Pechino si accende, l'Atletica, dopo Shanghai, si prepara a un altro Meeting - un Challenge Iaaf - di alto livello. L'avvicinamento è però segnato dall'esclusione del velocista principe del recente passato. Justin Gatlin, oggi l'uomo più veloce al mondo, la sensazione americana, reduce dal 9"74 di Doha, saluta e torna a casa.
Alla base, forse, un'incomprensione con l'organizzazione. Gatlin annuncia una forma non ottimale, in seguito allo sforzo prodotto nella straordinaria performance di Doha, la risposta, inattesa, è un diniego assoluto alla presenza. Pechino sbatte la porta in faccia al n.1 e Gatlin se ne va, scocciato.
Inevitabile, associare alla decisione il passato controverso dello sprinter. Il doping è parte integrante della carriera agonistica di Justin, fermato due volte per positività a sostanze proibite e ora costretto a difendersi da sospetti e accuse.
Nella stagione fin qui più esaltante, con un miglioramento sensibile a 33 anni suonati, Gatlin scopre l'amaro retrogusto di scelte errate, saluta Pechino e programma il futuro. La sfida con Bolt, per ora solo annunciata, è il piatto forte della stagione, ma i rivali, talvolta, sono invisibili, i rivali hanno sembianze indefinite, spettri di un'altra epoca.
Queste le dichiarazioni dell'atleta, in merito alla vicenda "Ero pronto a correre non me l’hanno concesso. Subito dopo Doha ho sofferto di crampi, è normale: non avevo mai corso così velocemente, faceva molto caldo, mi sono disidratato e i muscoli hanno reagito così. Sono stato onesto, l’ho detto agli organizzatori, ho pensato fosse giusto farglielo sapere. Ma la situazione stava migliorando giorno dopo giorno. Io ho avuto rispetto di loro, loro non di me: ieri sera, senza fornire spiegazioni, mi hanno detto che dovevo andare a casa e che dovrò accollarmi tutte le relative spese di viaggio e di soggiorno. Sto bene, sono pronto a correre, loro non vogliono, benché abbia gareggiato qui anche le ultime due stagioni. Perché? Chiedetelo a loro, non lo so. Sono il più veloce del mondo, nessuno dal 2012 ha fatto meglio del mio 9”74. Non sarei stato così veloce? Avrei fatto di nuovo 'esplodere una bomba', garantito, con un crono tra 9”6 e 9”7. Si può pensare quel che vuoi di me, ma devo essere rispettato, c’erano degli accordi. Forse temevano non avrei finito la gara, ma ho dei principi, non prendo in giro la gente, non rubo soldi, ho faticato tanto per tornare dove sono, non sarei arrivato sin qui se non avessi voluto gareggiare, sarei tornato negli Stati Uniti dopo Doha. Spero resti un bel meeting, ma non sarà spettacolare come avrebbe potuto essere".
La conferma dell'agente a valorizzare le parole del campione americano "Domenica notte mentre ero a Shanghai per il meeting di Diamond League, Justin, già a Pechino, mi ha chiamato per dirmi di avvertire qualche fastidio alla coscia destra. Da lui, come da tutti i miei atleti, pretendo la massima trasparenza, così gli ho suggerito di mettere al corrente gli organizzatori. Quando sono arrivato, lunedì, coach Dennis Mitchell mi ha detto che in quel momento, precauzionalmente, Justin non sarebbe forse stato in grado di gareggiare, ma la situazione stava migliorando e il ragazzo mi pareva molto determinato. Ieri ha fatto alcuni allunghi, stamattina alle 11 si sarebbe allenato. Insomma, non c’era nulla di definito, anzi credo che alla fine avrebbe corso. Ma ieri sera la persona che fa da tramite tra atleti e organizzatori, mi ha scritto una mail dicendomi che i secondi rinunciavano alla presenza di Justin e lo invitavano a lasciare l’albergo del meeting, pagando tutte le spese del caso. Perché? La sola cosa che posso pensare è che siano scottati da quanto successo lo scorso anno, con David Oliver che per infortunio rinunciò il giorno del meeting. Ma è veramente una situazione paradossale. Ne parlerò con la Iaaf e vedremo cosa fare".
Fonte dichiarazioni Gazzetta.it