Vittoria doveva essere e vittoria è stata. La Roma che si affacciava al quarto turno della fase a gironi di Champions League si presentava al cospetto della seconda delle sfide contro i temibili tedeschi del Bayer Leverkusen con le spalle al muro, alla ricerca di un successo che mancava da oramai troppo tempo. Il rigore di Pjanic, dopo l'ennesimo harakiri, ha scacciato in un sol colpo tutti i fantasmi che si stavano addensando sui 50 mila e passa presenti dell'Olimpico, concedendo alla squadra di Rudi Garcia un'altra chance in ottica qualificazione. Tuttavia, il secondo posto conseguito grazie alla vittoria sulla squadra di Schmidt non mette al sicuro la qualificazione, che con ogni probabilità passerà per le sorti giallorosse da un risultato positivo al Camp Nou.

Come al solito, la Roma bella e saggia vista in Serie A si trasforma nel brutto anatroccolo quando nel cerchio di centrocampo viene esibito il vessillo della Coppa dalle grandi orecchie in una squadra con più dubbi che certezze, resa labile dalle scarsissime certezze della fase difensiva. Non è una questione individuale, bensì di un movimento di reparto e di personalità di squadra che, in Europa, diventa estremamente fragile quando ansie e paure di non conseguire il risultato sperato sgominano l'irruenza e l'impeto di una squadra che potrebbe fare ben altro cammino al di fuori dei confini dello Stivale.

La forza della Roma la si nota nel sovvertire il risultato della BayArena, quando tutto sembra oramai perso, ed anche nell'imporre il proprio credo tattico contro Barcellona e Bayer davanti al pubblico amico. Se contro i blaugrana però, il blasone della gara aveva permesso ai giallorossi di tenere la spina della concentrazione alta, contro i tedeschi di Schmidt la musica è stata ben differente, con la Roma che è entrata in campo con il coltello tra i denti, vogliosa di mettere subito le cose in chiaro.

Nel 2-0 dell'intervallo, però, c'è da considerare anche l'incredibile mano degli ospiti. La partenza dei padroni di casa è sì stata fulminante, ma non si può non rendere grazia ad una sfrontatezza, mista a scelleratezza e delirio di onnipotenza, del Bayer nell'approcciare la gara con ben otto giocatori al di là della linea della palla: Salah fa impazzire l'Olimpico, Dzeko raddoppia ma fallisce l'occasione più ghiotta per chiudere la gara dopo soltanto trenta minuti. Gervinho ed il Messi d'Egitto fanno ammattire la retroguardia tedesca, completamente in balia delle folate degli italiani, che peccano in cinismo nel chiudere il discorso già nei primi 45 di gioco.

La ripresa, come detto, mette in mostra tutte le debolezze, mentali e strutturali della Roma, che concede in cinque minuti più di quanto fatto nell'arco del primo tempo agli avversari: così come a Leverkusen, la squadra di Garcia entra in campo deconcentrata e concede ai tedeschi di rientrare in partita. Il raddoppio ed il conseguente pareggio di Hernandez hanno denotato, ancora una volta, quella mancanza di compattezza che a questi livelli, il più delle occasioni, compromette il passaggio al turno successivo.

Subire 10 gol in 4 partite è eloquente, ed i giallorossi, nonostante il secondo posto in classifica ed un attacco che fa impallidire la maggior parte delle retroguardie del Vecchio Continente, devono analizzare gli errori e porvi rimedio in vista delle ultime due gare. I tre punti casalinghi contro il BATE potrebbero anche non bastare, dal momento in cui i teutonici avranno, sulla carta, un calendario leggermente più agevole. La maturità europea che stenta ad esser conseguita potrebbe ostruire il passaggio dei giallorossi agli ottavi di finale, che alla luce di quanto visto nella doppia sfida contro i tedeschi, sarebbe anche meritato.