"Scudetto? Ci siamo anche noi e lotteremo fino alla fine. Noi dobbiamo lavorare tanto per essere da scudetto. E ci stiamo attrezzando, conoscendo le nostre rivali. C’è il Napoli davanti che gioca un gran bel calcio. Ma io sono convinto che resti la Juve la squadra da battere: la novità di questo campionato magari è che ci siamo tutti avvicinati di più a loro. E conta che noi siamo lì, pronti". 

Il messaggio è chiaro, distinto, senza alcun giro di parole. Eusebio Di Francesco alza l'asticella, forte delle proprie certezze, quelle che nel giro di due mesi hanno portato la sua Roma a trasformarsi da misteriosa e subissata da dubbi a solida realtà, migliore difesa del campionato di Serie A. Un cambiamento repentino, che adesso i giallorossi vogliono confermare anche alla ripresa delle ostilità, quando al cospetto della squadra giallorossa ci sarà la Lazio di Simone Inzaghi.  

"Non voglio svelare molto. Di sicuro non snatureremo le nostre caratteristiche e la nostra mentalità. Non bisogna adattarsi all’avversario, bisogna rispettarlo. Sappiamo che la Lazio è brava a sfruttare le ripartenze, noi metteremo in atto la nostra strategia per vincere la partita". Solidità e certezze che la Roma ha costruito nel corso del tempo, passando anche dalle tante difficoltà incontrate lungo il cammino. Due le partite che Di Francesco indica per la crescita dei suoi: "Atletico e Napoli, esattamente. Con l’Atletico non stavamo bene fisicamente ma abbiamo resistito, prendendo fiducia. Con il Napoli abbiamo perso perché abbiamo difeso troppo bassi. Io da mesi cercavo di spiegare il contrario e con quell’esempio, la squadra ha capito che doveva osare. Difendere avanzando, non arretrando". 

Uno sguardo, dopo aver ammirato le sue idee prima sulla panchina del Sassuolo, poi in questo stralcio di campionato su quella della Roma, ai suoi mentori: "A chi mi ispiro? Un po’ a tutti. Mi colpiscono Guardiola, Sarri. In generale amo gli allenatori che trasmettono il loro pensiero senza specchiarsi negli avversari. Ma mi piace anche imparare da me stesso, perché l’intuito è decisivo nelle scelte di un allenatore. Tra gli allenatori che ho avuto ho imparato molto da Capello per quanto riguarda la gestione del gruppo e da Zeman per la fase offensiva e per la cultura del lavoro: adesso tutti diciamo che la ripetitività degli esercizi in allenamento migliora i calciatori ma Zeman lo diceva trent’anni fa. E la sua fase offensiva, in quella fase storica del calcio, non la faceva nessuno".

Ha destato scalpore, nelle ultime ore, l'intervista di Schick, con Di Francesco che affronta così l'accaduto voltando lo sguardo al futuro: "Non ho ancora avuto modo di parlargli direttamente ma ho saputo che è stato male interpretato. Purtroppo non è stato bene fisicamente e l’ho potuto allenare poco ma vi assicuro che ha dei mezzi tecnici impressionanti. E poi è molto agile pur avendo un gran fisico. Ora vuole e deve dimostrare di essere da Roma". 

Per chiudere, anche una battuta sul rapporto con Totti, passato quest'estate da calciatore a dirigente: "Mi sta aiutando nella gestione ordinaria. Un esempio: quando andiamo allo stadio lo voglio sempre vicino sul pullman perché con il suo modo di fare stempera le tensioni del prepartita. E conosce bene i giocatori che fino a pochi mesi fa sono stati suoi compagni".