A fine gara Simone Inzaghi, durante le consuete dichiarazioni post-sfida, ha sottolineato l'abnegazione ed il lavoro, punti fermi da cui ripartire di una Lazio pronta a stupire e a fare meglio di quanto visto nella passata stagione. Punto culminante di un 2017 solare ricco di soddisfazioni, la Supercoppa vinta contro la Juventus è l'emblema di quanto visto, fino ad ora, quando si parla di Lazio: una rosa solida, compatta, tatticamente educata e sempre pronta a soffrire, caratteristica che spesso manca alle formazioni vogliose di fare bene ma manchevoli di quel plus per battagliare con le big. 

Scesi in campo con il più classico dei 3-5-2, la Lazio ha subito impressionato per compattezza difensiva, soffocando la manovra bianconera e dominando territorialmente per tutti i primi quarantacinque minuti. "Nel primo tempo correvano il doppio di noi" ha detto non a torto Massimiliano Allegri nel post-gara, sottolineando proprio la voglia di macinare terreno laziale che ha contribuito maggiormente al successo dei biancocelesti. A gara in corso, i ragazzi di Inzaghi hanno leggermente alzato il proprio baricentro, sfruttando la velocità di Luis Alberto sulla trequarti e la muscolarità di Sergej Milinkovic-Savic, autore dell'ennesima prova di spessore.

Approfittando di una retroguardia juventina poco attenta e di una mediana affatto insuperabile, poi, la Lazio ha spesso bucato centralmente la Vecchia Signora, trascinata da un Ciro Immobile spesso guizzante, una vera e propria spina nel fianco che ha spesso costretto Buffon agli straordinari. L'ex mai rimpianto della sfida, infatti, nonostante le occasioni mancate, è riuscito comunque ad imprimere il proprio ritmo alla gara, guadagnandosi e segnando un rigore ed impattando ottimamente di testa al 54', due reti pensantissime che hanno di fatto indirizzato la sfida verso i biancocelesti, bravi a soffrire anche dopo il tremendo uno-due di Paulo Dybala, che nei minuti finali di partita ha portato, inutilmente, la sfida sul 2-2.

La Lazio infatti, visibilmente sulle gambe dopo un'ora di gioco a ritmi altissimi, ha ceduto la manovra ai bianconeri proprio intorno al 60', chiudendosi in difesa e facendo blocco comune intorno a de Vrij, che come un legionario ha guidato i suoi durante la tempesta. Non ce ne vogliano i cugini romanisti, da sempre avvicinati ai lottatori dell'Impero, ma il carattere della Lazio, nei venti e più minuti di sofferenza, ha ricordato e non poco una legione per la voglia di difendersi e di portare a casa il primo trofeo della gestione Inzaghi. 

Tatticamente parlando, i cambi del tecnico biancoceleste non hanno particolarmente stravolto l'assetto tattico, non discostandosi dal vincente 3-5-2: Lukaku per Lulic e Marusic per Basta, infatti, non hanno apportato modifiche all'assetto iniziale della sfida, con i nuovi entrati che hanno saputo reggere l'urto degli esterni juventini, ripartendo con celerità. Emblema di questi duelli vinti, Jordan Lukaku, bravissimo a sgusciar via all'avventato Mattia De Sciglio e particolarmente lucido nel servire al centro Alessandro Murgia, entrato al posto dell'acciaccato Lucas Leiva e diventato, per una sera, eroe di un'intera tifoseria. Segnare al 93', dopo un pari clamoroso subito un minuto prima non è da tutti, ma la freddezza avuta in quel momento è la conferma che forse gli Dei del calcio stanno cominciando a benvolere anche gli scalmanati ragazzi di Simone Inzaghi. 

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Antonio Abate
Studio Filologia Moderna a Salerno. Sogno di diventare un giornalista e/o un telecronista sportivo. Direttore Generale di Vavel Italia nonché socio fondatore di TAGS Soc. Coop. Vorace lettore.