La statistica non risolve mai il pensiero su un match, è evidente. Ma in mancanza di una vera e propria filosofia di Benevento-Roma, complice un divario tecnico abissale e forse più alto di una categoria soltanto, resta l'appiglio principale per abbozzare una analisi di gara che poco potrà lasciare ai campani e che invece molto deve consegnare alla squdra giallorossa della capitale, visti i dati, appunto, statistici in possesso di Di Francesco e colleghi.
Principalmente, alcune caratteristiche della squadra: solo 3 i gol subiti in questo campionato, tutti dall'Inter, tutti nello stranissimo Roma-Inter quando la A era davvero ai blocchi di partenza, per giunta. Poi nulla, ne in Champions (col temuto Atletico), ne con Verona e Benevento, non avversarie di spessore, ma molte volte più insidiose di tante altre big, nella storia romanista. Ora arrivano tre gare fondamentalmente da vincere, anche subendo gol (stanchezza e fisico da testare infatti potrebbero esserne la causa), ma da provare a vincere potendo affermare di aver lasciato Allison senza reti subite.
Poi ci sono i tiri totali, la Roma ne ha già realizzati oltre 50 in questa Serie A, 30 solo nel match contro il Verona, un record a cui solo il Napoli tiene testa (vista la mole dei partenopei, che sono essenzialmente più produttivi, ma hanno una gara in più). Un fattore che porta la squadra a creare pericolo, e, brutalmente, Dzeko a fare gol. Come potrebbe essere Dybala per la Juve, infatti, in questo momento particolare della stagione giallorossa, non si prescinde dagli inserimenti precisi di un imbeccatissimo Dzeko, che puntulalmente insacca o pone le basi per un gol, come nei due episodi in terra campana. Oppure crea, addirittura da fuori, col suo 4^ gol oltre i 16 metri da quando è in Italia.
Infine, dato interessante: la Roma non vive dogmaticamente il 4-3-3 che tutti avevano percepito come gabbia di questa formazione. Anzi. Di Francesco integra giovani e titolari, riserve e intoccabili, adattando lo spartito al gioco, al punteggio, al campo e agli interpreti. Senza variare metodologie e intenzioni di lavoro, ma spostando il focus sulla vera capacità di una squadra: l'estro e la puntualità.