"Io vado oltre: bisognerebbe fare un campionato europeo tra le migliori di ogni Paese e le altre nei campionati nazionali. Così non ha più senso. La disparità economica è enorme, superiore al passato. Pensi un po’: Inter e Juve arrivano, ci tolgono i migliori e si sistemano, noi ci indeboliamo. Come competere? La prima che fa 100 punti e le ultime tre così in basso non sono un bene per nessuno"
Senza peli sulla lingua, con una lucidità ed una sincerità proprie del personaggio. Gian Piero Gasperini si sfoga così, ai microfoni del Corriere della Sera, rispondendo alla domanda del cronista che gli chiedeva se fossero troppe le venti squadre che militano nel campionato di Serie A. Una risposta chiara e decisa, che il tecnico dell'Atalanta ha maturato dopo le cessioni, nella sessione invernale, di Gagliardini all'Inter in primis e di Caldara alla Juventus successivamente (oltre a Kessiè che sembra ad un passo dalla Roma).
Successivamente, lo sguardo viene rivolto alle cose di casa Atalanta, con Gasperini che ripercorre così le difficoltà di inizio stagione: “È stato un avvio difficile. Io pensavo già di lanciare i nostri giovani, ipotizzavo però una transizione soft. Le difficoltà hanno accelerato i tempi e generato la sterzata decisiva. E’ stata una lezione utile per tutti. E non solo nel calcio: in Italia si tarpano troppo le ali ai giovani, come se noi seniores non sbagliassimo mai". Ed ancora, riguardo il paragone con la mentalità dell'Athletic Bilbao e sul suo essere rivoluzionario, prosegue così: "Sicuramente ho avviato una svolta. Ma ho solo seguito le indicazioni del presidente. L’Atalanta è molto legata al settore giovanile e al territorio, simbolo di una città e di una grande provincia. Hanno evocato l’Athletic Bilbao. Ci può stare, anche se le istanze di base sono molto diverse, ma è uno stile che ho sempre ammirato anche prima".
Ed ancora, sulle maggiori sorprese stagionali: "Il secondo tempo con la Roma: calcio eccezionale. E poi Gomez: era già forte, ora è molto forte. Ho pure pensato di usarlo da centravanti come Mertens, poi è esploso Petagna. Ma il Papu deve fare gol, glielo dico sempre: ‘stai vicino all’area e vedrai che segni'”.
Inoltre, riguardo gli obiettivi stagionali e sull'interesse della Roma nei suoi confronti, il tecnico chiude la parentesi legata all'Atalanta dell'intervista: “L’Europa League? Noi lì in alto non c’entriamo niente. Però, vinto lo scudetto della salvezza, ci proviamo. La strada è lunga e le avversarie credo si aspettino un nostro calo. Roma? Sinceramente: io qui sto benissimo, sono totalmente dentro il progetto, ho superato anche la saudade del mare. Estero? Una volta avrei cambiato solo per la Premier League. Ma alla mia età non conta il denaro bensì la qualità di vita e del lavoro in campo, la cosa che amo di più”.
Infine, una battuta anche sulla sfida di domenica sera tra Juventus ed Inter, con le polemiche di fine gara che non sono piaciute al Gasp, anche se si riconosce in questo diffusissimo atteggiamento: "Molto bella, con due squadre molto forti. Tutto il resto però è negativo. Troppe polemiche, troppo peso all’episodio e non al quadro generale. Ci cado anche io? Vero. Predico bene e razzolo male. Riconosco il mio difetto, ma il calcio è il nostro Colosseo, tira fuori istinti eccessivi e a volte ti fa sclerare. Lo vedi anche in tribuna con gente insospettabile. Perciò dobbiamo lavorare tutti per ritrovare serenità".