Il fondamentale primo assioma delle storiche leggi di Murphy narra: "Se una cosa può andar male, lo farà". Chissà se Edward Murphy, militare ed ingegnere del '900 statunitense, avrebbe mai pensato ad una piccola realtà calcistica della costa adriatica italiana, mentre era intento a formulare le didascalie ironiche più famose del mondo.
Di certo, il Pescara di quest'anno è quanto di più aderente a quei paradossi si possa vedere su un campo da gioco. In un climax di disgrazie, tra prestazioni sottotono, infortuni, papere, episodi sfortunati, gol subiti nei minuti di recupero, rigori sbagliati e chi più ne ha più ne metta, gli abruzzesi hanno visto ogni partita del loro campionato precipitare sempre nello stesso modo, proprio come la fetta di pane di un altro dei famosi assiomi: sempre dalla parte della marmellata. In questo caso, la marmellata è la sconfitta, o al limite il pareggio.
I biancazzurri non centrano una vittoria da inizio stagione (esclusa quella per 0-3 sul Sassuolo assegnata a tavolino per questioni burocratiche sul tesseramento di Ragusa), ma andando a ripercorrere anche la stagione 2012/2013, ultima del Delfino in Serie A prima di questa, la striscia negativa si allunga fino a 44 partite consecutive (le 19 finali di quel campionato più le 25 iniziali di questo). Una situazione assolutamente paradossale: nessuno si aspettava un Pescara in zona Champions League, ma neanche i peggiori disfattisti avrebbero predetto un cammino simile, soprattutto dopo le ottime prestazioni ed il gioco spumeggiante espresso nelle primissime battute della stagione.
Nonostante il presidente Sebastiani abbia pluriconfermato la fiducia al tecnico Massimo Oddo, annunciando addirittura una conferma anche in caso di retrocessione, la situazione nella città abruzzese è sempre più tesa. Una difesa falcidiata dagli infortuni e presidiata da un portiere (Bizzarri) più volte oggettivamente colpevole è stata la prima a finire sul banco degli imputati, ma nonostante l'incontestabile buona volontà, Oddo non è riuscito a trasmettere le sue idee ai suoi ragazzi, sempre più spesso travolti da goleade tanto in casa quanto in trasferta. E la tifoseria organizzata non manca di far sentire il proprio disappunto. Un disappunto covato per mesi, sopportato ma esploso nel peggiore dei modi nelle ultime due settimane.
Prima del recupero casalingo contro la Fiorentina i Pescara Rangers, organizzazione che rappresenta la Curva Nord dello Stadio Adriatico, ha diramato un pesantissimo comunicato sparando a zero contro tutti i livelli della società, dal presidente alla dirigenza, all'allenatore, fino agli stessi giocatori, a cui è stato intimato di non vestire più la classica maglia a righe verticali ("non sono degni. Piuttosto fateli scendere in campo sempre con la divisa gialla [da trasferta,ndr]"). Al di là dei discutibili toni usati da determinati tifosi, come spesso succede convinti di essere gli unici depositari della vera fede calcistica, gravati sulle spalle di un gruppo già ai limiti della depressione, la situazione sembrava ancora sotto controllo.
In dieci giorni, però, è arrivato il vero tracollo: già al settantacinquesimo minuto della sfida contro la Lazio (storica rivale pescarese, soprattutto nel mondo ultras), la parte superiore della Curva Nord si è svuotata in segno di protesta, con i propri beniamini (espressione quantomai ossimorica rispetto alla realtà) sconfitti 2-6. Cinque giorni fa, invece, gli stessi individui, ancora non identificati, sono passati alla violenza materiale, incendiando due auto parcheggiate nella villa di Sebastiani. Il presidente, oltre a sottolineare la gravità dell'accaduto, non ha potuto che ammettere l'esistenza di un ambiente insostenibile attorno a lui ed alla squadra, annunciando una prossima vendita della società, e invitando tuttavia i tifosi a non "infangare il buon nome di Pescara che abbiamo contribuito a ricostruire dopo annate buie".
Oggi, nella trasferta di Torino, è arrivata un'altra batosta, con annessa protesta: già dall'inizio del secondo tempo, con la formazione di Oddo sotto 3-0 (5-3 il finale) i tifosi hanno staccato gli striscioni, ripiegato le bandiere ed abbandonato quasi completamente (14 i "superstiti") il settore ospiti dello Stadio Grande Torino. La società abruzzese è in silenzio stampa, ha revocato tutti i permessi ai suoi tesserati ed ha lasciato ai microfoni solo le dichiarazioni del DS Leone, il quale si è pubblicamente scusato coi tifosi ed ha invitato tutti a prendersi le proprie responsabilità, lasciando intendere una posizione traballante per Massimo Oddo.
L'ex-campione del mondo 2006 non è riuscito a trattenere le lacrime già sul campo, davanti alla batosta subita dai suoi, e rischia di aver terminato il tempo a sua disposizione in quella che è la sua città natale. L'impegno non è mai mancato, ma la sensazione è che, a prescindere dalla retrocessione, la frattura tra squadra ed ambiente esterno sia davvero insanabile. La testa di Oddo rischia di cadere, ma probabilmente non sarà l'unica.