La trasferta tedesca segnava una data fondamentale per il cammino europeo della Roma: una gara spartiacque che avrebbe definito, in un senso oppure nell'altro, il destino dei giallorossi verso gli ottavi di finale. Partiamo da un presupposto fondamentale per analizzare la situazione della squadra laziale nella fase a gironi della Champions League dopo le prime tre partite disputate: nulla è compromesso, sia ben chiaro, ma quando una squadra al giro di boa del girone è a quota 2 punti con 8 gol subiti in tre partite e sono più le domande che insinuano dubbi che le certezze a farla da padrone, la situazione non è di quelle più esaltanti. Dopo la devastante sconfitta in terra di Bielorussia era attesa una prova di forza e maturità da parte della Roma di Garcia, che però per un motivo o per un altro è arrivata solo in parte.

Da salvare della spedizione tedesca ci sono due aspetti, come dirà a fine gara il tecnico francese (anche se lui è costretto a farlo per tenere alto il morale della barca e per evitare una seconda Caporetto). Già, perché la Roma, a distanza di un anno, potrebbe piombare in una crisi profonda, e per mano ancora una volta di una squadra teutonica: se un anno fa fu l'1-7 ad opera del Bayern di Guardiola a devastare gli animi di De Rossi e compagni, stavolta non è una sconfitta a poter pregiudicare il cammino verso gli ottavi, bensì una vittoria che sembrava oramai essere arrivata e sfuggita a pochi secondi dal fischio finale.

Gli aspetti da salvare, come dicevamo, sono due: il risultato, che alla vigilia vedeva la Roma costretta a fare quantomeno un punto alla BayArena (ed è arrivato) e la reazione da grande squadra dopo l'inizio più che scellerato. Certo, se si analizza il contesto generale della gara, una squadra capace di rimontare l'ostico Leverkusen di Schmidt (anche se non è quello vero e devastante degli ultimi anni) ed andare avanti sul 2-4 a pochi minuti dal termine, ha buttato al vento un'altra occasione, la seconda dopo quella in Bielorussia contro il BATE per ipotecare o comunque indirizzare favorevolmente il discorso qualificazione. Il terzo aspetto da considerare è quello offensivo, che in qualsivoglia modo riesce a sbloccare le partite sfruttando successivamente ripartenze ed accelerazioni per chiudere la gara. Tuttavia, quando c'è da gestire ritmi ed impostare l'azione la Roma non ha un gioco degno di tal nome ed è spesso tutto frutto dell'improvvisazione e delle giocate dei singoli (leggasi accelerazioni di Gervinho e poco altro).

La doppietta di De Rossi ha lanciato un messaggio alla squadra, raccolto dal solito Pjanic che alla prima occasione ha messo il solito scippo su tela da piazzato con la egual facilità con la quale un pittore si assesta sul suo sgabello ed impugna il pennello, prima che Iago Falque, maggiormente presente e pimpante rispetto al deludente Salah, illudesse tifosi ed appassionati italiani. Ancora una volta la Roma scivola sulla buccia di banana in Champions, denotando semmai ce ne fosse bisogno, una mancanza di personalità e cinismo, che fa tutta la differenza quando ci si gioca una qualificazione verso l'elite 16 della manifestazione più blasonata del Vecchio Continente.

Non solo, il contraccolpo psicologico della rimonta subita e non inferta potrebbe essere potenzialmente devastante ai capitolini, che domenica saranno impegnati in casa della Fiorentina, prima di affrontare Udinese ed il trittico Inter, Bayer e Lazio che deciderà gran parte del futuro stagionale di Garcia e soci. L'aspetto che più deve preoccupare l'allenatore francese, tuttavia, è quello difensivo, che in contro-tendenza a quello offensivo che viaggia a gonfie vele, lascia alquanto a desiderare: 10 gol subiti in 8 partite di campionato, 8 nelle tre gare europee (1 dal Barcellona, 3 dal BATE tutti nel primo tempo, 4 ieri sera in Germania). Rudiger è spesso un pesce fuor d'acqua, fuori posizione come in occasione del secondo gol e sbadato e poco lucido come nel pareggio finale. Manolas non riesce a gestire l'intera linea difensiva, non per demeriti suoi, ma per il semplice fatto che non è un leader difensivo ma un ottimo difensore da costruire che non può avere un reparto in mano. Digne e Torosidis fanno il possibile, ma propendono maggiormente per la fase offensiva che per quella spalle alla porta.

La Roma deve fare quadrato e migliorare questo aspetto, barometro ultimo delle velleità di una squadra che punta a vincere lo Scudetto ed andare quanto più avanti possibile in Champions League.