Un passato in bianconero, un presente merengue, un futuro tutto da scrivere. Alvaro Morata sta vivendo una stagione di alti e bassi con la maglia del Real Madrid, forse l'ultima con la camiseta blanca, forse la prima della lunga serie. Di quello che verrà, come di quello che è stato, l'attaccante spagnolo a parlato al Guardian, in una lunga intervista.

100 giorni senza gol - Una delle riflessioni su cui l'attaccante spagnolo si sofferma riguarda il suo periodo nero durante la sua seconda stagione alla Juventus, quando trascorse oltre 3 mesi senza andare a segno: "La gente pensa che noi siamo macchine, non capisce che dietro a momenti neri può esserci un problema personale. Mi sentivo un po' perso, non conoscevo il mio futuro, il Real aveva una clausola di recompra e non sapevo se l'avrebbe esercitata o meno". A questo lega un aneddoto riguardante Gianluigi Buffon, che definisce anche come una figura parterna: "Un giorno, dopo una pessima sessione di allenamento, stavo piangendo. Buffon era vicino a me. Mi prese in disparte. Mi disse di piangere a casa, perchè le persone che mi volevano male sarebbero state felici di vedermi così, mentre chi mi voleva bene si sarebbe rattristato a sua volta".

L'estate tormentata - "Durante la prima stagione alla Juventus, il Real disse che non mi avrebbe ripreso. La Juve voleva tenermi, ho giocato quasi ogni partita. Poi...". Poi il futuro si è fatto diverso, perché il Real Madrid ha esercitato la clausola di riacquisto inserita nel contratto di Morata, riportando il giocatore alla Casa Blanca. Ciò ha portato comunque il classe 1992 ad attraversare un periodo complicato - non essendo il ragazzo a conoscenza del proprio futuro - ripercossosi almeno inizialmente sul rendimento in campo: "Durante la prima gara ho mancato diverse palle-gol, avevo tante cose che mi frullavano in testa. Ricevevo tante telefonate. Poi ho detto: 'non voglio sapere più nulla', da lì ho cominciato a segnare. Forse, se avessimo fatto strada avremmo vinto, e io sarei diventato capocannoniere". Poi afferma: "L'Italia era l'unica avversaria che avrebbe potuto eliminarci". Così è stato.

La Premier League e Conte - "Tanti allenatori di Premier League mi hanno contattato personalmente, da Pochettino a Conte, ma non conoscevo le intenzioni del Real Madrid, poi hanno deciso di tenermi", prosegue Alvaro, focalizzandosi poi sul rapporto "a distanza" che sussiste tra lui ed il tecnico leccese, il quale lo aveva voluto alla Juve prima di andarsene, così come lo avrebbe voluto al Chelsea in estate: "Conte è un allenatore che scommette molto su di me, mi conosce meglio di quanto io possa immaginare, questo per me è importante. Mi sento in debito con lui, sono sicuro che prima o poi ci lavorerò insieme. Mio padre mi disse di lui: 'Vincerà la Premier League'". Ci sta andando abbastanza vicino.

Il futuro - "Ora sto molto bene a Madrid, ho il supporto di tutti, ma se dovesse arrivare un'offerta non chiuderei le porte", spiega poi Morata, concentrando le sue attenzioni soprattutto sulla Premier League, sua prossima meta designata se mai dovesse esserci. Al momento, una sua partenza in estate è un'ipotesi da tenere fortemente in considerazione: "Io ho bisogno di continuità in campo, è complicato giocare solo spezzoni. Ora ho bisogno di giocare ogni fine settimana, ma non dipende da me. Ho 24 anni, non sono più il giovane del gruppo".

La serata - Intanto, questa sera l'ex bianconero siederà in panchina all'Allianz Arena, dove il suo Real affronterà l'andata dei quarti di finale di Champions contro il Bayern Monaco. Una partita dall'alto tasso di spettacolarità e di difficoltà per i madrileni, ma secondo Morata c'è un altro avversario ancora più pericoloso: "Non volevo affrontare la Juve, sono fortissimi tatticamente. Qualcuno mi dà del pazzo quando dico che è più forte del Bayern, ma io la penso così". Destini incrociati, forse. Solo il tempo dirà la verità.