La corsa per l’Europa League, una chiusura da favola con l’ottavo posto e il record di punti in serie A, un’estate vissuta con troppe sicurezze e un inizio campionato tale da mostrare, al di là del rendimento che vale l’ultimo posto solitario in classifica, una squadra smembrata e senza reazione, quasi destinata ad una retrocessione impensabile alla vigilia e amarissima nel suo prospettarsi. Alla fine di ogni anno solare arrivano sempre puntuali le riflessioni e i bilanci, ma la disamina del 2013 per il Catania mette a nudo uno scenario quanto mai complesso e altalenante, difficile da leggere con l’ausilio dei soli risultati sportivi.
Una società che, fino allo scorso maggio, era pensata come uno dei modelli da seguire entro i confini nazionali per crescita aziendale e sportiva ha palesato e sta palesando adesso difficoltà mai viste quanto a programmazione del mercato e gestione dell’organico oltrechè dell’ambiente. La “mano invisibile” della grinta, dell’unione e dello spirito di sacrificio che ha sempre caratterizzato questa squadra, anche nelle fasi di precarietà tecnica e difficoltà a fare risultati, adesso sta mancando del tutto in un gruppo che, a livello di nomi, è il più attrezzato dal ritorno in A nel 2006 fino ad oggi.
Non sempre individualità forti fanno un gruppo forte, e nella svolta che il presidente Antonino Pulvirenti ha voluto dare all’organigramma societario all’indomani della fine di un campionato da incorniciare qualcosa non ha funzionato. Una struttura orientata più all’aspetto puramente tecnico a scapito della gestione del gruppo è l’espressione materialmente più evidente di un clima di avventata sicurezza, nel quale si sono fatti coinvolgere anche lo staff tecnico di Rolando Maran e un organico qualitativamente non inferiore a quello precedente ma privo di un “filo conduttore” nel gioco e forse anche nel lavoro quotidiano.
Lo stato attuale di una squadra che rischia una retrocessione inattesa alla vigilia del torneo, tra l’altro ad oggi legittima per gioco e numeri, offusca inevitabilmente la prima parte di un 2013 che pure ha mostrato il lato di un Catania impeccabile e col “pilota automatico”, macchina perfetta che si era guadagnata il rispetto e l’ammirazione dell’intera Italia calcistica e che ha avuto il privilegio di rimanere in corsa, fino a poche giornate dalla fine, per la qualificazione in Europa.
Introduzione
Dopo 18 gare di campionato, il Catania di Rolando Maran, tecnico arrivato nell’estate 2012 dopo la promozione in A sfiorata con il Varese e debuttante nella massima serie, veleggia nella rassicurante parte centrale della graduatoria, al nono posto con 25 punti. L’arrivo sulla panchina del trentino, succeduto a Vincenzo Montella, ha seguito di poche settimane l’insediamento nel CdA societario, in qualità di amministratore delegato, di Sergio Gasparin. Gasparin, dirigente dotato di equilibrio, tatto umano e savoir-faire in ambito gestionale ed aziendale, è l’uomo scelto dal presidente Antonino Pulvirenti per sostituire Pietro Lo Monaco, protagonista in cabina di regia della lenta, faticosa e solida affermazione del Liotro nel massimo campionato nazionale. La dirigenza mantiene l’inteleiatura di squadra della stagione precedente e gli stessi equilibri dell’ambiente non sembrano minimamente intaccati dai cambiamenti estivi.
Gennaio: entusiasmo e classifica tranquilla, ma quelle tre vittorie…
I rossazzurri hanno chiuso un 2012 abbondantemente positivo, anche grazie all’operato di Montella nel torneo precedente, con una sconfitta a Pescara (2-1) che si configura come un accettabile incidente di percorso. Rammarico anche nella “prima” del nuovo anno, dove il Catania al “Massimino” non va oltre lo 0-0 con il Torino: Francesco Lodi, tra i protagonisti dell’ottimo percorso etneo e al centro di diverse voci di mercato che lo vogliono in partenza già a gennaio, cede al nervosismo e si fa espellere dopo pochi minuti per un fallo di reazione su Meggiorini, gli etnei conducono comunque le operazioni per buona parte della gara e falliscono pure un rigore nel primo tempo con Bergessio (incrocio dei pali).
Un punto contro due avversarie alla propria portata, unito all’eliminazione in Coppa Italia ai quarti contro la Lazio all’”Olimpico” (3-0), sembra configurare un periodo di flessione per i rossazzurri, attesi ora da tre impegni di medio-elevata difficoltà in campionato; gli etnei devono pure rinunciare a Lodi per quelle tre gare, ma neanche il tifoso più ottimista si aspetterebbe quello che verrà più avanti: il Catania fa bottino pieno in tutte e tre le occasioni, battendo in serie la Roma in casa (1-0, decide Gomez ad inizio ripresa), il Genoa a Marassi (0-2 firmato Bergessio e Barrientos, è la seconda vittoria esterna stagionale) e la Fiorentina al “Massimino” (2-1, Legrottaglie e Castro nel finale ribaltano il gol di Migliaccio).
Febbraio: la salvezza in tempo record e la virata per l’Europa
Il mercato di gennaio non porta grossi stravolgimenti, Pulvirenti e Gasparin riescono a trattenere i propri “big” e guardano alla seconda parte di campionato con rinnovata sicurezza. I rossazzurri escono sconfitti da Napoli a testa alta (2-0), poi chiudono il doppio turno esterno con un pari senza soffrire a Bergamo contro l’Atalanta (0-0). Ma la successiva vittoria al “Massimino” contro il Bologna (1-0, rete di Almiron) porta a ben 39 punti in 25 giornate, praticamente il raggiungimento teorico della salvezza già a tre mesi dalla fine del campionato. Il rendimento brillante, l’entusiasmo tangibile e la situazione di classifica inducono a non nascondersi e a puntare, con consapevolezza delle oggettive probabilità di riuscita ma al contempo con spirito ambizioso, alla qualificazione alle coppe europee, in quel preciso momento per nulla lontana: il presidente Pulvirenti lo annuncia senza mezzi termini nella conferenza stampa del dopo-gara.
Parole cariche di fiducia e voglia di non fermarsi, che trovano una grande risposta dal collettivo la domenica successiva, a Parma, dove i rossazzurri colgono la terza vittoria esterna della stagione superando gli emiliani per 2-1 (gara decisa nel primo tempo da Lodi e Keko, al suo primo gol in A, inutile nel finale il gol di Amauri). Dopo la 26^ giornata il Catania è settimo in classifica con 42 punti, a sole due lunghezze dal quinto posto, occupato dall’Inter di Stramaccioni che nella gara che segue arriverà al “Massimino” per un vero e proprio scontro diretto per l’Europa.
Marzo: con Inter e Lazio due docce fredde che allontanano dal sogno continentale
E’ ai limiti del magico lo scenario che si presenta al 45’ di Catania-Inter del 3 marzo: i rossazzurri, in una gara assolutamente inedita a livello di importanza per prestigio dell’obiettivo in gioco, conducono con pieno merito per 2-0, grazie alle reti di Bergessio e Marchese. Gara fino a quel momento condotta autorevolmente dai padroni di casa sui nerazzurri, fragili in difesa e poco incisivi in avanti. L’esperienza in gare di tono importante, insieme alla tensione e alla delicatezza di un momento difficile da gestire, segnano però la seconda metà di gara, che riserva agli etnei un andamento disastroso: Bergessio sfiora il tris appena dopo l’intervallo, ma la squadra di Maran gradualmente si disunisce e perde il contatto con la partita, non riuscendo più a costruire e perdendo sempre più terreno; l’Inter prende coraggio, prima accorcia con Alvarez e poi ribalta con Palacio negli ultimi venti minuti, condannando i rossazzurri ad un’indigesta sconfitta al 92’.
Quel risultato, e soprattutto il modo in cui è maturato, fa riflettere molto e il presidente Pulvirenti, quasi trascinato dall’emotività con cui ha vissuto la precedente settimana e quei 90 minuti, ammetterà che il discorso Europa per il suo Catania è di difficile riuscita. Il campionato del Liotro però continua, e la squadra di Maran non molla affatto: allo “Juventus Stadium” gli etnei non riescono a creare grattacapi alla corazzata di Conte ma cedono soltanto al 91’ (1-0, segna Giaccherini al termine di un’azione avviata da un intervento di dubbia regolarità di Barzagli su Castro); dopo quasi un mese, poi, il ritorno alla vittoria, al “Massimino” contro l’Udinese, piegata da un Gomez in grande spolvero (doppietta del “Papu” e punizione vincente di Lodi, nel finale il 3-1 di Muriel).
Ed ecco allora che si ripresenta un’altra grande occasione per avvicinare il treno europeo: dopo la sosta si arriva al turno pre-pasquale della 30^ giornata, il Catania, a 45, dista ancora solo due punti dalla zona Europa League e sfida all’”Olimpico” la Lazio di Petkovic, a parimerito con gli etnei e zeppa di indisponibilità. La gara è poco entusiasmante, i biancocelesti controllano ma non pungono con costanza, Catania in trincea e bravo e fortunato a trovare il vantaggio con capitan Izco ad inizio ripresa. Gli etnei reggono non senza patemi i confusi assalti laziali, eppure a dieci minuti abbondanti dalla fine il punteggio è ancora sullo 0-1; la delusione maturerà di lì a poco, nel giro di due minuti: prima una sfortunata autorete di Legrottaglie, poi Bellusci entra in netto ritardo in area su un avversario causando un rigore trasformato da Candreva. Un altro scontro diretto perso che fa da preludio, per il Catania, ad una serie di risultati che rendono sempre più distante il sogno europeo…
Aprile: stanchezza e un po’ di scoramento, ma la brillantezza dei risultati passati rimane
Escludendo agosto, in cui si è giocata soltanto la prima giornata, aprile è l’unico mese in cui non arrivano vittorie per il Catania. Vengono meno le energie, soprattutto mentali, e il Liotro è arrivato alla soglia di quanto poteva fisiologicamente dare. Rimane il coraggio e lo spirito positivo nel non aver fatto dei passi indietro a fronte di un obiettivo richiesto dalla situazione di classifica, per quanto i tre pareggi consecutivi con Cagliari, Chievo (0-0 con le prime due, contro i sardi alcuni fischi nel finale ma Pulvirenti richiamerà i tifosi ad una maggiore considerazione del classifica della squadra il martedì successivo) e Palermo (1-1, Ilicic impatta in pieno recupero il gol di Barrientos, rosanero indenni al “Massimino” dopo sei anni) certifichino lo stabilizzarsi dei rossazzurri alle soglie della top 8.
Il mese viene chiuso con il ko contro il Milan a San Siro, gli etnei vanno per due volte in vantaggio tra il primo e il secondo tempo con Legrottaglie e Bergessio ma, dopo il primo pareggio di Flamini, cedono nell’ultimo quarto d’ora con la doppietta di Pazzini e il sigillo su rigore di Balotelli.
Maggio: dopo una chiusura in crescendo, la vetta più alta mai toccata
Neanche questo periodo di flessione scalfisce le gratificazioni per un percorso mai condotto così in alto, e le ultime quattro giornate vedono il Catania fronteggiare avversarie decisamente alla propria portata per mettere quanto più fieno in cascina, con un nuovo obiettivo da non sottovalutare: l’ottavo posto, il maggior risultato già raggiunto per tre volte negli anni ’60, che in questa precisa fase storica ha un valore ancora più importante per gli inesorabili gap tecnici ed economici venutisi a creare tra le “grandi”, le “medio-grandi” e tutte le altre collocate più in basso. Gonzalo Bergessio va per la prima volta in doppia cifra nella serie A italiana, grazie alla tripletta a segno contro il Siena (3-0), con la collaborazione del miglior Barrientos mai visto alle pendici dell’Etna.
Tre giorni dopo, in una Genova addolorata per la tragedia del giorno prima al molo del porto locale, gli etnei escono imbattuti contro la Sampdoria (1-1, Spolli risponde a De Silvestri) prima di arrivare alla grande festa del “Massimino” per l’ultima casalinga. In un clima lieto e festoso il Catania batte il Pescara con il minimo indispensabile (1-0), grazie al gol di una delle figure della sua crescita tecnica e sportiva, quell’Alejandro Gomez destinato a salutare la piazza etnea alla fine della stagione (fonte video MondoCatania).
Nel dopo-gara si ripropone una scena in parte già vista nelle stagioni precedenti, con la soddisfazione di un’altra annata positiva e il giro di campo di tutta la prima squadra, ma sia l’importanza del risultato sia il sapore intrinseco della festa sono diversi: si celebra un rendimento mai così alto dal ritorno in A, ma il giro di campo è anche l’occasione per dare l’addio ad elementi fondamentali del gruppo in partenza, come Giovanni Marchese e Adrian Ricchiuti, tra i giocatori partiti per scadenza di contratto. Una settimana più tardi ecco il raggiungimento dell’ottavo posto, grazie anche ad finale di stagione disastroso per l’Inter di Stramaccioni: il 2-2 di Torino contro il granata di Ventura (etnei avanti con Almiron e Bergessio ma raggiunti per due volte da Cerci e Bianchi) basta e avanza per entrare tra le formazioni qualificate di diritto agli ottavi di finale della Coppa Italia 2013-14, ma già un’ora prima della gara è possibile scorgere i segni di un cambiamento che investirà anche l’organigramma dirigenziale, in barba al risultato appena ottenuto.
Una foto ritrae il presidente Pulvirenti che indica orgoglioso al suo fianco Pablo Cosentino, che di lì a pochi giorni sarà nominato vice-presidente del club etneo per il settore tecnico. Uno dei procuratori di maggior fama al mondo mette le sue competenze in materia di mercato al servizio della società, in un organigramma societario ridisegnato, che implica la rottura del rapporto con Sergio Gasparin: il 20 maggio 2013, con grande dispiacere della piazza che lo aveva cominciato a stimare in poco tempo, viene annunciata la risoluzione consensuale del contratto che legava il 61enne di Schio, tra gli artefici del Vicenza dei miracoli degli anni ’90, e il club di via Magenta.
Giugno – Luglio: nel mercato partenze pesanti, anche inaspettate, e in entrata c’è incertezza
Pulvirenti lo ha affermato con lucidità e fermezza sin dalla conferenza post-Cagliari: non si facciano voli pindarici per l’anno prossimo, l’obiettivo primario dovrà ancora essere la salvezza. Un imperativo facile da pronunciare ma difficile da recepire, specie dopo i cambiamenti importanti nell’organico ma soprattutto nella prima squadra: insieme alla partenza di Marchese, a parametro zero, e alla cessione preventivabile di Gomez (al Metalist per 6 mln di euro più uno di bonus) si registra anche l’addio di Francesco Lodi, autentico perno su cui Vincenzo Montella aveva costruito il suo 4-3-3, protagonista anche con Rolando Maran; il napoletano (più avanti Pulvirenti dichiarerà che “doveva andare via da Catania”, facendo capire come non si sia trattata di una scelta tecnica a priori della società) viene scambiato in comproprietà con Panagiotis Tachtsidis del Genoa, in cerca di riscatto dopo la stecca nell’esperienza alla Roma.
A preoccupare, però, non sono tanto le partenze, dinamica abituale per un club come il Catania, quanto le difficoltà mostrate dalla dirigenza nel reperire il prima possibile le pedine necessarie per completare l’organico: Maran dovrà attendere molto, fino ad agosto, per avere quello che dovrebbe essere il terzino sinistro titolare, Fabian Monzon. Si aggrega Sebastian Leto, elemento con trascorsi anche al Liverpool, che va a rimpolpare il reparto avanzato (era già stato tesserato ad aprile), insieme a Federico Freire.
Agosto: a ridosso della fine del mercato le ultime mosse, la preparazione continua in attesa di riscontri
L’amichevole con il Cagliari ad Olbia (sconfitta per 3-2) è l’unico test con una pari grado prima dell’inizio del campionato. Il club etneo balza agli onori delle cronache di mercato per l’acquisto di Gino Peruzzi, terzino destro classe ’91, appetito da mezza Europa ma ancora fermo per un infortunio al ginocchio dopo la vittoria del campionato argentino con il Velez. Si arriva direttamente alla prima di campionato, l’esordio in trasferta contro la Fiorentina di Montella: il Liotro, pur mostrando una condizione non ottimale, dà impressioni positive e deve mangiarsi le mani per due errori difensivi che spianano la strada ai viola, vincenti per 2-1 (gol di Giuseppe Rossi e Pizarro, di Barrientos il momentaneo pareggio).
Questa è l'ultima partita con la maglia rossazzurra per Marco Biagianti, entrato all'80' al posto di Tachtsidis. Il mediano fiorentino, con i gradi di capitano nonostante il ridursi del minutaggio per via dei problemi fisici e di un aumento del livello del reparto che non lo ha più visto tra le prime scelte, alcuni giorni più tardi sarà ceduto a titolo definitivo al Livorno. Lascia la maglia rossazzurra dopo sei anni e mezzo e 155 presenze in gare ufficiali (148 in serie A) con tre reti, tutte nella stagione 2009-10.
Emerge però la necessità di prendere dei giocatori già arruolabili e che vadano a rimpolpare l’organico, striminzito in alcune parti del campo o comunque bisognoso di giocatori pronti: la disastrosa prova di Monzon a Firenze accelera le trattative per l’arrivo di Cristiano Biraghi, mentre in mediana ecco Tiberio Guarente e, dal Bordeaux, il nazionale ceco Jaroslav Plasil. Quest’ultimo movimento si registra nell’ultimo giorno di mercato, il 2 settembre, ma proprio i primi due giorni di quest’ultimo mese sembrano già anticipare la grande complessità della stagione in casa etnea.
Settembre: tra sirene di mercato e condizione approssimativa l’inizio di campionato è disastroso
I telefoni di via Magenta vengono presi d’assalto già nel penultimo giorno di mercato, l’1 settembre, con il match interno contro l’Inter di Mazzarri alla sera. Uno dei giocatori al centro delle voci di mercato è Pablo Barrientos, che addirittura punta i piedi per il Qatar dopo un’offerta dell’Al-Jaish e rimane escluso dalla gara con i nerazzurri: Pulvirenti chiarirà con il giocatore e annuncerà la sua permanenza il giorno dopo, ma per quella sera gli effetti delle distrazioni derivanti dagli altri lidi e di una condizione che si mostra realmente precaria risulteranno devastanti. Il Catania viene schiantato al suo esordio casalingo stagionale, da quell’Inter sopravanzata nella stagione precedente e nel pieno della sua rinascita con Mazzarri: Palacio, Nagatomo e Alvarez firmano lo 0-3, c’è ancora un campionato davanti per trovare subito delle certezze solide ma la tanto attesa reazione nelle settimane successive non arriva.
Il punto più basso lo si tocca già a Livorno: il Catania ha l’iniziativa in mano ma non riesce mai a proporre spunti importanti, prima di subire i due colpi del ko di Paulinho nella ripresa (2-0). Con il Parma al “Massimino” è solo 0-0, a Roma contro la Lazio disastri difensivi e marasmi tattici fruttano la quarta sconfitta in cinque partite, illusorio il momentaneo pareggio di Barrientos nel 3-1 inflitto dai laziali (gol di Ederson, Lulic ed Hernanes).
La panchina di Maran non è più salda come prima, il presidente Pulvirenti interviene in sala stampa per rassicurare i tifosi e richiamarli al massimo supporto in vista della successiva gara interna con il Chievo, appuntamento assolutamente da non fallire (“la vittoria è la panacea di tutti i mali”): contro i gialloblù, ad onor del vero rinunciatari e raramente in gara, gli etnei conquistano la prima vittoria dell’anno, un 2-0 a firma di Plasil (innesto positivo nonostante la difficile situazione di squadra) e Castro. Si punta subito alla gara successiva con il Genoa, ancora in casa, per rilanciarsi definitivamente in classifica…
Ottobre: Maran paga per tutti, si punta su De Canio. Mannaia infortuni
Contro il Grifone, in una gara poco entusiasmante, sarà solo pari: Barrientos apre le marcature in avvio di ripresa sfruttando un errore di Antonini, il Catania rallenta e cede l’iniziativa al Genoa, che pur senza creare grosse occasioni perviene al pareggio nel finale con un’autorete di Legrottaglie (1-1). Rimane l’apprensione in casa etnea, è delicata la trasferta di Cagliari successiva alla sosta, ma la gara del “Sant’Elia” sembra uno specchio fedele di una stagione poco fortunata ma viziata da proprie manchevolezze: Bergessio illude in avvio, poi Legrottaglie fa girare in area Ibarbo che trova un gol splendido per il pari, atterrandolo poco dopo con un fallo da ultimo uomo che gli vale l’espulsione; Frison respinge il rigore del colombiano, ma il Catania, tormentato anche da altri infortuni (vedi Bellusci) rimane in apnea fino alla fine, non riuscendo ad evitare il colpo del ko di Pinilla (2-1).
Il giorno dopo la notizia sorprende non poco: Maran esonerato, arriva Luigi De Canio, secondo Pulvirenti il profilo giusto per aiutare il Catania a ritrovare la propria dimensione oltreché un livello di prestazioni accettabili. Maran paga sicuramente i frutti di una preparazione imperfetta, a livello atletico e di gioco, legata però anche ad un ambiente forse caratterizzato dalla vaghezza e bisognoso di un riferimento societario utile a mantenere il gruppo coeso e motivato.
Con il tecnico materano la tanto attesa “scossa” non si vede, neanche nella gara più importante delle prime tre della sua gestione: 0-0 con il Sassuolo al “Massimino”, ed è clamoroso l’errore di Zaza nel finale a tu per tu in solitaria con Andujar. Il 4-0 subito dalla Juventus a Torino rivela come altre gare successivamente la scarsa fiducia e voglia di lottare di un gruppo abbattuto dalle prime difficoltà.
In tutto questo pesano notevolmente, però, anche i diversi infortuni, anche di elementi considerati come punti di riferimento a livello di qualità tecnica: Almiron dopo le prime partite sarà sempre confinato in infermeria, Plasil e Barrientos rispettivamente per una lesione muscolare e per la frattura di una vertebra ne avranno per un mese e mezzo dopo la gara con il Sassuolo (ma recupereranno già per il Torino), mentre Bergessio, per un intervento energico di Chiellini a centrocampo e a punteggio acquisito allo “Juventus Stadium”, riporta la frattura del perone (anche da parte sua recupero record, già con il Verona a dicembre).
Novembre: vento di cambiamento, ma sarà un fuoco di paglia
A Napoli si vedono segnali positivi, i partenopei vincono 2-1 con il 70% di possesso palla e il lusso di sprecare diverse occasioni a risultato acquisito ma la buona vena mostrata da alcuni elementi, tra cui Maxi Lopez, e lo sviluppo di alcune trame di gioco fanno ben sperare. Le risposte concrete tanto attese non mancano e sette giorni più tardi il Catania, soffrendo e mostrando ancora le falle di un meccanismo di squadra quasi da ricostruire ma al contempo grande carattere e un discreto calcio nella prima parte di gara, piega l’Udinese con un rigore di Maxi Lopez (1-0), indicato da molti come il “salvatore” sulla falsariga del 2010.
La prova con i friulani è un’ottima base su cui crescere, prima della trasferta contro il Torino ci sarà la sosta a consentire un lavoro quotidiano meno esasperato e più produttivo in ottica futura, ma proprio il match con i granata di Ventura abbatterà qualsiasi pensiero confortante sulla ripresa degli etnei: all’”Olimpico” un Catania fragilissimo e riflesso anche della confusione tattica della sua guida tecnica subisce una disfatta senza appello (4-1, Immobile, doppietta El Kaddouri e Moretti per il Toro, momentaneo 2-1 di Leto per gli etnei).
Dicembre: una serie di prestazioni anonime per l’ultimo posto in solitaria e una situazione difficilmente recuperabile
Un’inattesa e indesiderata inversione di tendenza nella costruzione del gioco e nelle prestazioni che va a caratterizzare anche la sfida del “Massimino” con il Milan di Allegri, “resuscitato” in campionato in casa degli etnei: il Catania va avanti con Castro, subisce in maniera disarmante il pari di Montolivo e il successivo sorpasso di Balotelli, rimane in 10 per un’ingenua espulsione di Tachtsidis (uno dei segni tangibili del fallimento della programmazione stagionale, non vedrà più il campo almeno fino ad ora) e attacca con grande impeto e abnegazione prima di incassare il gol del definitivo 1-3 di Kakà, ancora con la complicità di Andujar, anche quest’ultimo definitivamente accantonato in favore di Frison a furor di popolo.
De Canio mescola e rimescola le carte alla disperata ricerca di una soluzione affidabile, i giocatori che cominciano ad essere impiegati in pianta stabile, come Peruzzi e Guarente, si trovano già chiamati a svolgere funzioni tattiche importanti. Si sfalda anche il rapporto tra piazza e squadra, con un gruppo di tifosi, spazientiti e delusi dalle difficoltà della squadra, che colgono l’occasione dell’allenamento a porte aperte indetto dalla società per contestare duramente i giocatori: si segnalano fischi reiterati ai singoli, cori e striscioni dal contenuto deciso e lanci di fumogeni e addirittura di un cassonetto della spazzatura in campo.
La svolta attesa dal tecnico ex Udinese e Lecce non arriva né nei risultati, né tantomeno nella costruzione del gioco e dell’identità: la sconfitta nello scontro diretto contro la Sampdoria a Genova (2-0, Eder e Gabbiadini) è pesante anche perché mostra una condotta tattica improntata al totale difensivismo, senza alcuna pretesa di provare ad imporsi in campo e lottare per strappare il massimo della posta in palio nonostante le proprie vistose difficoltà.
La scintilla, cosiccome un pizzico di fortuna, manca anche contro il Verona in casa: etnei più attivi e volenterosi, ma che non riescono a gonfiare la rete di un buon Rafael e non schiodano lo 0-0. Alvarez calcia con rabbia il pallone dopo il fischio finale, mentre altri giocatori si gettano a terra moralmente distrutti: è l’immagine di un Catania che non riesce a comprendere di trovarsi in questa situazione di difficoltà e a farvi fronte con una spinta condivisa da tutti. La degna chiusura di questa prima parte di stagione è il disastro dell’”Olimpico” contro la Roma: i giallorossi di Garcia sbloccano con il minimo sforzo nel primo tempo grazie a Benatia, poi dilagano con Destro (errore di Frison, ma l’ex Vicenza come a Genova è l’ultimo ad arrendersi), ancora Benatia e Gervinho (4-0).
Un Catania maltrattato, incapace di darsi da sé la sveglia e reagire ad una classifica che non rispecchia il potenziale dei giocatori e l’ambizione mostrata dall’intera società almeno fino a quest’estate, ma al contempo rende giustizia a quanto mostrato sul campo: 10 punti in 17 giornate, nove sconfitte in altrettante trasferte, peggior attacco e seconda peggior difesa (meglio solo del Sassuolo che ha preso sette reti contro l’Inter in una sola partita).
Non si può proferire la condanna a più di un girone dalla fine del campionato, tantomeno quando la zona salvezza dista cinque punti, ma la risalita passa da un atteggiamento orientato alla ricerca del massimo, sin dalla ripresa degli allenamenti di lunedì e in ogni momento, senza pause. Tanti sono i nomi accostati agli etnei per il mercato di gennaio, che deve certamente portare dei rinforzi degni di nota ma soprattutto condurre ad una quadratura dell’organico nell’ottica della lotta salvezza.
La società sa certamente come muoversi e sta già operando in tal senso: il giocatore più “caldo” in queste ore è Sergio Floccari per l’attacco, ma cessioni come quelle di Andujar, Maxi Lopez, da tempo turbato dalle note vicende extrasportive e voglioso di cambiare aria, e altri ancora sono da considerare come priorità per salvaguardare la ricerca di un’identità solida.
I movimenti in organico non saranno però uno strumento sufficiente per cambiare concretamente registro. Al di là delle valutazioni di opportunità sul trattenere De Canio, il cui impatto sulla squadra non ha portato né frutti né semi di crescita, il primo passo consisterà nella predisposizione dei giocatori a fare gruppo e a rimanere compatti e disciplinati nell’ottica del conseguimento del risultato fino all’ultimo secondo di ogni partita, quale che sia il punteggio.
Può sembrare severo chiedere questo, ma nel calcio, come nella vita, si deve lottare e sudare nella buona e nella cattiva sorte. Nessuno ti regala niente. E il Catania, come ha saputo conquistarsi con pieno merito il risultato brillante della scorsa stagione, non rubando nemmeno un punto dei 56 guadagnati e avanzandone anzi molti altri, deve saper fare altrettanto per difendere un patrimonio della città e dello sport locale come la massima serie calcistica nazionale.