In questa pausa per le Nazionali la Roma di Luciano Spalletti può recuperare energie, per quanto possibile, in vista dello sprint finale del campionato, ma la società è più che mai impegnata su diversi fronti che riguardano l'immediato, ma anche il medio-lungo periodo. Su questi temi si sono concentrati Mauro Baldissoni e James Pallotta, presenti oggi all'università LUISS di Roma per un incontro con gli studenti.

A prendere per primo la parola è stato l'a.d. giallorosso che si è concentrato soprattutto sulla spinosa questione delle barriere in Curva Sud, pronte però ad essere rimosse a breve da quanto filtra: "Le barriere? Sapete che abbiamo gestito un problema complicato, gestito dalle forze di sicurezza. Dal primo giorno abbiamo ritenuto di dover superare questa situazione. Noi pensiamo a uno stadio senza barriere. Sembra che dai ministri competenti si sia ritenuto il momento di fare un passo in avanti verso la normalizzazione. La data la sceglie l’autorità di pubblica sicurezza, ma riteniamo che sia questione di giorni."

Pallotta, invece, ha parlato della ricerca di uno sponsor per la Roma e delle sue sensazioni già in vista della prossima stagione: "Abbiamo sbagliato strategia, pensavamo di ricevere approvazione per la costruzione dello stadio un anno fa, poi cambiamenti politici hanno portato a dei ritardi per cui ci siamo concentrati su quello che si chiama il tessuto digitale dello stadio, contattando tante aziende per dettagli sull’allestimento dello stadio. Per esempio: se impianti audio saranno LG o Samsung o altri, oppure quale sistema di pagamento usare... Negli ultimi mesi la società ha ricevuto 11-12 proposte dettagliate, proprio questa mattina alle 07:00 ho ricevuto una telefonata da uno sponsor asiatico. Nel complesso sono ottimista in vista della prossima stagione. Abbiamo molte idee, molti progetti da sviluppare, non lo possiamo fare senza l’aiuto di molte delle persone qui presenti. Forse per molti di voi io sono l’americano un po’ sciocco ed ingenuo, l’americano che è arrivato qui per acquistare la Roma ma in realtà quello che dovete capire è che io vengo da un quartiere di Boston che è al 100% composto da italiani, motivo per il quale io mi sono sempre sentito prima di tutto italiano che americano."