In pochissimo tempo non si fanno miracoli. La Roma non cambia tendenza e rimane al palo, anche nel nuovo corso Spalletti. Ancora tanto lavoro, tanto da provare, e ora arrivano anche le sfide che contano, con la Juve lanciatissima che non vuole fermarsi. Occhio, perché è un vero match spartiacque. Abbiamo visto una nuova Roma, tatticamente. La vecchia Roma resiste, quella del gioco rallentato e delle poche idee. E, come detto in apertura, i miracoli hanno bisogno di tempo, e sono frutto del costate lavoro.
Contro il Verona, il tecnico di Certaldo ha provato diverse soluzione, dal 4-2-3-1 alla difesa a tre, che rivedremo spesso. La Roma è partita anche bene, è andata in gol, ma non ha ammazzato l'avversario. La scelta è stata quella di schierare De Rossi-Pjanic più arretrati, con Florenzi e Salah esterni, e Nainggolan alle spalle di Dzeko, con in difesa Castan al fianco di Manolas e Torosidis e Digne ai lati. In poco tempo difficile notare grandi cambi, ma ecco l'accorgimento che si nota di più: è la tecnica Spallettiana definibile "uno alla volta". Non spingono sulle fasce entrambi i terzini, ma solo uno, Digne, con Torosidis che resta più accorto. Lo schieramento iniziale viene modificato dopo un quarto d’ora e diventa un 3-5-2: in fase di non possesso ecco Dzeko e Salah punte, mentre quando viene riconquistato il pallone Torosidis resta allineato a Manolas e Castan.
Insomma, una tattica che potrebbe trarre in inganno e produrre bel gioco, ma forse poco produttiva in zona gol. Il problema Dzeko è infatti pressante. Non è scarso, ma non segna. Ieri ha avuto cinque nitide palle gol. Tutte e cinque clamorose e ha preso la porta solo in una di queste, colpendo il palo. Deve essere supportato perché per un attaccante non c'è niente di peggio di non riuscire a segnare ma, al momento, rischia di diventare un problema.