinho a supporto di Messi e Suarez. Se Valverde viene chiamato "La Formica" un motivo c'è e lo so si vede in maniera netta proprio in questa partita in cui c'è la capacità di attendere, di lasciare al Real il pallino del gioco senza mai sfilacciare le due linee di pressing e gli esterni molto alti. Il Barcellona è una muraglia che si muove, non è statica e non da punti riferimento ad un Madrid che Zidane mette in campo col 4-3-1-2: Kovacic preferito ad Isco per cercare di limitare Messi.
L'ex Inter ci riesce fin quando l'argentino decide (si perché lui decide) di cambiare le carte in tavola tanto che nel primo tempo prende le misure ma Navas si oppone per ben due volte a Paulinho. I catalani rischiano poco, un'occasione per Ronaldo e il palo di Benzema, con Piquè e Vermaelen coordinati nelle uscite e nel comandare la terza linea. Nella nesta dei giocatori del Barca è già inscritta la capacità di aspettare nel primo tempo e quella di colpire nel secondo tempo (proprio per questa sfida) ed è quello che accade quando, dopo dieci minuti, si spacca il confine con Busquets che esce da un pressing come solo lui sa fare, serve Rakitic che viaggia indisturbato per quaranta metri prima di appoggiare per Sergi Roberto. Palla a Suarez che da li non sbaglia quasi mai. L'uruguaiano è tornato ai massimi livelli, nell'ultimo mese ha segnato più gol di tutti nel Barcellona.
La sfida, in realtà, finisce proprio sul gol del vantaggio dei catalani. Il Real perde le distanze, c'è una confusione tale che il Barca può permettersi il lusso di sfiorare il raddoppio poco dopo. La squadra di Valverde è padrona nel giardino altrui, Busquets ed Iniesta giganteggiano a centrocampo mentre Jordi Alba e Sergi Roberto diventano affilate e pungenti spine, un'onda d'urto impossibile da reggere per la retroguardia del Real che balla fino a capitolare, a cadere nella mano di Carvajal prima del miracolo di Navas su Suarez ed il susseguente palo dell'uruguaiano. Sette giorni dopo l'errore contro il Deportivo Messi va ancora dal dischetto, questa volta lascia le briciole al portiere costaricano. Ancora in quella porta, sei reti negli ultimi quattro incontri al Bernabeu per lui che lancia un bacio al pubblico, segna la quindicesima rete in campionato con tanti saluti alle possibilità di rimonta del Real Madrid.
Non serve il sussulto d'orgoglio di Zidane perché Valverde questa patita la sta preparando da quattro mesi, da quella doppia sconfitta in Supercoppa. Sa che non può permettersi di fallire anche se è primo, sa che può essere uno snodo cruciale, il colpo ammazza campionato. Gli ultimi venti minuti regalano qualche altra occasione e il tris del Barca dove il protagonista è sempre Messi il quale fa sedere Marcelo e, senza un scarpa, regala a Vidal un cioccolatino che Navas scarta, 0-3 e sipario sulla Liga. Scacco matto di Valverde e del Barcellona che adesso ha 9 punti sull'Atletico Madrid e 14 sul Real Madrid che ha una partita da recuperare. 14 vittorie e 3 pareggi per i catalani, una compattezza che non si vedeva da tempo e la fame di vittorie ancora esagerata.