Romano e romanista: stiamo parlando di Alessandro Florenzi che in una lunga intervista rilasciata al sito ufficiale giallorosso si è voluto raccontare partendo da alcuni retroscena sulla sua infanzia: "Ho avuto una infanzia felice con due genitori che mi vogliono bene e un fratello che mi ama. Sono cresciuto nella zona periferica di Roma, in un comune che si chiama Vitinia. I ricordi più vivi sono ovviamente quelli legati ai miei cari… e al pallone: bastava infatti avere una sfera tra i piedi ed io ero felice, semplice. La Roma? Credo che avrò avuto quattro o cinque anni quando ho iniziato a vedere le prime partite alla tv con mio padre: lì ho iniziato a capire il calcio, le sue regole e cosa fosse quella squadra che giocava con i colori giallo e rossi".

Poi Florenzi ha voluto raccontare i primi giorni alla Roma, dal provino all'incontro con Bruno Conti: "Quando avevo nove anni sono andato a giocare nella Lodigiani, in quella che al tempo era considerata la terza squadra della capitale, visto che militava nell’allora serie C. Dopo due anni lì mi sono trovato nella situazione di dover scegliere tra Roma e Lazio, che mi volevano entrambe. Io mi sono convinto quando sono andato con mio padre a Trigoria e lì ho incontrato Bruno Conti, il responsabile del settore giovanile del club. Non mi ricordo bene cosa ci dicemmo, ma mi bastò la sua presenza e la sua accoglienza per farmi scegliere i colori giallorossi. Non feci un provino vero e proprio. Mi ricordo di sicuro il primo allenamento. Eravamo all’Eucalipti, un campo vicino a Via Marconi, zona Sud di Roma. Era la stagione 2001/02 ed io iniziai con la categoria Esordienti. Ero sicuramente un po’ emozionato, dato che comunque indossavo per la prima volta la divisa della Roma e c’erano i tecnici del club. Poi, però, una volta iniziato a giocare, passò tutto: alla fine c’era sempre un pallone in campo e c’era da divertirsi". E il primo giocatore che ha incontrato non poteva non essere Totti: "Non tutte le giovanili si allenavano a Trigoria, quindi non era facile incontrare i calciatori della Prima Squadra. Io però ho avuto la fortuna di fare il raccattapalle allo stadio Olimpico: ho iniziato nella stagione 2002/03 e quindi allo stadio avevo la possibilità di vedere tutti. Uno dei primi che ho visto da vicino è stato proprio il Capitano, Totti. Mi ricordo che mi sembrava grande fisicamente, mi metteva in soggezione, anche se poi è bastata una sua battuta e un suo saluto per mettermi subito a mio agio".

Infine il jolly della Roma ha voluto raccontare il momento più bello prima di approdare in prima squadra: "La vittoria dello scudetto con la Primavera nel 2011 fu un successo incredibile, dato che in finale con il Varese perdevamo 2-1 fino al 91'. Poi quasi all'ultima azione Montini segnò e poi ci portò alla vittoria nei supplementari. Fu una gioia e una emozione speciale, anche perché io ero il capitano di quella squadra. Soffrii un po’ quando militavo nei Giovanissimi Nazionali. Nella regular season, con mister Scuderi non scesi praticamente mai in campo. Poi cambiò il tecnico e arrivò ad allenarci Stramaccioni e con lui giocai sempre titolare, anche l'anno successivo quando passammo con lui negli Allievi Nazionali". E l'emozione della firma del primo contratto: "Il primo contratto professionistico l’ho firmato a Trigoria quando ero in Primavera. La cosa bella è che presenti con me in quell’altro punto fondamentale della mia carriera da calciatore c’erano le stesse due persone presenti nel primo momento importante, quello del primo giorno alla Roma: infatti, praticamente a distanza di dieci anni dall’arrivo alla Roma, io varcai con mio padre il cancello di Trigoria e incontrammo sempre Bruno Conti. Sempre noi tre. Che dire di quel giorno: i miei erano davvero orgogliosi e contenti perché capirono che potevo davvero fare qualcosa di importante con la cosa più bella del mondo per me, il gioco del calcio. Ho detto ‘ce la posso fare’ durante l’ultimo anno di Primavera, quando abbiamo vinto lo Scudetto, e poi la stagione successivo sono andato in prestito al Crotone. Mi è scattato qualcosa dentro: coscientemente nemmeno te ne accorgi, ma ti cambia qualcosa nella testa per cui capisci che la strada è quella giusta. Arriva il momento in cui ti dici ‘in campo ci posso stare’ e poi da lì vai avanti per la tua strada, lavorando".