"Live or let die".
Prendiamo in prestito il titolo dell'eccezionale canzone di Paul McCartney (ripresa peraltro dai Guns n' Roses in una versione che, personalmente, preferisco di più e non di poco), storpiandone leggermente il titolo, per fotografare in toto quello che rappresenta stasera la sfida dell'Olimpico per la Roma di Rudi Garcia. Non c'è altro modo per dirlo: è questione di vivere o lasciarsi, in questo caso, morire. Sportivamente parlando è qualificarsi o meno alla fase ad eliminazione diretta della Champions League, ma assomiglia tremendamente alla cruda realtà.
Periodo a dir poco nero quello della squadra allenata dal francese, che non riesce più a ritrovarsi sia tecnicamente che mentalmente, apparentemente abbandonata a se stessa quando si tratta di difendere un risultato e un successo. Tuttavia stasera, nel deserto o quasi dell'Olimpico, la Roma ha l'occasione per rialzarsi, emotivamente e non solo: vincere contro il BATE contribuirebbe a riacquisire un'autostima non da poco, fondamentale in vista delle due sfide che separano le squadre dalla sosta di Natale, da vivere con la maggiore serenità possibile.
Come si batte, però, il BATE? Queste alcuni dettami tecnico-tattici, ed anche mentali, per provare a battere i bielorussi.
Lo scioccante inizio dell'andata
Una Roma apparentemente irriconoscibile quella del primo tempo della Borisov Arena, che però iniziò a mettere a nudo tutti i problemi strutturali della difesa, che sottovalutò oltremodo la partita, prima di tornare negli spogliatoi nell'intervallo con tre reti sul groppone. La squadra di Garcia dovrà essere brava a non lasciarsi prendere d'infilata sulle folate di M.Volodko e Mladenovic sulla fascia di Florenzi così come all'andata, quando il duo costruì, con la complicità delle grossissime defezioni della difesa romana, il trio di marcature che decise, in pratica, la gara.
Aggredire gli aggressori e la pressione
Di fondamentale importanza, per portare a casa successo e qualificazione, risulterà l'aspetto mentale della squadra giallorossa, proprietaria del proprio destino tra le mani. Da scacciare assolutamente i fantasmi dell'andata, del tracollo del Camp Nou e, soprattutto, delle recenti battute d'arresto in campionato contro Bologna, Atalanta e Torino. Facile a dirsi, tutt'altro che a farsi.
Come reagire in campo? Aggredendo gli avversari, irretendoli, dal primo all'ultimo secondo. Mai un attimo di tregua, tecnica e fisica, con il centrocampo che dovrà essere ago della bilancia in qualsiasi fase di gioco, nell'accorciare ottimamente come fatto nel secondo tempo della campagna bielorussa, oltre che non lasciare modo agli esterni di sovrapporsi in attacco e proporre ed accompagnare la manovra in fase di impostazione.
Ecco cosa evitare:
Nel primo tempo una Roma particolarmente passiva in fase difensiva, lasciava ai mediani e ai terzini avversari praterie per giocare la palla e creare le proprie azioni da rete. In questa occasione, quella del primo gol, Volodko ha tutto il tempo di prendere di infilata la difesa giallorossa: in quattro accerchiano il giocatore del BATE, senza che nessuno intervenga. Facile lo scarico sull'out mancino per l'accorrente terzino, che ha il merito di distogliere l'attenzione da ciò che succede al centro e di allargare gli spazi tra le maglie difensive romaniste.
Mladenovic è impeccabile nel servire centralmente Signecivh, che a sua volta fa la sponda per l'inserimento di Volodko (chi ha iniziato l'azione e non è stato fermato?): epilogo scontato, con il trequartista che entra in area provocando repentini scali di marcatura da parte della Roma, che non riesce ad evitare il gol del vantaggio, ad opera dopo una serie di rimpalli di Stasevich sul secondo palo.
Il gol del raddoppio è figlio di tanti fattori: della scarsa aggressività di Nainggolan, che perde un contrasto; del cattivo posizionamento di Szczesny; ed infine dell'invenzione di Mladenovic, provocata però dalla solita marcatura blanda ai danni del terzino del BATE, che ha tutto il tempo per valutare il da farsi e piazzare alle spalle del portiere della Roma (seppur non sia chiara la volontà di calciare in porta):
Gol figlio anche dell'atteggiamento, di fiducia ed aggressività della squadra di casa, che soffoca la Roma a metà campo, attaccando all'unisono con quattro uomini oltre il portatore di palla. In questo caso, al momento della conclusione, si nota come il posizionamento dei centrali di centrocampo sia sbagliato: infatti, seppur notando l'assenza di Salah dalla fase di copertura sulla discesa del terzino, non riescono a chiudere in tempo sul mancino, libero di prendere tempo e decidere quale sia la soluzione migliore.
La terza realizzazione, che chiude di fatto la sfida da incubo della Roma, è l'emblema della pessima lettura difensiva della squadra di Garcia, che lascia il solo Florenzi a presidio della palla, in uno contro uno contro Volodko e non scala con le marcature. E' impensabile a questi livelli lasciare uno spazio così ampio alle spalle del terzino giallorosso, con Rudiger che è clamorosamente fuori posizione e con Salah, ancora una volta, impreciso e ritardatario nel chiudere l'inserimento di Mladenovic.
Il terzino cavalca la fascia e legge perfettamente lo spazio vuoto, sciapo di maglie grigie romane, ha il tempo come nell'occasione precedente di stoppare, decidere quale sia la soluzione migliore e battere ancora una volta il portiere polacco della Roma (il tutto senza nulla togliere alla magnificenza dei due gol, prodezze assolute personali).
Da quest'altra angolazione si nota come Rudiger sia ovviamente fuori posizione e che Manolas e Nainggolan, centralmente, non si accorgano dell'assenza del compagno prendendo il suo posto e lasciando un vuoto colmato dalla presenza del terzino ospite. Comunicazione scarsissima, attenzione e concentrazione sono alla base di questo errore marchiano che è costato il tre a zero del BATE, preso in una situazione di gioco di palese superiorità numerica (sono in tre i giocatori avversari, sette quelli della Roma a presidio dell'area, oltre il portiere).
Dove è cambiata la Roma nel secondo tempo?
Da vittima, passiva ed abulica, è tornata in campo una squadra viva, corta tra i reparti e finalmente cinica, soprattutto in fase di non possesso che scaturiva palle recuperate e ripartenze veloci. In questo caso, Roma perfetta in fase di possesso palla, con Florenzi larghissimo a destra pronto a ricevere palla ed allargare la difesa avversaria (Torosidis alle sue spalle pronto alla sovrapposizione).
Pjanic ha tempo di superare la linea centrale di centrocampo del BATE con un passaggio facile ed aperto per Salah. L'egiziano legge la situazione accentrando su di sè le attenzioni della difesa prima di scaricare a Iago Falque che è già faccia alla porta: basta un attimo per osservare, nel frame successivo, il taglio di Gervinho alle spalle della difesa (facilitato dall'assenza di un centravanti puro) e con un tocco servire l'ivoriano a tu per tu con il portiere dal BATE per il gol del 3-1.
Nell'arrembaggio finale, un esempio di quello che dovrà provare ad essere la Roma nell'atteggiamento mentale odierno: chiaramente senza sbilanciarsi eccessivamente, nell'atto della spinta del terzino (come Digne nell'occasione) tutti i giocatori della Roma, attaccanti e mezzeali in sostegno, dovranno attaccare l'area di rigore del BATE, nel tentativo, oltre che di intervenire sulla sfera per cercare la realizzazione, di tenere impegnati anche mentalmente i difensori bielorussi, di certo non impeccabili ed imperforabili di loro. Sette in questo caso i giocatori offensivi della Roma, contro sei avversari.
Tattica, dunque, ma non solo, con la Roma che dovrà soprattutto eccellere da un punto di vista mentale, di atteggiamento e di aggressività: la stessa vista nel primo match contro il Barcellona che ha caratterizzato le rimonte della squadra giallorossa contro il Bayer alla BayArena e contro il BATE in Bielorussia. Scacciare i fantasmi dell'eliminazione e la paura di non farcele i passi necessari per provare a centrare l'obiettivo qualificazione, imprescindibile soprattutto economicamente per il futuro della società capitolina.