Una sentenza attesa, non per questo meno forte. Il Tas condanna Alex Schwazer, la mannaia della "giustizia" chiude in anticipo la carriera del più forte marciatore italiano. 8 anni, un pugno pesantissimo. Alex incassa, frastornato. Non parla, trascorre solo le ore successive, non rilascia dichiarazioni. Due parole soltanto - "Sono distrutto" - emblematiche. A Rio per correre - e vincere - con allenamenti continui, fino a poche ore dalla decisione conclusiva, in un processo posticipato più e più volte. Ricordare l'immagine di Schwazer sotto la pioggia brasiliana, attento a seguire le indicazioni di Sandro Donati, fa quasi tenerezza, ora. Tenerezza e paura, per una decisione coperta da un velo di silenzio e omertà.
Punire Schwazer è facile, semplicistico. Si chiude così un capitolo nero, senza infilarsi in anfratti pericolosi, senza osservare da vicino brutture ai più evidenti, addetti ai lavori o meno. Difficile pronunciarsi sull'effettiva veridicità della positività di Alex, certa è invece la stranezza dell'intero incedere dei vertici dell'atletica.
Non a caso la reazione di Donati - uomo tutto d'un pezzo, da sempre simbolo della lotta al doping - è di differente tenore. Tutto scritto, in netto anticipo. La battaglia continua però e nella voce del tecnico la delusione si fonde con la voglia di rivalsa, di chiarezza. Un test studiato a tavolino, la decisione, volontaria, di prolungare la questione oltre il tempo massimo, la possibilità di alterare l'esito. Nodi irrisolti di un cammino tortuoso che pone sotto una luce oscura il mondo dell'atletica e dello sport in genere.
"L'ho informato io Alex, è rimasto in silenzio per venti minuti, senza parlare".
"Nell'udienza del Tas, abbiamo scoperto che il famoso controllo antidoping a sorpresa era stato pianificato e comunicato agli ispettori del prelievo 15 giorni prima! Una situazione incredibile, mettendo a rischio la riservatezza del controllo. Perché controllarlo il primo gennaio e non il 28 dicembre? Perché l'obiettivo era quello di effettuare tutto il primo gennaio, con il laboratorio chiuso, e con la possibilità di tenere la provetta un giorno intero prima di portarla a Colonia".
"In udienza, il direttore del laboratorio tedesco ha detto che la sua struttura sarebbe stata disponibile. Cosa che la Iaaf non ci ha detto per allungare i tempi e restringere il nostro diritto alla difesa".