Livorno, Verona, Parma, Lazio, Sampdoria, Bologna e Inter. La Roma ne fa sette, trascinate dal bel gioco e ottimo cinismo. Il merito, oltre che dei giocatori, è soprattutto di Rudi Garcia.

ROMA  - Dopo il lavoro non esaltante di Luis Enrique e Zeman, la società giallorossa cercava un tecnico capace di riprende la psicologia di una squadra ridotta ai minimi storici in termini di ambizioni. Lo spagnolo prima e il boemo poi avevano mancato l’accesso all’Europa League e con il supplente Andreazzoli è mancata la decima Coppa Italia. Durante l’estate 2013 l’aria di Trigoria era pesante: contestazioni e cessioni importanti spazientivano tifosi con la voglia di rivedere la Roma grande.

Sabatini sceglie Rudi Garcia, prelevato dal Lille, con cui ha vinto un campionato francese. Sconosciuto ai media italiani, mai sentito nominare dai tifosi. La scelta sembrava percorrere la stessa via che aveva portato Enrique e Zeman a Roma, lasciando presagire un altro anno di grandi amarezze. La sfiducia regnava sovrana.

“Sono un ambizioso, lavoreremo duro. Non ho paura di niente e sono qui per vincere con una squadra che si diverta giocando e faccia divertire i tifosi”. Con queste parole Garcia si era presentato al popolo giallorosso, con la consapevolezza di poter riportare la Roma nel grande palcoscenico europeo. La sua intenzione era quella di far rimanere i grandi della squadra, come De Rossi e Osvaldo, al centro di grandi chiacchiere del mercato. Ma Marquinhos, Osvaldo e Lamela escono di scena. De Rossi, rivitalizzato dalla Confederations Cup, rimane.

Intanto la pressione dei tifosi si sente, il malumore dilaga. Garcia risponde a tono: “Quelli che criticano il club e i giocatori non possono essere tifosi della Roma. Quando ami la tua squadra, il tuo club cerchi di incoraggiarla. Al peggio sono tifosi della Lazio”. Da molto tempo un allenatore non si metteva di fronte ai propri giocatori e alla propria società. Addirittura Zeman era andato contro le politiche disciplinari della dirigenza giallorossa, poche volte si metteva di fronte ai propri calciatori. La grande differenza che si nota in Rudi è quel carattere e quell’attaccamento al progetto Roma che in pochi ultimamente avevano dimostrato.

Il campionato di Serie A 2013/2013 comincia, con molti occhi puntati sulla scomessa Garcia. La Roma passeggia a Livorno e Verona, dove De Rossi e Pjanic si esprimono al meglio. Sul centrocampista di Ostia il tecnico francese puntava molto ed è stato ripagato delle sue scelte. “Sono contento, ma dobbiamo ancora lavorare” afferma con profilo umile Garcia al termine della partita con l’Hellas Verona. Dati incoraggianti furono che dopo due giornate la Roma non prendeva gol, De Sanctis poco impegnato e una squadra che, nonostante le cessioni di Osvaldo e Lamela, continuava a segnare con le sue 5 reti.

Nella partita al Tardini, la Roma subisce il gol da Biabany. Il Parma mette un po’ in difficoltà la squadra di Garcia, che si rialza nel secondo tempo rifilando tre reti agli avversari trascinati da un Totti sempre verde. Anche qui si nota un dato molto curioso: la Roma segna solo nei secondi tempi e sempre con uno scarto di due reti.

“Il derby non si gioca, si vince” aveva tuonato il sergente Garcia poco prima della sfida con la Lazio. La finale di Coppa Italia aleggiava ancora nei ricordi romanisti, e una vittoria avrebbe aiutato a scacciare i fantasmi del passato. Detto, fatto: l’eterno contestato Balzaretti e il giovane Ljajic mettono a sedere i cugini della Lazio nel secondo tempo e regalano la quarta vittoria di fila ai giallorossi.

Chi chiede quale sia il segreto di questa Roma, Garcia risponde sempre che la vittoria è del collettivo, che questa squadra si comporta come una famiglia.

Chiusa la pratica Sampdoria, la Roma asfalta un Bologna mai in partita. La serata è tutta per Gervinho, giocatore richiesto in modo esplicito da Garcia. Grande fiuto tattico anche come dirigente sportivo dunque per il tecnico francese.

La Roma arriva a sei vittorie consecutive, prende la testa della classifica e scaccia via le voci di una possibile lotta scudetto con Juventus e Napoli. Garcia mantiene il tono umile che usa dall’inizio campionato, ribadendo più volte l’obiettivo Champions di questa squadra.

La forza è nel collettivo, e con l’Inter si vede ancora il grande gioco tattico del tecnico francese. Mazzarri soffre i contropiedi fulminei della Roma, Garcia si affida alle incursioni sulle fasce. E la difesa romanista soffre con carattere, blocca le offensive degli avversari.

Ora sono sette su sette. Ventuno gol fatti, solo uno subito. La Roma è prima in classifica a punteggio pieno, con quattro vittorie fuori casa e tre all’Olimpico. Vince sempre con minimo due gol di scarto sugli avversarsi, utilizza un ottimo possesso palla e, sia in difesa che in attacco, la manovra è supportata da 11 giocatori. Garcia è riuscito a ridare forza psicologica ad una squadra svuotata. Le cessioni illustri hanno visto le grandi incursioni di giocatori come Gervinho, la grande scommessa del tecnico francese.

Baldissoni promette che il matrimonio Roma-Garcia avrà lunga vita. Ma il tecnico non parla di obiettiv scudetto. La Juventus e il Napoli sono sempre le favorite per il primo posto, mentre la Roma deve lavorare per la Champions. Rudi Garcia è passato così, in sole sette partite, dallo sconosciuto allenatore alla punta di diamante che molti giornali sportivi europei osannano.

Dopo il ritiro delle nazionali, Garcia avrà la sfida con il Napoli a cui pensare. E l’agente 007 vuole diventare 008.